Il social housing a Milano è realtà. Oggi, infatti, in zona Ripamonti, verrà inaugurato il centro Pompeo Leoni che già ospita giovani famiglie e studenti. Ricavato da un’area industriale dismessa con un investimento complessivo di 12 milioni di euro questo progetto costituisce un caso di successo, un esempio per le istituzioni e per gli operatori del settore.
Ilsussidiario.net ha raccolto l’esperienza di due ragazzi che da qualche tempo risiedono all’interno di queste abitazioni: Carlo e Francesco. Il primo studente universitario, il secondo, giovane lavoratore da poco sposato. «Mi sono sposato a settembre dell’anno scorso – ci racconta Francesco -. Appena ho iniziato a cercare casa, mi sono trovato in difficoltà davanti ai prezzi degli affitti. Sia io che mia moglie infatti lavoriamo, non da molto, in una scuola». E così Francesco sparge la voce: «Ho chiesto aiuto tra gli amici e i colleghi di lavoro e così ho saputo che La Ringhiera aveva costruito questi appartamenti destinati anche alle famiglie. Ci siamo iscritti al bando e, dato che rispettavamo tutti i requisiti richiesti, abbiamo ricevuto una risposta positiva».
Anche Carlo ha conosciuto il progetto Pompeo Leoni dagli amici di corso: «Non sono di Milano e così durante l’Università ho fatto il pendolare. Ho conosciuto però dei compagni di corso che condividevano l’appartamento con altri studenti ed erano soci della cooperativa La Ringhiera. Un’esperienza controcorrente, comunitaria, infatti la maggior parte degli studenti spesso cerca una camera singola al minor costo possibile. Ho fatto anch’io questa scelta e così ho imparato a conoscere i miei coinquilini vivendoci insieme, condividendo i compiti, le spese e lo studio».
Anche a giudicare dalla posizione all’interno della città, dai collegamenti e dalla qualità degli appartamenti sembra proprio di vedere una situazione ideale per affrontare lo studio o il lavoro in una città come Milano. «Io e mia moglie – racconta Francesco – avevamo l’esigenza di un appartamento servito dai mezzi pubblici perché non usiamo l’automobile. Lo cercavamo anche di una metratura adeguata e possibilmente già arredato. Devo dire che siamo stati molto fortunati». Ci conferma anche Carlo: «Una volta entrato ho trovato una casa nuova, “pronta per l’uso”. Un incentivo a vivere nel rispetto di ciò che si possiede. Facciamo di tutto infatti per mantenerla bene e addirittura migliorarla».
La particolarità del Pompeo Leoni è poi il suo mix abitativo virtuoso che cerca di non creare ghetti , ad esempio di soli studenti. «Nell’ultimo periodo abbiamo avuto modo di conoscere i nostri vicini e stiamo instaurando degli ottimi rapporti», dice Francesco. «In passato – ci racconta Carlo – ho avuto a che fare con vicini molto sospettosi nei confronti degli studenti. Da questo punto di vista l’esperienza è stata magnifica, con una possibilità di convivenza e condivisione che non è assolutamente un tentativo di fuga o di sfogo nei confronti delle convenzioni sociali».
Ma il Pompeo Leoni, e in generale il social housing, è un’esperienza vissuta comunque come provvisoria o ha una prospettiva di stabilità? «Una domanda da un milione di dollari – risponde Francesco -. Nel mio caso dipenderà da molte cose: dal lavoro, dallo stipendio. Poi bisognerà vedere se la famiglia si allargherà… Certo, il sogno di acquistare questo appartamento me lo tengo stretto». Della stessa opinione Carlo: «Finché frequenterò l’Università questa esperienza andrà avanti sicuramente. Poi si vedrà. Certo, se ci fosse la possibilità di rimanere…».
(Claudio Perlini)