Poco tempo fa sul Corriere della Sera un’intera paginata è stata dedicata ai commercialisti di Milano e alla situazione generale della nostra professione. Il fatto che lo studio che ho contribuito a fondare sia stato citato tra i “maggiori” studi di Milano, che mi ha positivamente colpito, mi ha portato anche a riflettere sul contenuto reale del mio lavoro e della mia attività professionale.



A mio avviso, questo contenuto non emergeva in modo adeguato dall’articolo in questione, (specialmente nel titolo alquanto fuorviante, “commercialisti, la crisi non esiste”),  visto che nell’articolo citato era a tema  soprattutto la dinamica di crescita e di affermazione (“per i più capaci carriera sicura”), in termini di compensi e autorevolezza, degli studi professionali.



L’elemento fondamentale della nostra professione, come emerge dalla riflessione sulla mia esperienza e su quella di molti miei amici professionisti e in particolare quelli che fanno parte della Compagnia delle Professioni Economiche, ritengo sia la “compagnia”, sia umana che professionale, che facciamo all’imprenditore o comunque al cliente.

È vero, sono importanti gli studi specializzati in “nicchie” di mercato ad altissima professionalità, come pure esiste, e talvolta prevale,  l’aspetto inerente la attività “produttiva” di elaborazione dei dati contabili e di dichiarazioni fiscali; ma la figura tradizionale del commercialista, e a mio avviso ancora attualissima, è quella di chi aiuta e consiglia l’imprenditore, collaborando con lui nella sua avventura di conduzione della azienda e di affronto dei nodi fondamentali della vita aziendale.



Il buon commercialista si caratterizza, ancora più che dalla sua professionalità che pur deve esserci, dalla capacità di tener conto con apertura e intelligenza di tutti i fattori che entrano in gioco della vita economica e aziendale (naturalmente, privilegiando la sua specificità e quindi i fattori fiscali, societari e finanziari).

Il lavoro e l’attività della Compagnia delle Opere, cui il nostro studio ha sempre guardato con attenzione e interesse, ci ha sempre aiutato a valorizzare questa esperienza di cordiale compagnia umana, che è  fondamentale e contraddistingue in modo radicale il rapporto tra il commercialista e  il proprio cliente, che non può mai essere ridotto alla mera fornitura di servizi.

Da questo punto di vista, l’assistenza professionale al mondo del non profit, che molti colleghi svolgono, assume un ruolo di stimolo ed esempio non indifferente, come ha sempre sostenuto tra l’altro il compianto presidente dell’Ordine Luigi Martino, in quanto chiarisce quanto la pur necessaria dinamica economica e il diritto alla giusta parcella non esaurisca assolutamente il rapporto tra il commercialista e il suo cliente.

In tempi di crisi economica, per molti tra noi questo approccio umano è anche quello di accompagnare l’imprenditore, magari rimanendo indietro nell’incasso dei propri compensi, nelle sue vicissitudini, individuando insieme a lui le possibilità di affronto della situazione più adeguata. E quando Compagnia delle Opere ci ha proposto di lavorare insieme per aiutare le imprese in situazione di crisi, abbiamo ritenuto che questa occasione fosse interessante per capire meglio, attraverso un gesto di gratuità, la vera natura del nostro lavoro.

Non possiamo peraltro nascondere che negli ultimi anni si sono moltiplicati gli avvenimenti relativi alla nostra vita professionale che ostacolano questa caratteristica, mortificando il nostro lavoro: sicuramente un certo atteggiamento anche pubblicamente espresso dalla Amministrazione finanziaria, che ci dipinge come complici dell’evasione fiscale, atteggiamento che pretende da noi una “terzietà” tra contribuente e Fisco assolutamente ingiusta e innaturale (rivendico con forza, insieme a tanti colleghi, il nostro ruolo di assistenti e “difensori” del contribuente, anche dalle ingiustizie che l’amministrazione fiscale può causare, e di aiuto nella ricerca delle modalità migliori anche dal punto di vista fiscale per portare avanti la propria attività, nel rispetto della normativa).

E ancora il carico crescente di adempimenti anche complessi, che il legislatore fiscale di ogni colore ha imposto alle imprese nostro tramite e che ci vuole trasformare in semplici cinghie di trasmissione di dati tra il contribuente e il Fisco. Solo negli ultimi mesi, una serie di obblighi non indifferenti (intrastat, elenchi “black list”, VIES, trasmissione operazioni rilevanti) ci ha obbligato a strutturarci ulteriormente dal punto di vista organizzativo e informatico, e ci ha costretto a riversare sui contribuenti nostri clienti ulteriori costi, che certamente non aiutano l’impresa a combattere la crisi.

Il nostro rimane certamente un lavoro affascinante, anche se spesso soggetto a tempi massacranti e a scadenze pressanti, e spesso equivocato o sottovalutato.  Ritengo però che rimarrà un elemento importante della vita economica italiana, aiutando quella piccola e media impresa che è il tessuto connettivo della nostra economia, quanto più sarà portato avanti da uomini e donne che, pur adeguandosi nelle specializzazioni e nell’organizzazione alle mutate esigenze del mondo globalizzato, manterranno quell’atteggiamento umano e professionale di attenzione globale alla persona dell’imprenditore e alle circostanze che questo si trova ad affrontare, che vogliamo sempre più imparare e mantenere.