La libertà religiosa è la via per la pace. E’ il titolo e il contenuto del Messaggio che papa Benedetto XVI ha scritto per la 44ª Giornata Mondiale della Pace il 1° gennaio 2011. E quanto sia vero l’ha dimostrato anche Giorgio Paolucci, giornalista di Avvenire, esperto di Islam, incontrando, il 21 marzo scorso, gli studenti, i professori e i genitori di una scuola cattolica, Maria Consolatrice, di Milano. Seguendo una mappa tracciata dell’opera “Aiuto alla chiesa che soffre”, Paolucci ha mostrato il tragico percorso delle odierne persecuzioni ai cattolici e ai cristiani in varie parti del mondo, 50 milioni di perseguitati e 200 milioni di discriminati per la fede. Solo negli ultimi cinque anni tre persone su quattro morte per motivi religiosi erano cristiane. In Cina sono 16 milioni i cristiani “clandestini”, che non si rassegnano a sottostare al regime comunista che pretende tuttora di nominare i vescovi della Chiesa “ufficiale”. Nei Paesi a maggioranza musulmana o dove la sharia, la legge islamica, è legge dello stato, spesso si viene condannati anche solo per blasfemia. E’ accaduto a un cristiano, nel mese di febbraio, in Indonesia, il Paese che registra il maggior numero di musulmani al mondo (180 milioni su 220 milioni di abitanti) e i fondamentalisti hanno iniziato a bruciare le chiese perché la pena era considerata troppo mite.
“Ma molto spesso”, avverte Paolucci, “si usa l’accusa di blasfemia per far fuori gli avversari politici o anche economici”. A volte la religione principale diventa ideologia dominante. Come tre anni fa, quando ci fu una vera e propria caccia al cristiano, nel Nord dell’India, a Orissa, “e ancora oggi migliaia di persone vivono nella foresta per la paura di essere punite”, afferma Paolucci. La lista dei nuovi martiri sembra infinita: in Afghanistan, uno dei sette stati del mondo dove la conversione è punita con la pena di morte, dopo nove mesi di carcere un uomo, Sayed Mussa, convertito al cristianesimo, è riuscito a scampare all’impiccagione grazie alla mobilitazione americana e italiana. Qualche giorno fa è scappato in Europa insieme alla sua famiglia.
Del Pakistan è noto il caso di Asia Bibi, una donna condannata per blasfemia solo perché aveva litigato, tra l’altro per motivi non religiosi, con altre donne che lavoravano con lei nei campi. Il 2 marzo, poi, è stato ucciso Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze pakistano, perché cristiano. E poi ci sono stati gli eccidi nelle chiese: il 31 ottobre dell’anno scorso è successo a Bagdad, in Iraq, nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza, quando un’esplosione ha causato, durante la messa, 58 morti, tra cui due sacerdoti, e a Capodanno, ad Alessandria d’Egitto, il massacro di 23 copti uccisi da un’auto-bomba esplosa all’uscita della messa.
“Ma il rischio della discriminazione per i cristiani è vivo anche in Occidente”, spiega Paolucci, “perchè, come ha detto il papa, i nemici della libertà religiosa sono sia il fondamentalismo sia il relativismo, ovvero l’idea che non esiste una verità condivisibile da tutti. E di conseguenza chi afferma il contrario è un nemico da combattere”. Ciò appare con sempre maggiore evidenza, ha sottolineato Paolucci, in alcune decisioni prese all’interno delle istituzioni politiche dell’Unione Europea: dal tentativo di sdoganare le coppie gay e la possibilità di adottare bambini, fino alle richieste di eliminare l’obiezione di coscienza per i medici contrari all’aborto. Ma ciò che ha fatto forse più scalpore, di recente, è stata la diffusione di un’agenda europea, in oltre 200mila copie, nelle scuole degli stati membri, in cui sono menzionate tutte le feste delle principali religioni mondiali, ma non quelle cristiane; nemmeno il Natale.
Ma perché e come la libertà religiosa sarebbe la strada maestra per realizzare la pace nel mondo? Basterebbe guardare alcuni esempi. Giorgio Paolucci ha presentato quello di sei suore trappiste (le claustrali dell’ordine benedettino cistercense) che, dopo aver saputo dell’uccisione di alcuni monaci nel monastero di Tibhirine in Algeria (tra l’altro ripreso nel film Uomini di Dio, proiettato a ottobre nelle sale cinematografiche italiane), da Valserena, in provincia di Pisa, si sono trasferite in Siria. E oggi sono diventate oggetto di curiosità e di affetto da parte della gente del luogo, in primis musulmani, che stanno persino collaborando con alcuni cristiani per completare la costruzione del loro monastero.
“Religione, società e stato” è un detto islamico che fa capire quanto la religione permei, per i musulmani, la vita della persona e dell’intera comunità. E questo si nota anche in molti immigrati che arrivano sempre più nel nostro Paese (oggi sono cinque milioni, quasi 1 milione in più solo nell’ultimo biennio, secondo il Dossier Caritas-Migrantes). “Anche se le persecuzioni sono connaturate con il cristianesimo”, ha commentato Paolucci, “noi occidentali abbiamo davanti una sfida: ritrovare la nostra identità di popolo caratterizzato innanzitutto dall’esperienza cristiana, prima ancora che dall’Unità del 1861. Ed è quello che ha ricordato Benedetto XVI al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”. “Dovremmo cioè”, conclude Paolucci, “costruire quella che io chiamo “identità arricchita”, ovvero riscoprire la nostra identità per poterci confrontare con le altre culture. E credo che la scuola debba essere in prima fila in questa ricostruzione”.