«Non c’è alcun conflitto tra federalismo e sussidiarietà. Il nostro lavoro prosegue all’interno di un percorso di complementarietà e totale sovrapposizione». Andrea Gibelli, Vicepresidente di Regione Lombardia e Capo Delegazione della Lega Nord, torna a chiarire su IlSussidiario.net i termini della riforma federale vista  dagli esponenti del Carroccio al Pirellone.
«Il cammino è ancora lungo – prosegue Gibelli -, ma ha preso il via grazie ai lavori parlamentari e alla commissione tecnica presieduta da Luca Antonini, nonostante una struttura organizzativa dello Stato che non ammetteva eccezioni e che considerava il federalismo un tabù. Oggi siamo a un nuovo punto di partenza ed è come se fossimo allo specchio: il debito pubblico è identico, cambiano però le responsabilità. Ogni giorno che passa, perciò, ci si allontana da un modello di spesa incontrollata che non ha più ragion d’essere».



A quale modello si riferisce quando parla di sussidiarietà e di federalismo?

Usando la metafora dell’albero, lo Stato centralista, per come lo abbiamo conosciuto in tutti questi anni, era quella grande chioma che pensava a tutto e che rimaneva molto lontana dalle proprie radici (la società). La riforma federale colloca diversamente sul piano verticale diversi livelli di competenze e di nuove responsabilità, mentre sul piano orizzontale, in un’ottica sussidiaria, restituisce alla società la possibilità di occuparsi di tutto ciò che fino a poco fa era di esclusiva competenza della macchina pubblica.



Senza sussidiarietà quindi il federalismo correrebbe il rischio di trasformarsi in un centralismo locale?

Esattamente. Per questo ho parlato prima di complementarietà. Il decentramento di potere da solo non basterebbe, così come un’aspettativa di “colonizzazione” della società all’interno di uno Stato sprovvisto di adeguati livelli di responsabilità. La soluzione delle questioni irrisolte del Paese in pratica passa attraverso l’ancora attuale: “più società, meno Stato”.

Secondo lei la divisione tra federalisti e centralisti è trasversale agli attuali schieramenti politici?



Effettivamente c’è una trasversalità che sembra tenere conto più della latitudine che degli schieramenti. Per questo ho potuto incontrare in questi anni amministratori del Pd al Nord più federalisti di qualche collega del Pdl al Sud. Non a caso, in occasione del referendum sulla devolution, il Paese si comportò in due modi diversi. Il fatto è che nel Meridione c’è ancora troppa paura di abbandonare il modello deleterio della spesa storica. Resto comunque convinto del fatto che dosi massicce di federalismo reale potranno far capire a tutti che non c’è nulla da temere. Il federalismo non è buono o cattivo, ma solo efficace o inefficace. Quello che abbiamo in mente noi, attraverso il fondo perequativo e il controllo della spesa, porterà il Sud alla responsabilizzazione e allo sviluppo.

La Lombardia costituisce un modello di sussidiarietà utile al Paese in questo percorso riformatore?

Ne sono convinto. Bisogna riconoscere i meriti di questo a chi, come la Lega, si è assunto la responsabilità a Roma di giocare un ruolo determinante in questo passaggio epocale e di una realtà territoriale che da anni non nasconde di volersi assumere sempre maggiori competenze e che (concretamente, non a livello teorico-seminariale) ha fatto della sussidiarietà una bandiera.

Oggi il federalismo sembra ormai sdoganato. È difficile infatti trovare forze politiche che si dichiarino contrarie. Alla Lega si rinfaccia però il mancato rispetto di quei simboli di unità nazionale che potrebbero fare da collante. Lei cosa ne pensa?

Penso che sia una critica ingiusta, che mi permette però di fare un chiarimento. Il gruppo regionale lombardo della Lega non ha voluto partecipare ai recenti festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia per un motivo molto semplice. La retorica stava cancellando un dibattito già presente nel Risorgimento tra un’idea di Stato confederale, una federale e una unitaria. Se ancora oggi una parte dello Stato rifiuta alcune simbologie è a causa di un errore originario.

Quale?

Lo stato unitario nacque per decreto estendendo lo Statuto Albertino senza che Vittorio Emanuele II convocasse la Costituente. Ne derivarono due danni incalcolabili: venne trasferita una mentalità burocratica centralista da Sud a Nord e, parallelamente, venne importata da Nord a Sud un modello di sviluppo economico. 
La nostra protesta voleva dire a tutti, non ripetiamo gli errori del passato in un momento in cui c’è una coincidenza storica tra la celebrazione di questo anniversario e un cambiamento epocale, come la riforma federale. Il futuro passa attraverso la responsabilità, la valorizzazione delle peculiarità di tutti e forme di compensazione che di certo non mancheranno.

Da ultimo, manca poco più di un mese all’appuntamento delle elezioni amministrative. La Lega Nord punta a ripetere il sorpasso avvenuto in Veneto nei confronti del Pdl anche nelle altre regioni del Nord?

Ci sarà una sana e corretta competizione tra due partiti, Lega e Pdl, che in questi anni hanno condiviso tutte le scelte decisive per il Paese e che hanno saputo collaborare al “governo del fare”. 

Ma il Carroccio al termine di questo mandato pretenderà la Presidenza della Regione Lombardia?

Non ho la bacchetta magica. Per ora mi preoccupo soltanto che nel 2015 il bilancio per la Regione sia ancora più positivo…

(Carlo Melato)

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