In questa settimana a Milano è tornata di scena affittopoli. Se ne parla a destra e a sinistra, se ne parla indistintamente. Detta in una parola: ci sono dentro un pò tutti.
D’altra parte la vita è fatta così: c’è dentro un po’ di tutto per cui nella stessa città dove si comincia a preparare l’Expo 2015 ci si imbatte in una ciurma di raccomandati che hanno avuto accesso a cose di proprietà pubblica senza averne nessun diritto.



Ma a parte questi fatti – speriamo che prima o poi ci mettano mano – occorre invece guardare all’Expo 2015 perché potrebbe avere un gran significato per Milano.
Potrebbe, dipende. Il primo grande significato potrebbe averlo sulla scena internazionale facendo sì che Milano abbia quel ruolo istituzionale sulla scena globale che non sempre ha avuto e ha.



Siccome il tema dell’Expo è legato al modello di sviluppo del pianeta potrebbe essere l’occasione buona per spostare un po’ del dibattito proprio a Milano. Quando la comunità internazionale affronta temi di rilevanza per lo sviluppo economico difficilmente Milano è la sede di questi dibattiti.

Milano non ha la sede di un grande organismo internazionale. Questa è una carenza grave perché non avere questa sede può voler dire non avere rilevanza politica e ad essa – invece – Milano può aspirare. Non si tratta infatti di una questione puramente logistica ma di una questione simbolica e geopolitica. Ospitare la sede di un organismo internazionale – oggi – e gestirlo con efficienza – vuol dire ospitare i dibattiti più centrali a livello globale. Vuol dire essere oggettivamente più presenti sulla scena internazionale.



L’Expo è l’occasione perché qualcuna di queste sedi abbia – finalmente – spazio nella capitale morale del nostro Paese. C’è un altro aspetto legato ancora all’Expo insieme al nuovo Pgt ( Piano di governo del territorio) che è stato adottato dalla Giunta e dal Consiglio Comunale di Milano. Le grandi città europee che sono rinate sono rinate anche dalle periferie.

In certi casi – come Lione – partendo dalla periferia. Anche in questo senso l’occasione è ottima. Alcune funzioni della città già esistenti e alcune che nasceranno grazie all’Expo perché non potrebbero essere collocate in periferia? Cosa può ostacolare questa decisione? Al di là di arzigogolati piani di recupero sociale della periferia l’esperienza europea dimostra che laddove si inseriscano funzioni vitali vere, non artificiali, si ha un effetto positivo e si instaura un circolo vizioso. Perché, fin d’ora, non è possibile
pensare a qualcosa del genere. Il Pgt consente – nella sua logica – interventi di questo tipo. Anzi, li auspica. Forse non rimane che provarci.

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