«La prima riflessione che si può fare leggendo questi dati è che il nostro sistema imprenditoriale sta reggendo in maniera straordinaria, e il fatto che il numero di imprese attive sia sostanzialmente costante dimostra che, nonostante le innumerevoli difficoltà che le nostre imprese hanno dovuto affrontare nel corso dell’ultimo anno, lo spirito imprenditoriale italiano continua ad avere la meglio». Giovanni Marseguerra, professore di Economia politica all’Università Cattolica di Milano, commenta in questa intervista per il sussidiario.net i dati forniti dalla Camera di commercio di Milano riguardo il bilancio delle imprese per il 2011, secondo cui Milano si colloca al secondo posto nella classifica delle province italiane dopo Roma, prima con 330 mila (6,2% del totale nazionale). Le imprese del capoluogo lombardo sono il 5,4% del totale nazionale ed il 34,6% del totale regionale e crescono dello 0,2% tra 2010 e 2011. Tra i settori che pesano di più a Milano, si trovano le attività commerciali (24,8%), le costruzioni (14,2%), quelle manifatturiere (11,2%) e immobiliari (11%), le attività professionali (8,4%) e i servizi di alloggio e ristorazione (5,6%). «Il sistema delle piccole imprese – continua il Professor Marseguerra – si conferma quindi un grande punto di forza del nostro sistema produttivo, e questo può essere anche una risposta per chi continua a dire che il nostro sistema di piccole imprese è inadeguato a reggere la concorrenza internazionale. Inoltre, la recente revisione delle serie storiche sull’export che ha fatto l’Istat dimostra in maniera molto dettagliata che quanto si era sostenuto fino a poco tempo fa, cioè che il nostro export aveva sofferto rispetto alla concorrenza globale, era poco fondato: secondo le recenti revisioni dell’Istat, infatti, se si va a vedere il nostro export di beni tra il 2003 e il 2008, quindi prima della crisi, questo è cresciuto del 27%, molto più di quello francese e inglese. E anche considerando il periodo della crisi, tra il 2003 e il 2010 il nostro export di beni risulta cresciuto del 17%, mentre quello francese e inglese sono cresciuti del 12%». Quindi, ci spiega il professor Marseguerra, «nonostante i tanti ostacoli strutturali che limitano l’attività delle nostre imprese, queste riescono comunque a reggere e a vincere la sfida della globalizzazione. Le nostre difficoltà derivano quindi da una dinamica della domanda interna che si mantiene troppo debole, e non certo da un problema di competitività delle nostre imprese.
Sotto questo profilo, dobbiamo aspettarci dalla cosiddetta fase due della manovra del governo Monti è un impulso alla attività delle nostre imprese, e credo che la cosa più importante sia rendere concrete tutte quelle misure che sono prefigurate nello Small Business Act e che poi sono state approvate anche dal Parlamento nello Statuto delle imprese di Raffaello Vignali. Queste misure consentirebbero ai nostri imprenditori di competere in condizioni migliori, e in questo momento il nostro sistema Paese non favorisce nella competizione globale i nostri imprenditori, che devono lottare contro ogni sorta di burocrazia: secondo gli ultimi dati, la pressione fiscale arriverà alla fine del 2013 a qualcosa come il 45.5% del Pil, una cifra pazzesca, e se si va a considerare la pressione fiscale effettiva, quindi eliminando il sommerso dal denominatore, si vede che questa supera il 54%: tutto questo porta quindi a pensare a un contrasto all’evasione e a una riduzione del peso fiscale sulle nostre imprese. Andando oltre i dati nazionali, sono interessanti anche quelli locali: la Lombardia resta il polmone dell’Italia, come anche Milano, e insieme si può dire che in questo momento abbiano tenuto a galla il Paese. Il manifatturiero ne esce molto bene, perché c’è una riduzione delle imprese attive molto limitata, nonostante abbia subito una pressione di concorrenza straordinaria in questo ultimo anno. Inoltre, attraverso una politica delle nostre imprese molto intelligente di riposizionamento, sia in termini di produzione che di apertura di nuovi mercati dell’export, è stato possibile tenere in piedi il Paese. Possiamo quindi dire con certezza che se non ci fossero le nostre imprese la situazione sarebbe molto più grave di quella attuale».
(Claudio Perlini)