«Il rischio che stiamo correndo è il vuoto della politica, la sua sparizione. Una società senza politica è infatti una società senza volto, anonima, indifferente, ossessionata dalle regole e tendenzialmente autoritaria». Gianpiero Borghini, ex sindaco di Milano nel 1992-1993, ex assessore regionale alle Opere pubbliche e attualmente consulente di Sea–Aeroporti di Milano, commenta così il volantino della Compagnia delle Opere, dal titolo «Costruire luoghi di vita». Nel documento si afferma che «Milano è ricca di realtà e di esperienze che in tutti i settori, partendo dalla centralità assegnata alla persona, costruiscono opere culturali, rendono vivo il territorio dei quartieri, creano lavoro e sostengono chi cerca nuova occupazione, educano, assistono e curano le persone nel bisogno. Bisogna partire da queste realtà per valorizzare Milano. Svolgono tutti un “servizio pubblico” ma per chi ritiene che solo lo Stato ha etica pubblica sono realtà che non si vedono o che al più sono considerate come possibili fornitori di servizi cui dettare regole contraddittorie con il bisogno».



Borghini, nel volantino si afferma che la politica rischia di «ricercare regole da imporre alla società senza più essere in grado di sostenere le ricchezze della identità del popolo». Ritiene che questo rischio sia reale?

Sì, ritengo che questo pericolo esista. Solo che ciò di cui stiamo parlando non è più la politica, ma il suo contrario. La politica, infatti, è da sempre la capacità di individuare il bene comune e di agire per realizzarlo senza sopprimere, ma anzi valorizzando il contributo di tutti, la ricchezza della società. E’ l’arte della sintesi, insomma, non dell’omologazione.



Che cosa avviene quando si «dimentica» quest’arte?

Il rischio che stiamo correndo è il vuoto della politica, la sua sparizione. Una società senza politica è infatti una società senza volto, anonima, indifferente, ossessionata dalle regole e tendenzialmente autoritaria.

Che cosa ne pensa dell’invito rivolto alla politica a «ripartire da un rapporto popolare con la società e con chi nella società non ha smesso di costruire»?

Mi sembra l’unica cosa da fare. Il primo compito della politica è infatti quello di individuare, in ogni circostanza, quali sino le autentiche “forze motrici”, i veri attori del progresso sociale e dare loro tutto lo spazio che meritano.



Ritiene che chi amministra Milano debba essere più attento al territorio e soprattutto ai quartieri periferici?

Certamente, e oggi Milano si è dotata di uno strumento adattissimo a questo scopo, il Piano di governo del territorio (Pgt), con il suo “piano delle regole” e, soprattutto, con il suo “piano dei servizi”, che vuol dire servizi necessari ed a portata di mano, ossia distribuiti sul territorio. Chi oggi minaccia, in caso di vittoria, di revocare il Pgt, minaccia il futuro stesso, equilibrato, della città.

Nella sua esperienza di sindaco di Milano, che cosa l’ha aiutata a tenere presenti quartieri e soggetti sociali, e non soltanto le istanze provenienti dai vertici dei partiti di maggioranza?

La capacità di ascolto. E’ la dote fondamentale di un sindaco, che non può essere solo un buon amministratore, ma deve saper interpretare soprattutto dei sentimenti collettivi.

Nella rappresentanza politica della società, anche al livello degli enti locali, sembra essersi inceppato qualcosa. Che cosa si può fare per sbloccarlo?

Lo ripeto, bisogna aprire la strada al protagonismo che ormai si manifesta in tutte le sfere della vita sociale e produttiva: associazionismo, terzo settore, volontariato, partecipazione diffusa.

Che cosa deve ancora fare la politica milanese al fine di riconoscere, come dice il volantino, «il tessuto di opere e di persone che fanno la ricchezza di Milano»?

La chiave di tutto è la riforma del welfare. Come si dice nel volantino della Compagnia delle Opere, bisogna finanziare sempre di più la domanda ed aprirsi al contributo di nuovi soggetti operativi. In sintesi, meno Stato e più società.

Di recente diversi articoli hanno sottolineato le spese inutili legate ai consigli di zona. Ritiene che vadano aboliti, sostituendoli con realtà diverse, o riformati?

Forse andrebbe valorizzato il loro ruolo di antenne politiche sul territorio, specializzandone l’attività rispetto al ruolo di generici terminali dell’attività amministrativa nel suo complesso.

 

(Pietro Vernizzi)