Una padre scrive al sindaco di Milano, Letizia Moratti, denunciando la violenza che suo figlio ha subito sabato pomeriggio da un branco di giovani. È una denuncia grave, preoccupante, la rinascita del “branco” mette in allarme tutti, si sa bene di che cosa il branco sia capace, a che violenza porti la perdita di ragione che induce. Giusto rivolgersi al sindaco perché vigili su Milano, perché con i poteri che ha garantisca sicurezza a chi gira per la città nei giorni feriali come nei festivi, di giorno come di notte, ma la questione non si risolve solo con l’allerta di una vigilanza, quello che è successo è la punta di un iceberg, dietro quella violenza c’è una questione educativa che urge, che deve essere affrontata con decisione e chiarezza di intenti.
Di fronte al grave episodio di sabato e alla denuncia di un padre bisogna fare qualcosa di più della pur giusta domanda di sicurezza che compete alle istituzioni preposte, bisogna che tutti ci decidiamo ad assumerci una responsabilità ad educare. Il “branco” nasce per una rinuncia all’educazione, per una debolezza degli adulti, urge che si vada prima che scatti il branco, e la possibilità è una sola, è che un giovane al posto del “branco” incontri luoghi dove il suo desiderio è preso sul serio, dove può gustarsi la vita senza bisogno di perdersi in gesti di violenza gratuita e aberrante.
Questa è la domanda che scatena episodi come questo, una domanda che interroga gli adulti, che li sfida a chiedersi che cosa hanno da offrire ai giovani d’oggi. Troppo spesso gli adulti si sono fatti da parte, troppo spesso hanno delegato alle istituzioni compiti educativi che spettano loro, è ora che si riscattino prendendo sul serio la responsabilità educativa cui la realtà li chiama. In questa direzione gli adulti devono anche saper cogliere e valorizzare quei luoghi di aggregazione giovanile che sono presenti a Milano come in altre città e, diversamente dal "branco" prendono sul serio ogni persona e le sue esigenze più vere.
Un genitore non può arrivare a tutto, ma un genitore sa quale tipo di amicizia può far crescere suo figlio, quale invece lo porta a perdere il suo stesso desiderio. Proprio per questo un genitore non può solo stare a guardare e allarmarsi quando la situazione è compromessa, avere a cuore il destino del figlio o della figlia è valorizzare quelle aggregazioni incontrando le quali potrebbero trovare un di più d’umanità. Uno sguardo attento a tutti i fattori, è quello di cui c’è bisogno oggi, uno sguardo che oltre a denunciare sappia cogliere un punto positivo da cui riprendere l’educazione. Il "branco" non ha questo, un genitore, un educatore ce l’ha, è la certezza che gustarsi la vita per il senso che ha è più affascinante della violenza gratuita e della sopraffazione.