Una delegazione di 28 artisti tibetani presenti all’Artigiano in Fiera per esporre oggetti preziosi, tra cui alcuni quadri elaborati con oro e lapislazzuli del valore di 50mila euro l’uno. Si chiamano Thangka e sono degli stendardi dipinti o ricamati, di solito sono esposti nei centri buddisti o sugli altari all’interno delle abitazioni. Lama e fedeli di solito li portano con sé in occasione delle processioni religiose. Il Thangka è dipinto su una superficie sottile che può essere arrotolata a seconda delle necessità, tanto da essere chiamato anche “dipinto su rotolo”. Il motivo per cui un Thangka è realizzato con materiali così preziosi è che nella cultura tibetana non rappresenta una semplice opera d’arte, ma la sua bellezza è considerata una manifestazione del divino. E i colori utilizzati hanno proprio lo scopo di risultare visivamente stimolanti. I Thangka di solito sono riprodotti su tessuti in cotone con colori solubili ad acqua. Per realizzare questi quadri occorre una grande dimestichezza nella realizzazione del disegno e una conoscenza approfondita delle nozioni di iconometria. Come in qualsiasi altra opera della tradizione buddista, questi quadri sono basati su rigorosi criteri geometrici. Ilsussidiario.net ha intervistato Choephel Tamding, presidente della Tibet Culture House, a capo della delegazione tibetana presente all’Artigiano in Fiera.



Come valuta la vostra partecipazione di quest’anno all’artigiano in Fiera?

Noi tibetani siamo molto contenti di essere stati all’Artigiano in Fiera. Grazie alla nostra presenza in Italia in questi giorni, riusciamo infatti a salvare tante piccole aziende artigiane tibetane che si trovano in esilio in India. E questo non ha soltanto un valore economico, perché è un mezzo attraverso cui il mio popolo riesce a preservare la sua cultura.



Quanti artigiani tibetani sono presenti nel polo espositivo?

Siamo in 28, tutti riconosciuti dal governo tibetano in esilio. E quest’anno abbiamo avuto grande successo, perché abbiamo ricevuto molta energia da parte di tutti gli italiani. Abbiamo venduto il 70% dei nostri prodotti, grazie al fatto che i collezionisti di specialità artigianali hanno fatto ressa ai nostri stand.

Quali oggetti sono più venduti?

Noi vendiamo prodotti rituali tibetani, gioielli, tappeti, l’arte Thangka, pittura tradizionale tibetana, e altri oggetti della quotidianità tibetana. Nei campi profughi in India sono presenti circa 7mila tibetani che lavorano grazie a organizzazioni come la Tibet Culture House. Quello che producono, riescono a venderlo facilmente in occasione di eventi come l’Artigiano in Fiera, nel corso del quale esponiamo tutti gli oggetti preziosi a nostra disposizione.



 

Quali sono i prodotti tibetani più caratteristici esposti all’Artigiano in Fiera?

 

Tra gli altri abbiamo con noi dei quadri del valore di 50mila euro l’uno. Il loro significato religioso nella tradizione buddista è molto profondo, e per realizzarli un artigiano impiega fino a due anni di tempo, con materiali quali oro, lapislazzuli e altre pietre preziose, e la loro dimensione varia da un metro quadrato a 15 metri quadrati. La Tibet Culture House da alcuni anni è impegnata per ravvivare la pittura tradizionale Thangka che piano piano se lasciata a se stessa sta morendo, nonostante in Europa vi sia una grande richiesta dei suoi prodotti.

 

Durante l’artigiano in Fiera siete riusciti a vendere qualcuno di questi dipinti da 50mila euro?

 

Noi non ci limitiamo a vendere l’arte Thangka, ma la esponiamo anche con l’obiettivo di fare conoscere la nostra cultura. Ma non bisogna pensare che chi acquista i nostri dipinti siano solo dei miliardari. Sono diversi i monasteri buddisti, ma anche tanti cristiani, addirittura alcuni preti italiani che attribuiscono grande valore a questo tipo di dipinti. Alcuni anni fa per esempio la situazione del nostro Paese era molto difficile, al punto che diversi artigiani erano costretti a chiudere bottega.

 

Qual è il motivo?

Il fatto che non ci sono più persone disposte ad acquistare i loro prodotti, soprattutto per il fatto che sono molto costosi. Ma se uno sa bene quanti giorni impiega l’artigiano a realizzare quel prodotto e quali materiali utilizza, allora diventa disponibile a pagare una certa somma per quell’opera perché ne comprende il valore. E’ per questo che la Tibet Culture House sostiene questi artigiani.

 

Quali sono i principi che ispirano il vostro impegno?

 

La consapevolezza del fatto che gli esseri umani hanno commesso tanti errori, distruggendo la natura, inquinando la Terra che lasceremo in eredità alle generazioni future, e abbiamo dimenticato tutta la ricchezza della cultura antica. Il nostro scopo quindi è preservarne il lascito per le future generazioni.

 

(Pietro Vernizzi)

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