Dal crollo del fatturato al rilancio dell’azienda grazie all’impegno dei dipendenti, che pur di non chiudere hanno accettato anche di lavorare gratis in pausa pranzo. Maurizio Di Rienzo, titolare di Pellux, una valigeria storica nel pieno centro di Milano, racconta a Ilsussidiario.net che cosa ha permesso al suo negozio di risalire la china. Una storia che rappresenta in qualche modo il “termometro” della tendenza generale dell’economia nella metropoli lombarda: il numero di valigie vendute è infatti un’unità di misura dello shopping dei turisti nella nostra città. Dal calvario alla rinascita, Di Rienzo sintetizza così questi quattro anni: “La crisi può essere sembrata una sciagura, ma per me e per molte altre aziende che hanno accettato la sfida è stata un’opportunità positiva”.
Di Rienzo, quali sono stati i primi effetti della crisi per la sua azienda?
La crisi ci ha colpiti in pieno con un calo di fatturato del 25% nel 2008 e del 20% nel 2009. Per un negozio come il nostro, con dei costi fissi così elevati, poteva significare la chiusura dell’esercizio. Pellux è una valigeria storica, fondata nel 1945 nel cuore di Milano e si rivolge a una clientela medio-alta. Tra i riconoscimenti che abbiamo ricevuto, ci sono l’Ambrogino d’oro e il premio Milano Produttiva. Quando sono stato costretto a firmare la cassa integrazione ai miei tre dipendenti ero veramente mortificato, perché mi sembrava di far mancare qualcosa che dovevo garantire loro a tutti i costi.
Perché quella firma non è stato il capitolo finale per la sua azienda?
La cassa integrazione era a rotazione, ogni settimana un lavoratore restava a casa e due lavoravano. Invece di sentirsi in qualche modo traditi, i miei dipendenti l’hanno presa molto bene, al punto che si sono impegnati con del lavoro straordinario. Offrendo il loro tempo al negozio per prolungare l’orario di apertura durante la pausa pranzo. Sono venuti da me e mi hanno spiegato che se potevano aiutare la loro azienda, lo facevano ben volentieri.
Anche lei ha preso l’iniziativa per superare la crisi?
Fin dall’inizio mi sono messo a contattare tutti i fornitori per cercare di avere condizioni più favorevoli, come sconti e dilazioni dei pagamenti. Mi sono trovato di fronte a due tipologie umane differenti: qualcuno ha capito perfettamente, arrivando addirittura a “sponsorizzare” il mio tentativo; altri invece sono stati più rigidi, non hanno compreso il senso della mia richiesta e hanno smesso di essere i miei fornitori. Nello stesso tempo ho contattato la proprietà dell’immobile, spiegando che non riuscivo più a pagare loro un affitto così elevato in un periodo come quello. Se mi fossero venuti incontro avrei cercato di superare le difficoltà, altrimenti per me le cose si mettevano male. Loro mi hanno risposto riducendomi del 20% l’affitto per tre anni. In seguito mi hanno spiegato il motivo: avevano capito che la mia richiesta era l’Sos di una persona che con un aiuto da una parte e uno dall’altra, avrebbe messo insieme un po’ di risorse e sarebbe riuscito a superare la maretta.
E così è stato, se non sbaglio …
Nell’azienda c’erano tutti i miei sacrifici di una vita e tutta la mia famiglia dipendeva da essa. Sono stati anni di battaglia, ma proprio nel momento più duro sono stato contattato da un fornitore tedesco, Rimowa, che mi ha informato che intendeva aprire un negozio a Milano e desiderava che lo gestissi io.
Ne abbiamo discusso e alla fine abbiamo deciso di aprire uno “Shop in Shop”, cioè il loro negozio all’interno della mia azienda, che ha mantenuto la sua insegna storica. Nei primi tre mesi di quest’anno abbiamo rifatto completamente la sede. E da marzo stiamo riscuotendo un successo enorme, perché Rimowa è un marchio internazionale adatto alle grandi piazze di business e fashion come Milano, New York o Londra.
Prevedeva che le cose avrebbero preso questa piega?
Era difficile prevedere gli eventi degli ultimi anni. La crisi ci ha colpiti pesantemente, arrivando dopo che nel 2007 avevamo ottenuto il migliore fatturato degli ultimi dieci anni. La prima cosa che volevo era salvare il posto di lavoro ai miei dipendenti, ed è per questo che non ho mai mollato. In situazioni analoghe ho visto dei colleghi che si sono fatti sopraffare dalla disperazione e hanno chiuso.
Io ero convinto che prima o poi sarebbe successo anche a me: quando perdi un quarto del tuo fatturato in dodici mesi per due anni di seguito, non hai scampo. Invece è successo esattamente l’opposto: ci siamo ingranditi, tanto che oggi abbiamo raddoppiato il numero dei dipendenti e i fatturati stanno crescendo.
Da quando è iniziata la ripresa, almeno per la sua azienda?
Dalla seconda metà del 2010 c’è stato un segnale di ripresa abbastanza evidente, divenuto poi eclatante dal 2011 con il nuovo negozio.
Perché per voi invece è iniziata la ripresa, mentre le Borse mondiali continuano a registrare il segno meno?
Innanzitutto, perché Milano è stata una delle prime città ad avvertire la crisi ma anche la prima a riprendersi. La mia azienda inoltre si trova nella zona degli alberghi di lusso e del quadrilatero delle grandi griffe. E per quello che ho osservato negli ultimi mesi intorno a me, gli affari stanno funzionando bene per tutti. Gli alberghi a cinque stelle sono sempre pieni, le strade sono affollate dai turisti, i cinesi a Milano per affari non dimenticano mai di fare shopping.
Di solito però i dati sulla ripresa finiscono sempre per essere strumentalizzati dalla politica …
Noi abbiamo un’unità di misura oggettiva: se un turista compra una valigia, significa che deve riempirla di abiti e accessori che ha acquistato in città. Normalmente, il turista arriva con la sua valigia, e poi fa acquisti e quindi deve comperare un nuovo “contenitore”. Quello che vendo io è quindi in qualche modo un “termometro” del business complessivo. Dal 2010 in poi si sono diffusi i segnali di ripresa. Anche Berlusconi nei giorni scorsi ha detto che i ristoranti sono pieni, ed è stato subito colpevolizzato. Eppure a Milano è così: se non prenoti, non puoi neanche pensare di sederti al tavolo.
(Pietro Vernizzi)