Milano. La crisi sta falcidiando il potere d’acquisto dei cittadini lombardi. Come se non bastasse, ad infierire, ci pensa la manovra Monti. Secondo un’indagine effettuata dalle Acli provinciali di Milano, Monza e Brianza, in collaborazione con l’Università cattolica, tra il 2008 e i 2011, a fronte di un incremento medio reddituale del 2,54%, la perdita del potere d’acquisto è stata pari al 3%, corrispondente a 779,2 euro. Lo studio, effettuato sulle famiglie fiscali che sono passate da 84mila nel 2007 a 119mila nel 2010, spiega come alcune categorie avvertano in maniera più dolorosa il trend. In particolare, i giovani lavoratori, specie i precari, le coppie coniugate monoreddito con figli a carico e gli extracomunitari. Abbiamo chiesto a Luca Pesenti come il fenomeno vada interpretato.



Quali considerazioni emergono dalla ricerca?
Anzitutto, va detto che la ricerca non è rappresentativa della popolazione, ma è certamente molto interessante perché apre una finestra di conoscenza nuova su una fascia di popolazione di reddito medio e medio-basso. Quel che si evince osservando l’andamento della fetta di campione di cui sono state studiate tutte e quattro le dichiarazioni annuali del periodo 2007-2010 è che i redditi hanno tenuto e anzi sono aumentati: la media era, infatti, di 26mila euro lordi nel 2007, cresciuta a 28mila nel 2010. Dunque i redditi hanno tenuto, ma l’effetto del crescente costo della vita ha generato una contenuta diminuzione del potere d’acquisto. 



Quindi?
Questo significa che, dentro questo campione, non c’è stato un impoverimento dei diversi ceti medi, come spesso si sente invece ripetere in questi anni; questi, al contrario, stanno resistendo, mettendo in campo strategie di risparmio crescenti per contrastare la perdita di potere di acquisto.

Da cosa dipende tale perdita?

Dalla crisi, dall’aumento dell’aggravio fiscale, diretto e indiretto e dall’andamento dell’incremento dei redditi tutt’altro che incoraggiante. Per il 2012, inoltre, le cose andranno ancora peggio. Vi saranno aumenti e introduzioni di più balzelli su più versanti: addizionale Irpef regionale, addizionale comunale, Iva e accise sui carburanti.



Secondo alcune ricerche, a Milano la perdita di potere d’acquisto è al 5%, record italiano

Si tratta di una dinamica che si registra in tutte le città in cui vi sia un’economia avanzata. I costi, in svariati settori della vita meneghina, sono già di per sé più alti che altrove. Basti pensare agli affitti degli appartamenti che, in ragione dell’elevata domanda, non sono commensurabili alla stragrande maggioranza di quelli delle altre città italiane. Del resto, a Milano, rispetto al resto della Lombardia, la disuguaglianza sociale è più marcata e si rileva, contestualmente, un maggior numero di poveri, prevalentemente stranieri, per la maggior offerta di lavoro.

L’impoverimento del ceto medio, diceva prima, attualmente non c’è. Crede che, tuttavia, che stando alle dinamiche attuali, se ne intraveda il rischio?

In linea generale, la vulnerabilità in Italia, ma anche in tutte le economie avanzate, è più elevata, rispetto al passato. Ma, dai dati a disposizione, si nota come l’impoverimento vero e proprio sia avvenuto solo tra i ceti che già appartenevano alla fascia più bassa. Possiamo dire, tuttavia, che il ceto medio farà sempre più fatica.

La sua penalizzazione quali effetti determina sull’economia generale?

Siamo già all’interno di un ciclo recessivo o, quantomeno, pre-recessivo. La Lombardia, in particolare, e il nord Italia, in generale, saranno le zone maggiormente punite da questa manovra. E, se le zone più ricche continuano ad essere penalizzate si determinerà un’ulteriore contrazione di consumi.  

Come se ne esce?

Se si vuole far ripartire l’economia bisogna evitare che questa contrazione perduri: senza il recupero di capacità consumo dei ceti medi non sarà possibile risalire la china. Per questo, l’aumento della tassazione sulle “cose” (accise sulla benzina, aumento dell’Iva, introduzione dell’Imu sulla prima casa, e così via) va controbilanciato con una diminuzione della pressione fiscale sulle persone.