Nel pieno della crisi che lo porterà alla conversione, Agostino decide di recarsi a far visita a un uomo di grande saggezza. Ecco il racconto, tratto dalle Confessioni:
Feci visita dunque a Simpliciano, padre per la grazia, che aveva ricevuto da lui, del vescovo di allora Ambrogio e amato da Ambrogio proprio come un padre.
Quando, nel descrivergli la tortuosità dei miei errori, accennai alla lettura da me fatta di alcune opere dei filosofi platonici, tradotte in latino da Vittorino, già retore a Roma e morto, a quanto avevo udito, da cristiano, si rallegrò con me. Per esortarmi poi all’umiltà di Cristo, celata ai sapienti e rivelata ai piccoli, evocò i suoi ricordi di Vittorino, da lui conosciuto intimamente durante il suo soggiorno a Roma.
Udita la storia della conversione di Vittorino, Agostino viene preso dal desiderio di imitarlo e la grazia di Dio lo conquisterà pienamente poco dopo la visita al santo sacerdote, che proprio a questo scopo gliel’aveva narrata. Simpliciano succede ad Ambrogio come vescovo di Milano e, benché non abbia lasciato scritti, rimane vivo nel ricordo dei milanesi per la fama della sua santità; le sue reliquie sono conservate nella basilica che da lui ha preso nome, una delle più belle e meno conosciute di Milano.
Sorto probabilmente per volere di Ambrogio a nord della città, sulla via che conduceva alla Rezia, con il nome di basilica virginum, l’edificio conserva l’originario impianto paleocristiano, anche se i sedici secoli della sua storia hanno lasciato l’impronta di molti interventi successivi, da quello longobardo, a quello romanico, a quello ottocentesco, fino all’ultimo importante restauro portato a termine negli anni Ottanta.
Edificata in area cimiteriale, con pianta a croce latina, San Simpliciano era costituita da una vasta aula centrale con addossati due transetti. Gli scavi hanno messo in luce che su tre lati perimetrali la basilica era attorniata da portici per l’accoglienza dei pellegrini, diventati in seguito spazi per erigere le cappelle laterali.
Se si guarda l’intera costruzione dalla zona absidale, l’impianto dei due altissimi transetti e del massiccio campanile dona la suggestione della costruzione più antica in cui, al posto delle attuali cappelle laterali, due serie sovrapposte di archi ospitavano grandi finestroni: il mattone vivo e la luce abbondante donavano alla chiesa tutta un carattere di serenità e di forza.
Oggi la navata centrale, accompagnata dalle due laterali, frutto dell’estesa trasformazione romanica che ha fatto ritenere per secoli San Simpliciano un monumento di origine medievale, si apre alla sesta campata su un tiburio ottagonale e sull’abside, il cui catino è affrescato dal Bergognone con l’Incoronazione della Vergine, considerata da alcuni critici il capolavoro dell’arte lombarda del Cinquecento.
Oltre che per la memoria di san Simpliciano, la basilica si distingue per la devozione ai santi Sisinio, Martirio e Alessandro, venuti a Milano dalla Cappadocia, mandati da Ambrogio in aiuto al vescovo Vigilio di Trento e martirizzati in Val di Non; le loro reliquie sono custodite nella chiesa, dove sono sepolti anche quattro arcivescovi milanesi del quinto e del settimo secolo.
L’ultima domenica di maggio la tradizione vuole che vi si radunino le autorità civili e militari di Milano per ricordare la vittoria del Carroccio. Ma la devozione più sentita è quella mariana, che trova espressione nell’affresco del Bergognone, oltre che in tante altre raffigurazioni della Vergine all’interno della chiesa.
Un’ultima parola resta da dire sull’imponente facciata, in cui spicca l’antico portale, costituito da tante colonnine di diversa fattura e colore; sui due lati i fregi che delimitano l’arco sono ornati da figurine arcaiche molto belle, purtroppo mutile, in cui alcuni ravvisano la processione delle vergini sagge e stolte ricordate dal Vangelo.