Scappo dalla città. Era il titolo di una commedia americana, ma rischia di essere il mantra di molti milanesi nei prossimi anni. Perché? Per Natale niente bancarelle del tradizionale mercatino in Via dei Mercanti, perché la nuova Giunta non lo vuole più. Nessun evento nella omonima piazza, perché l’Anpi s’è messo di traverso. E in piazza Duomo non troveremo più nessuna promozione, boutique occasionale e sponsor privati, perché Pisapia ha chiuso con quella stagione. Se a ciò si aggiungono gli aumenti del 50% del biglietto Atm e il ticket di 5 euro per l’ingresso nella ex area Ecopass (ora Area C), chi avrebbe motivi per una passeggiata in centro con la famiglia? Con l’istituzione della congestion charge, il ticket di 5 euro previsto per l’accesso alla cerchia dei Bastioni, nemmeno lo shopping sarebbe più appetibile. Infatti in quell’area, dove tra l’altro si concentra il 25% delle attività commerciali della città, gli esercenti potrebbero applicare un aumento su prodotti e consegne a domicilio per rifarsi della tassa d’ingresso. Oltre che del rincaro di quella di occupazione del suolo pubblico (Cosap), appena votata dal Consiglio comunale come regalo natalizio agli esercenti milanesi. E il rischio è quello di incentivare i consumatori ad andare ad acquistare nei grandi centri commerciali fuori città. Con l’attivazione a partire dal 16 gennaio dell’Area C siamo di fronte all’ennesima scelta sciagurata della Giunta arancione di Giuliano Pisapia. La decisione di sostituire la pollution charge con la congestion charge segna il passaggio da un sistema che penalizzava i mezzi più inquinanti (il vecchio Ecopass) ad una tassa indiscriminata su tutti, in particolare i residenti nell’Area C che rischiano di vivere da confinati. Oltretutto una simile scelta arriva in un momento di crisi in cui il peso della pubblica amministrazione grava in modo preoccupante sui cittadini. I 5 euro di ingresso alla cerchia dei Bastioni, infatti, si aggiungono all’aliquota dello 0,20 di addizionale Irpef istituita da Tabacci lo scorso luglio, ma anche all’aumento del biglietto dell’Atm varato dalla Giunta e al ritorno dell’Ici sulla prima casa – che uno studio della Uil calcola intorno ai 376 euro a famiglia. Si sono introdotte insomma nuove penalizzazioni economiche nella città già più cara d’Italia. Questo incremento di costi opprime le famiglie milanesi che al mese hanno già una spesa media di 2.870 euro, ovvero il 17,5% in più rispetto ai consumi medi delle famiglie italiane. Dietro a tali aumenti, come agli stessi 5 euro di ticket d’ingresso all’area C, c’è un’idea ristretta di bene comune. Si pensa: prima si mettano in sicurezza i conti dell’amministrazione, chiedendo sacrifici a famiglie e imprese che custodiscono la vera fonte di ricchezza del Paese (il risparmio privato), dopo pensiamo alla crescita e allo sviluppo. È un’ottica anti-sussidiaria, per la quale la comunità coincide con l’apparato pubblico e il bene comune è un prodotto dell’amministrazione. Nel caso della congestion charge poi non si è proceduto nemmeno a pensare una politica complessiva di mobilità alternativa. Lo dimostra il mancato potenziamento preventivo dei mezzi pubblici (al contrario, si sta eliminando un servizio come il Radiobus).
Lo dimostra il “no” alla circle line, pensata dalla Giunta Moratti e che andava a recuperare linee ferroviarie già presenti ed inutilizzate, creando così una sorta di metropolitana esterna che corre intorno al centro di Milano. Lo dimostra il “no” ideologico ad un tunnel che potrebbe attraversare sotto terra la città, o parte di essa, come avviene a Parigi, Oslo o alla più vicina Lecco. Del resto anche a detta del neoministro all’Ambiente, Corrado Clini, «lo smog non si combatte se non si assumono misure infrastrutturali importanti». Si tratterebbe dunque di rilanciare lo sviluppo stesso del tessuto urbano, attraverso la realizzazione di nuove opere. E qui tocchiamo il vero tasto dolente della Giunta Pisapia: la totale assenza del Piano generale di sviluppo della città, che da mesi le opposizioni richiedono invano. Faccio un solo altro esempio. A proposito della congestion charge il presidente della Lombardia Film Commission, Alberto Contri, ha dichiarato al Corriere della Sera dello scorso 26 ottobre: «Non resta che appellarsi al sindaco. Penso ai mezzi ingombranti e vecchi ma necessari alle produzioni che sono “Euro zero” e hanno bisogno di deroghe. Entrano in città, ma poi rimangono fermi per 3 giorni. Spero non si fermi questo percorso. L’indotto che il cinema porta è immenso. Dieci giorni di produzione hanno una ricaduta per un milione di euro sul territorio che ospita il set. E il cine turismo fa da moltiplicatore per anni». Quello del cinema è solo uno dei tanti settori culturali e commerciali da salvaguardare e su cui Milano può puntare per generare indotto e ricchezza. Per tutti questi motivi, che qualificano un’idea alternativa di città e di gestione dell’amministrazione, Il Popolo della Libertà lancia una raccolta di firme per indire un referendum di iniziativa popolare che miri a revocare la delibera istitutiva della congestion charge. Lo facciamo convinti che in questo particolare momento di crisi abbiamo bisogno di tutto fuorché di statalismi di ritorno che, in nome del “pubblico”, soffocano il cuore pulsante di una città.