Chi percorre via Albricci, prima di alzare lo sguardo sulla cupola della chiesa di S. Alessandro, si imbatte nei resti di un abside dai tratti indiscutibilmente lombardi: si tratta di ciò che è rimasto dell’antica basilica di San Giovanni in Conca. Spesso si sente dire che la distruzione dell’edificio è stata compiuta nel Ventennio nel quadro della sistemazione viabilistica della zona. La verità è però un’altra, e più complessa.
La costruzione di San Giovanni in Conca risale per alcuni studiosi all’epoca paleocristiana, per altri a quella altomedievale. Rifatta nel XI secolo, distrutta da Federico Barbarossa nel 1162, riedificata nel XIII secolo, diventa cappella gentilizia di Bernabò Visconti che la abbellisce di affreschi, la ingloba nella sua dimora signorile e nel 1384 la rende mausoleo per la moglie Regina Beatrice della Scala; l’anno seguente anch’egli vi sarà sepolto.
Le due tombe sono visibili, insieme ad altri reperti di epoca anteriore provenienti dalla basilica, al Museo di Arte Antica del Castello Sforzesco, mentre il mosaico pavimentale risalente al III secolo, raro in area milanese, è conservato al Museo Archeologico di corso Magenta.
Francesco II Sforza nel 1531 dona la basilica ai Carmelitani, che ne fanno il fulcro della loro vita religiosa e la dotano di un alto campanile, usato nell’Ottocento come osservatorio astronomico. Con l’avvento del progetto di accentramento statalista di Giuseppe II la chiesa viene sconsacrata, in modo simile ad altre aree milanesi di proprietà ecclesiastica. Le truppe francesi hanno buon gioco ad adibirla a magazzino.
Nel 1877 il Comune, per adeguare la viabilità all’espansione di Milano, sacrifica gran parte del corpo della chiesa, riducendola all’abside e alla facciata. Quest’ultima, rimaneggiata in stile neogotico, viene venduta alla comunità valdese, che la usa per la sua nuova chiesa in via Francesco Sforza. Dal 1948 infine hanno luogo i lavori della definitiva demolizione.
Chi voglia scendere i pochi gradini che tra un poco di verde stretto tra le rotaie dei tram immettono nella cripta, si trova in un luogo insolito a Milano: lo spazio con volte a crociera, sorretto da 18 piccole colonne non è solo interessante perché, risalente al IV secolo, è uno dei pochi esempi conservati di epoca così antica. La luce velata permette al visitatore di apprezzare i reperti in marmo e in calcare, la varietà cromatica delle colonnine, i capitelli che hanno attraversato 1700 anni di una storia così travagliata come è quella dell’intero edificio.
Strana cosa, ma visibile, grazie ai volontari del Touring Club Italiano, quasi tutti i giorni della settimana. E attraverso gli occhi può nascere un pensiero: ciò che è stato costruito a livello del suolo nel corso dei secoli ha avuto alterne vicende, fino a sparire quasi completamente. Ciò che è stato scavato nel sottosuolo rimane e stupisce con il ritmo pacificante della sua povertà.