Addio fasce Isee per gli asili nido di Milano, al loro posto saranno introdotte le tariffe personalizzate. A preannunciare la novità è stato il vicesindaco e assessore all’Educazione della giunta Pisapia, Maria Grazia Guida, secondo cui con l’attuale sistema si produrrebbero delle disparità in quanto “chi ha un reddito da 12mila euro paga la stessa cifra di chi lo ha da 20mila”, e quindi “sono penalizzate le famiglie che hanno un reddito più basso”. Ilsussidiario.net ha intervistato Marco Coerezza, pedagogista e direttore della scuola comunale d’infanzia “L’Aquilone”. Per l’esperto “l’errore da evitare, a Milano come altrove, è quello di considerare gli asili nido come una spesa da tagliare, e non invece come a un investimento attraverso il quale aiutare i bambini a crescere e a rapportarsi con la realtà in modo positivo”.
Coerezza, come valuta le linee guida del Comune di Milano sugli asili nido?
Quando si parla delle tariffe di un servizio educativo come gli asili nido, occorre innanzitutto guardare alla famiglia come a un soggetto che ha un bisogno e che quindi domanda di essere sostenuta e aiutata. Occorre quindi tenere conto anche della composizione della famiglia, e in particolare al numero di persone al suo interno che sono prive di reddito. Sulle modalità concrete attraverso le quali definire le tariffe, sono diverse le possibili opzioni tra le quali scegliere. Il Forum delle Famiglie ne ha studiate alcune, anche interessanti, ma che sono scarsamente applicate o alle quali si fa scarsa attenzione.
Quali criteri suggerisce per modulare le rette degli asili nido in modo da venire incontro alle esigenze delle famiglie senza disastrare i bilanci pubblici?
I criteri con i quali definire le rette di un asilo nido, o più in generale di un servizio educativo, dipendono dall’ottica in cui si inserisce quel servizio. Se lo si considera innanzitutto una spesa, in periodi di crisi come quello attuale la priorità diventa che tutti compartecipino alla spesa, mettendo l’accento sull’equità. Quest’ultimo però è un valore molto difficile da realizzare, perché la lancetta dello strumento di misura non è mai posizionata nel punto in cui ciascuno vorrebbe che si trovasse.
Quale può essere quindi l’alternativa?
Considerare i servizi educativi, come gli asili nido, innanzitutto un investimento e quindi una modalità attraverso la quale aiutare i nostri bambini a crescere e a diventare adulti, sviluppando un rapporto positivo con la realtà. L’equità smette quindi di essere l’unico parametro di riferimento, e l’obiettivo diventa quello di favorire l’opportunità dell’educazione, aiutando tutti coloro che possono accedere a questo servizio. Sono due ottiche diverse, e mi sembra che in questo momento il “pregiudizio economicista” prevalga a discapito della considerazione dei servizi educativi come investimento. Un fatto negativo in quanto con il tempo ci renderà una società dove la priorità sono sempre più i vecchi e meno i giovani.
Qualcuno potrebbe obiettare che l’asilo nido non è un momento educativo indispensabile nella crescita di un bambino, e che quindi nell’accesso vadano favorite solo le famiglie povere …
L’asilo nido è una necessità delle famiglie, ma a frequentarlo sono i bambini. Da un punto di vista teorico è vero che, per l’educazione di un bambino, l’asilo nido non è indispensabile, anzi io ho sempre cercato di allontanare l’istituzionalizzazione educativa dei bambini. E’ indubbio infatti che esistano delle modalità molto interessanti che potrebbero sostituire la scuola dell’infanzia. Non possiamo però dimenticare che oggi i genitori che lavorano non possono più fare a meno dell’asilo nido. In primo luogo, perché sono molto più isolate di un tempo, non hanno reti familiari allargate e sono prive di alternative all’interno della famiglia stessa in grado di prendersi cura dei bambini. A questo punto quindi il problema diventa l’educazione di quel bambino. Ha a che fare oppure no con lo sviluppo della persona? I primi anni di vita sono fondamentali, e quindi la cura in questa fase deve essere intensa almeno quanto quella che si dedica negli anni successivi.
Come ritiene che vada affrontato il problema delle liste d’attesa negli asili nido che, a differenza di Milano, in alcuni Comuni sono interminabili?
Gli enti pubblici dovrebbero evitare il più possibile di intervenire direttamente nella gestione di questi servizi, mentre andrebbe favorito il pluralismo educativo. Il Comune dovrebbe svolgere un lavoro di accreditamento e monitoraggio della fruizione degli asili nido, in modo che possano essere sempre più qualificati e rispondere alle esigenze della famiglia. Tenendo sempre conto del rispetto fondamentale che quest’ultima merita in quanto responsabile primaria dell’educazione. L’ente pubblico può perseguire questi obiettivi attraverso diversi strumenti, per esempio convenzionandosi con strutture del privato sociale. Ma soprattutto, il criterio orientativo deve essere la sussidiarietà, l’unico modo per mettere tutti coloro che possono e vogliono rispondere al bisogno educativo nelle condizioni di poterlo fare.
Gli asili nido privati possono essere in grado di rispondere da soli alla domanda delle famiglie?
Né gli asili privati né quelli comunali possono essere sufficienti da soli. Ma soprattutto, l’ente pubblico non è tenuto in quanto tale a gestire servizi di questo tipo, in quanto non è il soggetto cui spetta il compito di fornire l’educazione. Il Comune deve assolutamente accertare che quello che viene offerto sul suo territorio sia un servizio educativo qualificato. Il privato sociale invece è un soggetto che ha una vocazione speciale nell’ambito educativo, per tradizione, storia e decisione imprenditoriale. E quindi deve essere messo nelle condizioni di agire nella società e offrire questi servizi. Ciò deve avvenire anche a livello economico, e non soltanto come possibilità legislativa.
(Pietro Vernizzi)