Mantenere il Pgt approvato dalla giunta Moratti, almeno nelle parti relative agli spazi per artigiani e commercianti. La presenza della Polizia locale sul territorio con funzioni di sicurezza contro la microcriminalità. Una formazione professionale che risponda alle esigenze del mercato, al contrario di quanto hanno fatto in larga parte le scuole civiche negli anni passati. Sono le tre richieste di Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani di Milano, ai due candidati sindaco Letizia Moratti e Giuliano Pisapia. Le proposte di Accornero rispecchiano le esigenze delle 27mila imprese artigiane presenti nel Comune di Milano, che producono l’11% del Pil cittadino.



Pisapia ha già annunciato di voler modificare o abolire il Pgt della Moratti. Lei che cosa ne pensa?

Da almeno 20 anni le attività artigiane stanno lasciando Milano a causa del caro-affitti, della congestione del traffico e degli spazi angusti e spesso insalubri. Sono sempre di più le imprese che per svolgere la loro professione in un ambito adeguato, sono dovute «emigrare», impoverendo Milano di servizi e di possibilità d’occupazione e aumentando il pendolarismo che intasa le tangenziali. Occorre quindi trovare le modalità per favorire l’insediamento di aziende artigiane nel tessuto cittadino milanese. Il Pgt dell’assessore Carlo Masseroli va in questa direzione, escludendo per esempio dal conteggio della volumetria gli spazi dedicati alle attività artigiane. Ci auguriamo quindi che il Pgt approvato di recente sia depositato al più presto, e che se anche dovesse vincere Pisapia, il Piano elaborato negli ultimi quattro anni sia salvaguardato.



Che cosa accadrebbe se invece Pisapia decidesse di bloccare il Pgt?

Sarebbe un danno per l’intero comparto dell’edilizia, che assorbe quasi 8mila imprese, cioè un terzo di quelle attive a Milano. Il Pgt è anche un modo per rilanciare l’attività edile all’interno della città. E questo non significa cementificare bensì ristrutturare, recuperare immobili fatiscenti, far ripartire il settore arricchendo anche la città.

Nel suo programma, Pisapia afferma che occorre «ridefinire i compiti della Polizia locale sgravandola da tutti i compiti di pubblica sicurezza attribuiti in questi anni». Condivide questa impostazione?



Quella di Pisapia sembra più che altro una captatio benevolentiae nei confronti dei vigili urbani, che sicuramente non sono molto favorevoli a svolgere le mansioni più ardue. L’Unione artigiani al contrario è favorevole a una maggiore presenza e visibilità dei vigili sul territorio. Questo non vuol dire militarizzare la città. Il semplice fatto che un agente giri per i bar del quartiere, parli con le persone e raccolga informazioni aiuta a contrastare il crimine e soprattutto la microcriminalità. Artigiani e commercianti vedono con conforto la presenza di una divisa per strada. E spesso la Polizia locale entrando in confidenza con i piccoli imprenditori può dare loro l’opportunità di segnalare estorsioni, ricatti e malversazioni. Ma quello che conta è innanzitutto dissuadere dal commettere i reati, perché una volta compiuto il furto o la rapina quasi mai il colpevole è arrestato e il maltolto restituito.

 

C’è qualche categoria che è più a rischio di altre?

 

I 5mila tassisti sono particolarmente presi di mira dalla microcriminalità. E quindi vedono con particolare favore una maggior presenza dei vigili per le strade, non solo per sbrogliare la matassa del traffico, ma anche perché in zone come la stazione centrale, Garibaldi, gli aeroporti e i principali ospedali il tassista è particolarmente a rischio nello svolgimento della sua attività.

 

Quali sono le vostre proposte per quanto riguarda la formazione?

 

L’artigianato soffre di una crisi endemica di ricambio generazionale. Non abbiamo abbastanza giovani che si avvicinano ai mestieri artigiani, e chiediamo quindi al Comune un maggiore sostegno. Palazzo Marino gestisce diverse scuole elementari e medie dove è possibile offrire agli alunni informazioni e orientamento. Dall’altra il Comune destina diversi milioni di euro alla formazione professionale attraverso le scuole civiche. Molte di queste risorse però non sono efficaci, perché non creano persone qualificate quando escono dalle scuole. Occorre quindi riorientare le risorse che il Comune dedica alla formazione professionale attraverso settori e percorsi più vicini al mercato del lavoro, in modo tale che il giovane che esce da queste scuole trovi più facilmente un’occupazione.

 

E in che modo è possibile farlo?

Nulla vieterebbe al Comune di chiudere tutte o in parte le sue scuole civiche e utilizzare quelle risorse per far svolgere i corsi ai Centri di formazione professionale (Cfp): questo sarebbe permesso dalla legge e consentirebbe di organizzare molti più corsi impiegando le stesse risorse. I Cfp infatti sono molto più efficienti della macchina comunale. Ma anche scegliendo una soluzione di compromesso, è possibile riorganizzare i corsi di formazione del Comune. Sappiamo infatti che per un pianista o un artista è più difficile trovare lavoro rispetto a un idraulico o un elettricista.

 

Nel suo programma Pisapia ha affermato che «il Comune deve riprendere in mano la regia» di queste attività…

 

Questa tesi di Pisapia francamente mi preoccupa. Questa centralizzazione porta infatti a una programmazione dall’alto, con corsi che danno lavoro ai docenti, ma non agli studenti una volta finito il corso. Invece occorre organizzare dal basso,dopo avere sentito la società civile e interrogato il mercato. Altrimenti lo spreco è doppio: da una parte il costo del corso per il Comune, dall’altra il ragazzo che perde gli anni migliori della sua vita per seguire un corso che non gli serve a nulla.

 

Nel frattempo la Moratti ha annunciato l’abolizione dell’Ecopass per i residenti …

 

Siamo favorevoli all’eliminazione di Ecopass per i residenti, ma è ancora più importante tenere conto del fatto che per molti artigiani che vengono da fuori Milano, come idraulici, elettricisti, muratori, il furgone è uno strumento di lavoro indispensabile. La priorità quindi è esentare queste categorie di persone, che non hanno una reale alternativa tra mezzo privato e mezzo pubblico.

 

(Pietro Vernizzi)