Domenica e lunedì i cittadini milanesi esprimeranno le proprie preferenze per rinnovare l’amministrazione comunale. Sono giorni convulsi, di chiacchiericcio elettorale, in cui si è avvertita sovente la volontà dei grandi partiti di subordinare gli interessi della città a quelli delle logiche di schieramento; le amministrative sono un test nazionale, si è detto. Sta di fatto che, nella confusione generata dalla politica nazionale, sono due le tendenze emerse come prevalenti tra i candidati in campo,  quella della sussidiarietà e quella dello statalismo; la prima promuove la valorizzazione della persona come principale attore sociale e delle energie umane, imprenditoriali e assistenziali già esistenti.  La seconda, invece, sostiene la necessità di un accentramento  di tutti gli elementi costitutivi della vita cittadina da parte di chi governerà Milano. E dove tali tendenze siano più visibili, senza forzature manichee (elementi di statalismo e di sussidiarietà sono ravvisabili a destra, a sinistra e al centro), ai milanesi è chiaro.



In forza di questo, Luca Doninelli ha scritto: «Molte città sono nate “dal basso”. La maggior parte di esse, però, è stata prima o poi rimodellata secondo le esigenze, i disegni o l’ideologia dei potenti. La nostra città, nonostante le molte umiliazioni, non ha lasciato che la parola definitiva sulla sua forma, sulla sua vita, sul suo destino fosse quella del potere (…). Questo mi aspetto faccia un bravo sindaco: assecondare e favorire quell’insurrezione, quella forza piena di dignità che nasce da dentro e si esprime in opere, in azioni: industrie, scuole, università, romanzi, cattedrali». A tal proposito, abbiamo chiesto un commento a Giulio Sapelli.



Professore, cosa ne pensa della “insurrezione” di cui parla Doninelli?

In molti hanno dato spunti e suggerimenti programmatici, sui quali si può essere d’accordo o meno; tuttavia, al di là dei contenuti proposti, che esprimono un’appartenenza politica, o dalla politica copiano, quantomeno, la tipica retorica, credo che il metodo più corretto per affrontare la questione sia quello indicato, a livello metodologico, da quell’articolo. Perché, anzitutto, è firmato da una sola persona. E per questo è molto più libertario, critico e autentico. Comunica, inoltre, una tendenza positiva: l’invito, alle forze della società milanese, ad avere più fiducia in se stesse, mediante una forma di auto-organizzazione contraria alla logica di chi si aspetta che tutto piova dall’alto.



In cosa consiste, in pratica, questo invito?

Si tratta, in fondo, della concezione alla base della Big Society, per la quale, personalmente, propendo decisamente. E’ l’idea secondo la quale la società e i cittadini siano molto più propositivi, vivi e attenti ai loro stessi bisogni e delle persone che stanno loro attorno di quanto non si voglia far credere. Penso, inoltre, che sul piano della costruzione del bene comune ci si possa aspettare molto di più da un esercizio dei doveri che da quello dei diritti.

Perché valorizzare le risorse presenti nel tessuto sociale è premiante?

Semplicemente perché le risorse che già esistono sono molto efficaci e ben strutturate. Specialmente sul fronte del Welfare, dell’assistenza sociale o della cura degli anziani, dove abbiamo avuto grandi esempi di solidarietà e di eccellenze. Tali forze sono già di per sé ben orientate, ed è molto facile utilizzarle a beneficio della città. Chiudere gli occhi di fronte a tali energie provenienti dal basso, del resto, non produce mai effetti benefici.

Cosa intende?

Penso all’Expo: il grande difetto nella sua gestione è consistito nel calarlo dall’altro; si è trattato di una grande idea nella quale è mancato il coinvolgimento delle capacità autoctone per implementarla. Il che ha resto difficile per molto tempo esprimere un sistema di governance efficace. Il successo del Pgt, invece, è dipeso dal fatto che si è configurato come tentativo intelligente di partire dal basso, di ascoltare, interloquire e negoziare con i cittadini.

In sostanza, come dovrà muoversi il futuro sindaco per dar voce alle forze provenienti dal basso?

La direzione fin qui intrapresa, mi pare quella giusta, si deve continuare così.  A parte alcuni punti da correggere o migliorare.

Quali?

L’amministrazione comunale dovrebbe essere più attenta alle esigenze dei giovani; in particolare, dei precari. Dovrebbe, inoltre, creare più spazi per i giovani artisti, valorizzare la creatività, istituendo, ad esempio, una fondazione che permetta agli artisti di venire a vivere a Milano. Infine occorre dare più smalto, efficienza ed efficacia alle controllate dal Comune.

 

(Paolo Nessi