Il quartiere Molise-Calvairate è ubicato nell’area sud-est di Milano e deve la sua denominazione alla presenza di due grossi caseggiati di edilizia popolare, costruiti negli anni Trenta, in prossimità della circonvallazione di viale Molise e di una sua traversa, via Calvairate.

Una forte dicotomia convive in questa zona, in cui si affiancano elementi di criticità (disagio, forte vulnerabilità sociale ed economica, aree verdi in degrado, grandi spazi commerciali dimessi, un diffuso senso di insicurezza), antiche forme spontanee di solidarietà e un numero consistente di servizi pubblici e privati. Negli ultimi anni, inoltre, importanti cambiamenti urbanistici hanno modificato non solo la fisionomia architettonica e la viabilità degli spazi ma anche gli usi, le funzionalità e, in parte, le popolazioni.



Sul versante nord occidentale, quello più vicino al centro città, la tradizionale vocazione di tipo residenziale e di piccolo commercio si è ulteriormente potenziata grazie alla localizzazione di alcune imprese legate al mondo della moda e del design. Nuovi interessanti insediamenti di questo tipo si registrano anche nella parte meridionale, in via Tertulliano e nelle sue traverse, un tempo sede di grandi e importanti fabbriche come la Varta batterie, la Plasmon, la Kores, la Zenit bilance. Tutto questo ha avuto un impatto significativo in termini sociali: nuove popolazioni attraversano e vivono il territorio, alla ricerca di servizi e forme di intrattenimento particolari, creando un circolo virtuoso fra lavori creativi, nuovi stili di vita, innovative forme di consumo urbano.



La zona continua a registrare, nondimeno, la presenza di gruppi problematici, come i nomadi ormai insediatisi da tempo in fondo alla via Tertulliano, o gli stranieri, provenienti soprattutto dai paesi del Nord Africa e residenti per lo più nei due plessi delle case popolari. Inoltre tali edifici accolgono anche altre persone in condizioni di forte disagio, legate per lo più al progressivo invecchiamento dei residenti, al crescente impoverimento della classe operaia, e, infine, alla cospicua presenza di malati poveri dimessi dalle strutture psichiatriche dopo l’applicazione della legge Basaglia. In zona, infatti, il disagio mentale rappresenta una vera e propria emergenza, qualificata crudamente dagli operatori con l’espressione di “manicomio diffuso” per sottolineare la numerosità dei soggetti e lo stato di totale abbandono e solitudine in cui spesso vivono.



Da un lato, dunque, al Molise Calvairate si attaglia perfettamente l’immagine di «quartiere in crisi», dall’altro, tuttavia, sarebbe riduttivo far coincidere la zona alle sole case ALER o alle loro diffuse problematicità. Soprattutto negli ultimi anni si sono registrati, infatti, importanti segni di vivacità culturale, economica e sociale. Tali segnali sono riconducibili in parte alle trasformazioni urbanistiche in corso – alcune di grande portata come nel caso della ristrutturazione dell’area dell’ex stazione di Porta Vittoria – in parte all’attiva presenza e al forte radicamento sul territorio di tanti attori pubblici e del privato sociale che hanno saputo far rete, creando efficaci interventi di network sociali.

 

Proprio la solidarietà rappresenta, secondo chi scrive, la vera scommessa sul futuro della zona (e della stessa Milano). Solidarietà che può attuarsi attraverso un’efficace integrazione fra le tante diversità che al momento convivono soltanto, le une accanto alle altre, senza incrociarsi mai realmente. Solo in questa ottica di incontro e di ascolto delle differenze potranno abbattersi quegli steccati invisibili che separano la Milano per bene da quella che il bene lo attende invano.

 

Crediamo altresì che un efficace aiuto per l’abolizione di tali steccati possa venire anche dalla riqualificazione economica e commerciale della zona. Di fatto, come abbiamo visto, l’insediamento di tante attività postmoderne nelle fabbriche di un tempo ha portato nuove popolazioni in loco, popolazioni che forse, in futuro, potranno non solo attraversare temporaneamente il territorio ma anche abitarlo e rigenerarlo “dall’interno”.

“Quartieri in Bilico”, ricerca effettuata dal Centro per lo studio della moda e della produzione culturale dell’Università Cattolica.

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