Gentilissimo direttore,

Sono Carlo, uno studente universitario, e vorrei rispondere all’invito che la professoressa Roberta De Monticelli, con grande spirito materno, ha rivolto ieri su il Fatto Quotidiano, a una ragazza che domenica faceva campagna elettorale fuori da una chiesa milanese. L’invito pressappoco suonava così: svegliati perché «chi ti ha mandato lì» ha calpestato la tua libertà, il bene più grande della giovinezza.



Tra gli studenti che domenica si sono affollati sui sagrati delle chiese c’ero anche io, e con questa lettera, vorrei dire alla professoressa De Monticelli che la mia è tutta un’altra esperienza.

Inizio col dirle che nessuno «mi ha mandato» in questi giorni a fare campagna elettorale, ci sono andato di mia spontanea volontà, assieme ai miei amici, tutti consenzienti. Com’è possibile?



Nella Sua lettera parla del Grande Inquisitore e della libertà, la stessa che il personaggio dostoevskiano non contempla nel suo cristianesimo morto e sepolto. Ecco professoressa, proprio qui sta il punto: «chi mi ha mandato»? Che cosa mi ha spinto a fare campagna elettorale in queste settimane? Per me è stato l’incontro con un cristianesimo vivo che mi ha fatto appassionare a tutti gli aspetti della vita.  

È così da quando ho incontrato una professoressa al liceo, che mi colpiva per com’era interessata a tutto. Stando con lei ho iniziato a cambiare, e poco a poco tutto ha iniziato ad appassionarmi: lo studio, la scuola, la famiglia, i compagni, la politica, e oggi l’università.  



Storicamente è stato l’incontro cristiano che mi ha fatto appassionare alla politica e mi ha spinto in questi giorni ad essere in prima linea nella campagna elettorale, gratuitamente, e nel pieno della sessione d’esame.

Per prima cosa con i miei amici ho iniziato a capire come stavano le cose: i contenuti dei programmi elettorali dei vari candidati, quello che in questi anni è stato fatto a Milano e quello che si vorrà fare, i nostri bisogni e quelli dei nostri concittadini. Abbiamo messo le “mani in pasta” e siamo scesi in campo.

Nella scelta del candidato da sostenere non ci siamo mossi seguendo degli slogans, ma cercando di capire, contenuti alla mano, chi favorisse una politica al servizio del bene comune. Abbiamo individuato nel principio di sussidiarietà la cartina al tornasole di una politica realmente tale, e nella nostra esperienza i dati a cui guardare.

Ad esempio il centro di aiuto allo studio di Portofranco, nel quale faccio volontariato, e grazie al quale moltissimi studenti, di diverse nazionalità e religioni, ogni giorno usufruiscono gratuitamente di ripetizioni scolastiche, è un esempio di iniziativa nata dalla creatività di alcuni e che, grazie al sostegno di molti, tra i quali il Comune di Milano, è diventata utile per tutti. Quando penso alla sussidiarietà, ho in mente esempi di questo tipo.

Siamo andati nei mercati, nelle principali vie della città, nelle piazze e sui sagrati delle chiese per fare campagna elettorale. Moltissime delle persone che abbiamo incontrato hanno detto di essere sfiduciate e scettiche sull’avvenire.

Abbiamo dialogato con tante persone; molti ci hanno spiegato quello che non va nel quartiere in cui abitano, nel palazzo in cui vivono o al lavoro. Per cercare di rispondere ad alcuni problemi abbiamo cercato di mettere in piedi un servizio di “pronta assistenza”, con il quale abbiamo raccolto tutte le segnalazioni. Una signora senza lavoro che ci ha contattato, ha detto: «sono vent’anni che non vado a votare perché ho perso la fiducia, ma stavolta mi sa che torno». In forza di un incontro, in lei e in molti altri la fiducia è rinata.

Grazie alla campagna elettorale mi sono accorto della portata che il cristianesimo autenticamente vissuto può avere nella vita: ti fa appassionare di tutti e di tutto, e può portare la speranza laddove manca da anni.

Quindi professoressa, la ringrazio del consiglio, ma le dico che io sono sveglissimo, che la mia libertà non è stata schiacciata, e non ho regalato la mia giovinezza: è quello che mi spinge a volantinare in questi giorni che la mantiene viva.

(Carlo, studente universitario)