Mancano solo due giorni alle elezioni amministrative che interesseranno alcune province, migliaia di comuni, ma soprattutto l’elezione dei nuovi sindaci a Milano, Napoli, Torino e Bologna. Proprio quella nel capoluogo lombardo, secondo tutti gli opinionisti, è la “sfida chiave” di questa importantissima tornata elettorale. IlSussidiario.net ha voluto porre a Letizia Moratti e a Giuliano Pisapia alcune domande precise sulla loro visione della politica e della città.  



Pisapia, se le dico Milano a quale via della città pensa immediatamente?

A uno dei luoghi più belli di Milano, o almeno lo era qualche tempo fa e tornerà a esserlo quando governeremo la città: la Darsena.

Quali sono le ragioni alla base della sua scelta di impegnarsi in politica?

Per me la politica è soprattutto servizio. È un insegnamento che ho imparato nella mia famiglia, prima ancora che sui banchi del liceo classico Berchet. Da mio padre Giandomenico, avvocato, ho ereditato l’amore per il diritto e i diritti; da mia madre Margherita, cattolica, l’attenzione per i più deboli. Una politica intesa come impegno volontario – scout, barelliere per la Croce Rossa, tra gli angeli del fango di Firenze, in delegazione nei luoghi più poveri e in quei Paesi dove il diritto e la dignità delle persone sono calpestate – e poi al servizio delle istituzioni in due legislature alla Camera.



Ci può esporre il punto del suo programma a cui non rinuncerebbe mai?

Il rilancio delle periferie anche attraverso la trasformazione dei consigli di zona in Municipalità in grado di dare maggiori servizi. Più asili, più iniziative culturali diffuse e più sicurezza con la presenza costante dei vigili di quartiere in un rapporto solidale con i cittadini.

Come ha raccolto i bisogni, le domande e le speranze dei cittadini?

Tutti i giorni sono stato tra la gente nelle periferie, in centro e ancora nelle periferie. Ricordo che il programma, condiviso da tutta la coalizione, è stato realizzato in un laboratorio, “Officina per la Città”, al quale hanno partecipato oltre mille persone: la città e i bisogni dei cittadini rappresentati nella complessità.



Cosa conta per lei quando prende una decisione?

Immaginare che le conseguenze che ne deriveranno siano utili.
Da dove passa secondo lei il rilancio delle periferie? Ci può fare un esempio concreto?

Come dicevo, quando farò il sindaco i Consigli di zona diventeranno Municipalità, con autonomia finanziaria e gestionale. Attuerò così la Città Metropolitana, per garantire uno sviluppo armonico e sostenibile per tutta la città, centro e periferie.

Nella sua visione della città che ruolo hanno i giovani e che idee ha per loro?

I giovani avranno un ruolo fondamentale. Ci sarà una partecipazione attiva dei nuovi cittadini, giovani e stranieri che a Milano vivono, studiano e lavorano e creano la propria famiglia, attraverso elezioni di rappresentanti con diritto di parola e funzioni di indirizzo per gli organismi deliberativi, anche in funzione di un’autentica educazione.

E gli anziani?

Non posso dimenticarmi anche del problema legato alla solitudine che molti anziani vivono a Milano. Non basta una telefonata a settimana da parte di un operatore sociale o il pranzo consegnato a domicilio (come se gli anziani soli saltassero la cena). Occorre avere un’attenzione particolare per assicurare loro, attraverso una politica di servizi sociali, una vita piena e vitale. Occorre che sentano la vicinanza della città attorno a loro. A partire dall’estensione dei custodi sociali non solo nelle case popolari per facilitare e migliorare l’utilizzo dei servizi per anziani, minori, soggetti deboli in generale.

Quando si parla di welfare occorre considerare diversi ambiti (sociale, sanitario, servizi alla persona, housing sociale…). Come pensa di favorire i nessi tra questi ambiti sia a livello istituzionale che nella società civile?
Il Comune deve riprendere in mano la regia: deve gestire i processi di partecipazione, indicare le priorità, costruire reti, promuovere pensiero sul benessere a Milano, fare politiche. L’organo democratico deve tornare a svolgere con competenza e autorevolezza il suo ruolo, facendo sì che gli interventi sociali, in un contesto di drammatica frammentazione, non siano ridondanti per alcune aree e assenti per altre. Le nuove Municipalità saranno la risposta a questa criticità, avvicinando l’amministrazione ai quartieri e diventando un punto di riferimento effettivo nella programmazione degli interventi. Le fondazioni e il terzo settore devono inoltre essere coinvolti in modo non rituale e burocratico, superando le rigidità degli attuali piani di zona. Il terzo settore, infatti, deve tornare ad essere un partner della progettazione e non solo un fornitore.

Come può la pubblica amministrazione essere invece utile alle imprese nella ricerca di talenti e nello sviluppo del Capitale umano? Come si potrà avvicinare il mondo dei giovani a quello delle aziende?

Serve una vera sinergia tra le università milanesi e le imprese. Nel programma abbiamo pensato all’istituzione di una Conferenza permanente tra comune, università, enti di ricerca per mettere in una relazione costante tutti i soggetti in modo trasparente e permanente.

Il principio di sussidiarietà è stato ormai riconosciuto come principio fondamentale negli ordinamenti degli Stati. È così anche per lei?

Certo che lo è. Ma lo dice la Costituzione, e con grande chiarezza e lungimiranza! Specie dopo la riforma del titolo V. Bisogna intendersi chiaramente: sussidiarietà non significa delegare al privato sociale responsabilità di regia del welfare o, peggio, di gestione di servizi che sono storicamente e oggettivamente di competenza pubblica. Significa creare reti di competenze, mettere in grado l’associazionismo, il mondo della cooperazione sociale, i territori, di partecipare in modo attivo e competente, fornendo proposte, iniziative, servizi, in modo libero e trasparente, senza contropartite di ordine ideologico, senza scambio diseguale.

Quali proposte concrete possono tradurre nella prassi questo principio di libertà?

La rete delle nuove Municipalità sarà il terreno di coltura della sussidiarietà milanese, e vi sarà spazio, ovviamente, per tutti coloro, e sono tanti, che già da tempo hanno messo a disposizione energie, competenze, risorse economiche, per fronteggiare situazioni delicate, complesse, nelle tante aree di fragilità del nostro tessuto cittadino e metropolitano. La sussidiarietà è uno dei principi fondamentali, oserei dire dei meccanismi essenziali, della coesione sociale. A patto, ripeto, che non significhi da parte dell’ente locale, del sindaco per primo, una delega in bianco, un chiamarsi fuori dalle responsabilità di governo del welfare.

Cos’è per lei la sussidiarietà orizzontale?

Gli esempi virtuosi sono quelli delle associazioni di volontariato che si propongono di gestire in modo libero e trasparente specifiche attività destinate a garantire ai propri associati, ma anche ai cittadini tutti una specifica competenza e capacità di ascolto e di soluzione dei problemi. Penso ad esempio al ruolo di consulenza legale gratuita che a Milano svolge da anni la Ledha, la Lega per i diritti delle persone con disabilità. O il ruolo eccezionale delle comunità di accoglienza. Sarà bellissimo poter coniugare la spinta dal basso della società civile, delle associazioni, del volontariato, laico e cattolico, con un rinnovato fervore dell’ente pubblico che può e deve ripartire, con uno spirito nuovo. Il segreto della sussidiarietà orizzontale è dunque nella partecipazione, trasversale e trasparente, in centro e nelle periferie. Il contrario della delega dall’alto, dell’appalto mascherato da contiguità ideologica.

Milano 2015: che tipo di evento ha in mente per Milano?

Penso a un’Expo che rappresenti senza dubbio un’opportunità, anzi che sia propulsore di nuovo sviluppo economico, a patto che si lavori per un’Expo diffusa che coinvolga l’intero territorio. Perché il 2015, anche dopo i 6 mesi di evento, lasci lavoro, intelligenze e spazi pubblici, non il cemento dei privati.

A questo proposito, quali saranno le priorità per l’amministrazione comunale dei prossimi anni?

L’unico vero strumento per affrontare i ritardi accumulati è il superamento della logica litigiosa che ha caratterizzato questi primi 3 anni. Penso alla nomina di un assessore all’Expo o a una figura delegata in modo da tenere i rapporti con la società e facilitare quindi la comunicazione con il Comune.

Quali sono le sue proposte per valorizzare e rilanciare le realtà artistiche e musicali già presenti e operanti in città? Come rendere più fruibile la bellezza a Milano favorendo il legame tra giovani, accademie e cittadini?

La cultura è uno strumento strategico per lo sviluppo e la trasformazione della città. Progetti? Uno su tutti: residenze artistiche e creative. Si tratta di recuperare luoghi pubblici in disuso, creando spazi e servizi condivisi dove artisti e operatori culturali di tutto il mondo possano trovare un punto di incontro, lavoro comune e realizzazione di progetti da presentare al pubblico milanese. Un grande bacino di arte e di cultura a Milano che si presenta in tutta la sua vocazione internazionale. È fondamentale anche rivitalizzare le scuole civiche che sono un fiore all’occhiello del patrimonio del Comune di Milano e che invece oggi sono sottoutilizzate dall’attuale amministrazione.