Il fenomeno più evidente nei nostri anni è costituito dalle malattie croniche. In Lombardia esse provocano più del 60% delle morti ed il 77% del carico di malattia. Si è parlato di epidemia di cronicità prevedendo nei prossimi 10 anni un ulteriore sensibile incremento. I processi della diagnosi e della cura sono, dunque, costretti ad affrontare i grandi quesiti dell’inguaribilità.
Dentro questo scenario in rapido divenire è emersa la questione della preparazione degli operatori specializzati che è riconosciuta come il nucleo centrale per produrre qualità nelle prestazioni sanitarie, in modo che risultino efficaci e sicure, e per ottimizzare i risultati del sistema sanitario.
Ci si è subito resi conto che l’assistenza sanitaria per la cronicità non può essere pensata solo come una estensione del servizio ospedaliero convenzionale per acuti fuori le mura della istituzione. Si tratta al contrario di una prospettiva professionale rivolta a patologie connotate da caratteri particolari. Ciò porta all’evidenza che al personale di assistenza si richiede un intervento specialistico, ma differente per contenuto e metodo rispetto al servizio in degenza ospedaliera.
Si configura così una professione non attenuata, ma diversa, non un minore impegno ma un più ampio farsi carico.
Le prestazioni al paziente che vive una infermità a lungo termine sono numerose, ma soprattutto di varia intensità e competenza. Gli interventi per riuscire efficaci devono possedere un grado elevato di integrazione in maniera che gli effetti concorrano tutti al benessere del paziente. Operatori sanitari di differente livello devono sviluppare specifiche tecniche, che vedono la concomitanza o la forte compatibilità di lavoro tra più operatori.
Le prestazioni sanitarie per la cronicità per la maggiore parte vengono erogate in ambienti contrassegnati da ridotta complessità organizzativa. Tuttavia proprio in questi ambiti di più semplice convivenza esistono presenze e possibilità di partecipazione che possono essere considerate un patrimonio che l’istituzione ospedaliera per acuti, invece, esclude in maniera programmatica. Si tratta di quell’assistenza informale resa dai membri della famiglia del paziente e dalle reti amicali che molte risoluzioni della Comunità internazionale hanno indicato come le risorse più promettenti per il progresso del sistema sanitario.
L’operazione di comprensione delle dinamiche familiari, di coinvolgimento e orientamento delle persone al domicilio, di rassicurazione, di addestramento a partecipare direttamente all’assistenza, rappresenta uno dei compiti più propri e delicati dell’intervento medico sanitario per la cronicità e forse quello più efficace a creare benessere.
Chi si impegna nell’assistenza medico sanitaria alla cronicità si trova a realizzare un nodo di una complessa rete assistenziale costituita da entità molto differenti, Istituti di ricerca e cura. ospedali, residenze con varia intensità di assistenza, domicilio dei pazienti. Il successo dell’intervento sanitario è spesso determinato dall’abilità con la quale il professionista sa inserirsi in questa rete.Alcuni responsabili del sistema sanitario hanno proposto la realizzazione di strutture con ridotto impegno assistenziale.
Queste strutture di degenza potrebbero accogliere i soggetti con malattie che si prolungano nel tempo e liberare posti letto negli ospedali con alta intensità di cura.
La soluzione che ripropone il metodo della degenza ospedaliera, sia pure con intensità di cure attenuata, mostra un’indubbia semplicità di realizzazione.
Tuttavia questo orientamento sembra muoversi in contrasto con i risultati della moderna medicina e con le tendenze più affermate.
La corsia di degenza non sembra proprio un luogo adatto a valorizzare le risorse individuali, le relazioni e le attitudini personali. In questa separazione dalla vita normale la spersonalizzazione potrebbe divenire senza ritorno se prolungata nel tempo.
Il regime di degenza risulta poi gravato da un’invasività e da una nocività che è stata bene descritta in ambito scientifico.
Sono in corso da anni esperienze di cura della cronicità sul territorio con assistenza medico sanitaria domiciliare.
I dati relativi indicano l’efficacia del sistema di assistenza domiciliare a gestire con successo l’evoluzione a lungo termine della malattia e a prevenire la comparsa di complicanze. Al domicilio è divenuto possibile erogare prestazioni sanitarie anche specialistiche ed insieme produrre un percorso educativo nelle varie componenti familiari rispetto alla disabilità.
Questa modalità assistenziale si è rivelata utile al Medico di Medicina generale per realizzare efficaci interventi nel territorio e per il Medico Specialista dell’Istituzione ospedaliera per raggiungere un soddisfacente livello di continuità terapeutica.
La modalità di cura al domicilio è promettente perché risulta più coerente con le tendenze positive della medicina moderna che hanno affermato l’orientamento personalizzato delle cure ed il rispetto della integrità del paziente.Al momento attuale esistono numerosi presidi ospedalieri che costituiscono un riferimento di prima istanza ma sono rimasti esclusi dallo sviluppo di una medicina superspecialistica con forte componente tecnologica. Questa nuova situazione tende a ridurli esclusivamente in strumenti di avvio dei pazienti ai centri clinici più dotati.
Queste osservazioni propongono all’attenzione lo stretto legame che esiste tra i percorsi di formazione e di addestramento professionale e la razionale organizzazione delle strutture dedicate alle infermità a lungo termine.
Con i pazienti portatori di malattie con decorso prolungato il rapporto di cura è prevalentemente fondato su una particolare relazione interpersonale che si costruisce tra chi si assume la responsabilità di prendere in cura senza limiti temporali e chi si affida accogliendo l’operatore nel suo ambito più privato.
Questa evidenza porta a pensare che la trasformazione dell’ attività medico sanitaria , che viene imposta dal prevalere delle infermità con lungo decorso, possa trovare una via di efficace soluzione ponendo al centro anche della scelta organizzativa il rapporto bipersonale cura/affidamento.
Si profila una figura professionale per vari versi nuova. La Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università degli studi di Milano svolge da alcuni anni per questo scopo un Master in Assistenza Sanitaria sul territorio e al domicilio.
Il “nuovo” professionista richiede di essere preparato da percorsi didattici specifici a prendersi in carico il paziente sofferente per un infermità a lungo termine, secondo una considerazione complessiva dei suoi bisogni, nelle circostanze dove vive e mantiene le sue relazioni fondamentali. Per questa sua particolarità acquisisce la capacità di interagire con le strutture di riferimento del sistema pubblico.
Questo soggetto professionale, che trae autorità dalla sua formazione specifica e dal rapporto fiduciario che il paziente gli concede, si avvale degli strumenti più idonei. Da una parte l’intervento diretto nell’abitazione al paziente, d’altra parte la costruzione di una comunità curante nel territorio, d’altra parte, ancora, il ricorso a strutture di ricovero specializzate per le singole infermità solo per il tempo strettamente necessario in vista del recupero della domiciliazione.
Le esperienze centrate sulla comunità curante fiduciaria del paziente si prospettano dunque la vera novità imposta dal cambiamento della epidemiologia e dall’indirizzo sussidiario del nuovo welfare.
Esse hanno come modello prevalente l’intervento sanitario medico al domicilio e la conduzione operativa da parte dell’operatore fiduciario del paziente e del suo nucleo familiare delle temporanee strutture di degenza orientate sulle patologie prevalenti. Per questa via potrebbe avvenire un innovativo impiego della spedalità locale, che troverebbe così un ridimensionamento da una parte ma d’altra parte uno sviluppo verso una professionalità avanzata e personalizzata.