Portofranco celebra i dieci anni di attività a servizio dell’aiuto allo studio. La sede di questa significativa opera di volontariato è un palazzo imponente di Milano, in piazza General Cantore, a due passi dalla darsena, una costruzione del Ventennio ora rinnovata in alcune sue parti per ospitare studenti, insegnanti, universitari che vi affluiscono per cinque pomeriggi alla settimana.



È questo colorato insieme di giovani e meno giovani a dare vita a locali oggi luminosi e arredati in modo spartano e funzionale. Sarebbero solo muri, più belli adesso di quelli sporchi e trasandati in cui Portofranco ha cominciato a esistere dieci anni fa, se non racchiudessero la giovinezza scanzonata e seria di ragazzi delle scuole superiori di Milano, accompagnati nello studio da insegnanti e universitari che li aiutano gratuitamente.



Tutto inizia nel 2000 da un gruppo di insegnanti che prende sul serio un’idea di don Giorgio Pontiggia, sacerdote milanese scomparso nel 2009, amico di don Luigi Giussani. In una conversazione con alcuni docenti egli esprimeva la convinzione che i ragazzi non dovessero essere aiutati nel loro tempo libero, ma condividendo il loro bisogno, innanzitutto quello scolastico.

Così inizia un’avventura che vede per il primo anno 130 ragazzi iscritti. A febbraio di quest’anno sono 1070, di cui 285 stranieri. Crescono evidentemente anche insegnanti e universitari degli ultimi anni che seguono individualmente ogni ragazzo a seconda delle materie in cui ciascuno è più carente: quest’anno i volontari sono 440, tra i quali 65  docenti. La presenza media giornaliera degli studenti si aggira attorno a 70/80, le ore di lezione erogate fino a questo punto dell’anno scolastico sfiorano le diecimila.



Il motivo di tale espansione è certo che Portofranco risponde a un bisogno reale e avvertito dagli studenti: non tutte le famiglie possono pagare le lezioni private, lo studio in comune rende meno facile la distrazione offerta dalla televisione e da internet. Ma i ragazzi di Portofranco sono attirati anche dal fatto che in quel luogo trovano persone che li accolgono, che li guardano con attenzione, che si legano a loro con affetto e insieme li richiamano al loro compito. È ciò che scrivono sul giornaletto al quale hanno dato vita, “La voce del Porto”. Molti di loro addirittura sentono in quelle aule un clima di famiglia.

Ancora più significativa è l’esperienza dei docenti. Alcuni di essi sono pensionati e trovano in Portofranco un modo per essere ancora utili e per non sentirsi soli. Altri donano qualcosa del loro tempo per un atto di gratuità di cui i ragazzi, solo in apparenza distratti, si accorgono subito e che ricambiano con il “grazie” alla fine dell’ora, così insolito altrove, così abituale qui.

Aveva proprio ragione don Giorgio a dire che i più grandi alleati alla realizzazione dei ragazzi sono i ragazzi stessi. La gratuità non è solo l’aiuto che si dà, ma anche la pazienza che il seme posto fruttifichi per conto suo, la libertà davanti agli errori e alle curve necessarie perché ognuno trovi la propria strada.

Tra le cose che questo grande educatore ha detto e che ora sono raccolte in un libretto pubblicato in occasione dei dieci anni dell’opera da lui voluta, una in particolare spicca per forza e semplicità: “Uno guarda con gratuità una cosa quando è guardato lui stesso così, quando è molto contento, diciamo. L’uomo guarda con gratuità la vita, la realtà, le cose, le persone della vita, quando è molto contento; quando è arrabbiato no”. È la nota che domina a Portofranco, la contentezza.