«In Italia il social housing è circondato da un generalizzato consenso, anche se ancora troppo spesso persistono equivoci e fraintendimenti», spiega a IlSussidiario.net l’ad di Beni Stabili, Aldo Mazzocco, illustrando lo stato dell’arte in Italia di un settore per certi versi ancora misterioso a molti. «Il più delle volte infatti si confonde il “social housing” con l’“edilizia popolare” o con il “Piano casa”. Forse sarebbe utile cambiargli nome, scegliendo magari il concetto di “edilizia residenziale di mobilità”. La domanda a cui occorre dare una risposta è infatti il bisogno di un’accessibilità conveniente, ma soprattutto semplice, a un’edilizia di buona qualità in locazione. Il contesto odierno, come tutti sanno, è infatti caratterizzato dalla precarietà del mondo del lavoro e da una mobilità mai vista prima. È però evidente che se vogliamo fare qualcosa davanti a questa precarietà, non potremo certo adattare il mercato del lavoro a quello delle case, semmai potremo fare il contrario».
Chiarito che stiamo parlando di case che non sono destinate alle fasce più bisognose, ma a chi ha un problema abitativo, o di mobilità, pur non rientrando in queste categorie, che tipo di confusione si crea con il Piano casa?
Il “Piano casa” è sostanzialmente un dispositivo di liberalizzazione parziale dell’ampliamento di residenza privata. Il social housing, invece, è un piano più strutturato, per la costituzione di fondi regionali, co-finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti fino al 40%. La confusione a volte può convenire a chi vorrebbe usare il social housing impropriamente per far fronte alla crisi del mercato residenziale. La serietà degli attori in gioco e soprattutto la presenza di organi di controllo svela però subito l’inganno.
l social housing interesserà comunque sempre e soltanto i grandi centri?
Più che la dimensione del Comune conta la loro “mobilità abitativa”. Le città che ospitano policlinici, politecnici, università o enti che per loro natura generano elevata mobilità delle persone, avranno una forte domanda di social housing. Ed è in quei luoghi che si potranno costruire condomini e abitazioni prestando molta attenzione a ottenere mix abitativi equilibrati.
In Italia ci sono già esperienze di successo?
La Cassa Depositi e Prestiti ha dimostrato una buona lucidità come co-finanziatore di minoranza in tutti i progetti regionali. In alcune regioni poi iniziano a nascere strumenti operativi funzionanti: il Fondo veneto casa, istituito e gestito dalla nostra Sgr, è già operativo da qualche mese. Come Gruppo Beni Stabili, non siamo attivi come la SIIQ mentre la nostra Sgr è stata la prima in Italia ad aggiudicarsi la gestione di uno dei fondi regionali (Veneto Casa).Fin da subito ci siamo rivolti alle esperienze di successo nella gestione soprattutto in Lombardia, o che fanno riferimento al mondo cooperativo. Il problema non è infatti costruire, ma gestire in maniera virtuosa per 30 anni queste strutture in concessione mantenendo in buone condizioni gli immobili e la qualità di vita.
Il 4 maggio a Milano verrà inaugurato il centro Pompeo Leoni. Uno dei primi casi di successo interessanti?
Certamente. In Italia spesso il limite è nella capacità di mantenere una buona gestione a lungo termine; il merito del soggetto coinvolto nella gestione di questo progetto è, a mio parere, nel pregio di un respiro solidaristico e liberistico allo stesso tempo, che produce una buona gestione. Pompeo Leoni dimostra che è proprio attraverso questo tipo di gestione virtuosa che il social housing può decollare sui grandi numeri.
Qual è la responsabilità del pubblico su questo tema? Senza lungimiranza e sussidiarietà sarà sempre tutto più complicato?
Assolutamente sì. Per prima cosa bisogna reperire le aree e se queste non sono quasi a costo
zero l’equilibrio economico già non sussiste. Poi serve, ripeto, un forte impegno sulla gestione. Se manca una politica lungimirante diventa tutto più difficile. Regione Lombardia e Comune di Milano mi sembrano bene orientati in questo senso. D’altra parte, se in questo Paese non si smette di inaugurare cose che hanno un arco di vita di pochi anni e che generano spreco e mala gestione sarà sempre più difficile trovare una risposta privata ai problemi del Paese.
(Carlo Melato)