«Milano riscopra il mecenatismo, coniugando in modo coerente società, economia, istituzioni e cultura, e rilanciando quest’ultima come servizio sociale nell’ambito della sussidiarietà». È l’invito di Gianpiero Cantoni, presidente della Fondazione Fiera di Milano, senatore del Pdl e presidente della commissione Difesa a Palazzo Madama. IlSussidiario.net lo ha intervistato sul volantino della Compagnia delle Opere, «Costruire luoghi di vita», realizzato in vista delle elezioni amministrative.
Senatore Cantoni, quali dovranno essere le priorità per chi sarà eletto come sindaco di Milano?
Chi avrà il compito di gestire la fase di trasformazione del tessuto infrastrutturale urbano dovrà innanzitutto raggiungere tre obiettivi, individuati nello stesso manifesto della Compagnia delle Opere che condivido pienamente: il rilancio della sussidiarietà, l’enfasi sulla città della cultura e l’attenzione alla Milano del lavoro, attraverso l’Expo, il sostegno alle Pmi e lo sviluppo dell’occupazione. Il volantino della Cdo coglie e mette in evidenza innanzitutto la vocazione di Milano, che è quello di essere soprattutto un luogo di apertura e un centro di relazioni con il Paese e con il resto del mondo. È chiaro che Milano e il suo futuro hanno diverse priorità tematiche, e quindi tante possibili alternative.
In concreto quindi come ritiene che si debba intervenire per favorire il rilancio di Milano?
Tra i vari progetti, a mio avviso assume particolare rilevanza lo sviluppo urbanistico, e quindi la riorganizzazione del capoluogo lombardo in vista della città metropolitana, detta anche grande Milano, anche attraverso il recupero e la valorizzazione delle periferie. Il secondo progetto è legato all’orgoglio dell’appartenenza, con maggiori stimoli e sostegno alla vita culturale. E soprattutto attraverso il ritorno al mecenatismo, che è un rafforzamento della milanesità e dei suoi valori positivi. Il terzo progetto è relativo alla compatibilità tra lo sviluppo tecnologico e il rispetto dell’ambiente. Infine, la formazione e la selezione di una nuova classe dirigente valorizzando le competenze.
In che modo Milano potrà riagganciare la ripresa?
Se a livello globale abbiamo la conferma del miglioramento della qualità della vita e dello sviluppo urbanistico della metropoli, inteso come crescita economica e della qualità dei servizi, dobbiamo essere consapevoli del fatto che il futuro di Milano passa prima di tutto dalla locomotiva della ripresa. Anche se ovviamente la ripresa deve essere di carattere internazionale, perché Milano è una delle maggiori città al mondo per creazione di valore e di prodotto interno lordo, soprattutto per l’internazionalizzazione dei suoi servizi, industrie e banche. È chiaro quindi che per Milano la ripresa è un fatto fondamentale. Ma quest’ultima non può e non deve essere solo economica, bensì anche istituzionale e soprattutto culturale. In questo senso dovremo rafforzare il valore del rapporto coerente tra società, economia, istituzioni e cultura. Dobbiamo quindi tradurre tutto ciò in alcuni macro-obiettivi, con progetti precisi, chiari, circoscritti e quindi realistici, in cui tutta la classe dirigente pubblica e privata milanese deve partecipare. Tutti devono essere coinvolti, superando le divisioni di una città che non possiamo accettare che rimanga priva della milanesità.
Quindi il volantino della Cdo mi sembra coerente con queste esigenze, perché si muove su proposte concrete e attuabili. Senza dimenticare che Milano, come l’intero Paese, oggi ha di fronte uno dei pochi progetti di sistema a disposizione per un salto di modernizzazione, una innovazione infrasettoriale e infrastrutturale: l’Expo 2015.
Dopo l’enfasi iniziale, ultimamente non se ne parla quasi più. Il silenzio sull’Expo ne preannuncia il fallimento?
Niente affatto. L’Expo 2015 sarà la vetrina della genialità non solo dei milanesi e dei lombardi, ma di tutta l’Italia. L’Expo infatti sarà una manifestazione del sistema Paese e dovremo esserne orgogliosi per il suo successo che io ritengo sarà un successo di grande importanza mondiale. Questa è un’occasione per riprendere quella dinamica di modernizzazione diffusa territorialmente. Per Milano e il Paese l’Expo potrà lasciare in eredità un grande patrimonio di infrastrutture, un parco tematico scientifico-naturale, un centro per lo sviluppo sostenibile, un centro per la Rai. Oltre a un piano per il riutilizzo degli spazi espositivi e del sito di servizio per la realizzazione di insediamenti e investimenti che saranno valutati come finalità d’uso sulla base di criteri selettivi di sostenibilità economica e sociale. Ma è soprattutto sulla qualità urbana che noi dobbiamo puntualizzare il nostro interesse.
Che cosa si può fare per rilanciare la cultura di Milano?
Milano è l’epicentro di grandi eccellenze, collocate in una regione e in una collettività, che rappresentano la punta avanzata dell’Italia e dell’Europa verso la globalizzazione. Quindi Milano è una città della cultura e della ricerca per eccellenza. Riaffermare e rilanciare la cultura come servizio sociale nel processo della sussidiarietà, della città dei riformisti socialisti, cattolico-democratici e liberali, aveva già raggiunto importanti traguardi. Tra questi la trasformazione della Scala in Ente autonomo e la «Milano aperta», che è una rassegna internazionale di spettacoli promossa dalla fine degli anni ’60 dal Comune in collaborazione con il Piccolo teatro. Occorre quindi consolidare l’eccellenza delle reti delle sei università, pubbliche e private, che sono al massimo della loro capacità di efficienza di servizi, per la qualità dell’intelligenza e delle professioni, anche al fine di un coordinamento sia per la ricerca che per il reperimento di fondi.
Quale ruolo possono giocare in questo senso le istituzioni?
Devono giocare un ruolo attivo per una partnership pubblico-privata nello sviluppo economico-sociale. Vedo in particolare la Fondazione Fiera di Milano in un ruolo attivo di stimolo, di mediazione, di equilibrio tra le forze e le aspettative di una partnership pubblico-privato che sappia valorizzare al meglio quegli elementi della milanesità e della Lombardia. Il tutto in una visione progettuale coerente, e soprattutto rigorosa, di un modello di città e di regione che sappia migliorarsi di fronte alle grandi sfide, determinate dalla globalizzazione, sia economica che sociale, che doveva essere mite o dal volto umano, ma che in realtà è diventata una cinica globalizzazione con grandi competitività mondiali.
Quali sono le sfide che la globalizzazione pone a Milano?
Le sfide rilevanti che questa globalizzazione comporta avranno come conseguenza lo spostamento dell’attenzione sulle singole città e metropoli all’interno delle economie. Quindi ormai la competizione non sarà più con un Paese o un sistema a sé stante, ma sempre più con le città in un processo di grandi sfide continentali, determinate sempre più da un’enorme capacità concorrenziale del grande comparto cinese-asiatico, il cui Pil da poco ha superato il Giappone e attorno al 2020 è previsto che superi anche gli Usa, divenendo il continente più forte e con capacità di Pil senza pari nel mondo.
(Pietro Vernizzi)