Sono due i punti di vista privilegiati per apprezzare l’architettura della cinquecentesca Basilica di Santa Maria della Passione, una tra le più belle e grandi chiese di Milano. Il primo è il percorso che porta da via Visconti di Modrone al Conservatorio attraverso via Passione. E’ una via elegante e solitaria, in fondo alla quale si eleva la facciata barocca della basilica, quasi un palco innalzato a chiudere due quinte di pietra. Il secondo fa scoprire, lungo la via Bellini, la teoria delle cappelle laterali, modernissima nella sua linearità.



Come il Duomo, come le più antiche basiliche di cui si è parlato altre volte, anche questa è costruita in modo che l’altare, fulcro della liturgia e sede della presenza reale del Signore, guardi a oriente, poiché secondo l’espressione del cantico di Zaccaria che la Chiesa ripete ogni mattina “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge”. Santa Maria della Passione sorge nel 1486 per iniziativa di Daniele Birago, che la dona ai Canonici Regolari Lateranensi di S. Agostino.



Ideata da Giovanni Battagio e proseguita da Cristoforo Lombardo, che nel 1530 innalza la cupola, la pianta a croce greca nel 1573 viene modificata da Martino Bassi con la costruzione di tre lunghe navate, formando così una chiesa a croce latina. La facciata barocca viene realizzata tra la fine del Seicento e il primo trentennio del Settecento. La caratterizzano l’uso della linea curva, l’elegante effetto scenografico e la contiguità con il chiostro che sorge a destra, dal 1807 sede del Conservatorio di musica.  I tre portali all’ingresso sono sormontati da altorilievi raffiguranti al centro La deposizione dalla croce, a sinistra l’Incoronazione di spine e a destra La Flagellazione.



 

L’interno della chiesa è una vera pinacoteca per numero e qualità delle opere che vi si conservano, ma si impone al visitatore anche per la maestosità della sua mole. I ritratti di Papi e Canonici lateranensi appesi sui pilastri che reggono le volte sono di Daniele Crespi  e  di artisti appartenenti ad aree culturali differenti da quella lombarda. Ancora di Crespi sono le scene della Passione che fregiano le ante dell’organo di sinistra; quelle dell’organo di destra, su medesimo tema sono di Carlo Urbino. Sempre di Crespi, nella prima cappella di sinistra, è La cena di san Carlo, opera di grande espressività mistica.

 

All’altare l’Ultima cena si deve a  Gaudenzio Ferrari e  costituisce,  insieme alla Crocifissione di Giulio Campi,  sulla parete a sinistra del transetto ed alla Deposizione di Bernardino Luini  nel transetto a destra, una sorta di racconto del dolore. Di Panfilo Nuvolone sono le decorazioni del catino dell’abside principale che hanno per tema l’Incoronazione della Vergine. L’ottagono centrale, sormontato dalla cupola cinquecentesca del Lombardino, è il cuore della basilica. Ai pilastri si trovano otto quadri sul tema della Via Crucis: Cristo alla colonna, l’Incoronazione di spine, Ecce Homo, La salita al Calvario, Cristo inchiodato alla croce, Cristo abbeverato di fiele, Cristo sorretto da un angelo, l’Angelo e il sudario.

 

 

Opera del Bergognone  e di suo figlio Bernardino sono i preziosi affreschi dipinti sulle pareti della Sala Capitolare che raffigurano Vescovi e Santi dell’Ordine Lateranense. La basilica raccoglie dunque un considerevole numero di produzioni della pittura lombarda del Cinquecento e del Seicento. Fin dalla sua fondazione essa è sede di una intensa attività musicale,  accresciuta dalla costruzione, sotto l’imponente cupola, di due organi  dialoganti, unico esempio in Lombardia, che amplificano le opportunità di ascolto di musica sacra qualificata.

 

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