I milanesi promuovono il referendum su Ecopass, ma quando dovranno mettere mano al portafogli inizieranno le difficoltà. Il quesito approvato con il 79% dei sì chiedeva di «ridurre traffico e smog attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di “ecopass” e la pedonalizzazione del centro». Lanfranco Senn, presidente di Metropolitana Milanese Spa e uno dei saggi su Ecopass della giunta Moratti, sottolinea le contraddizioni di un voto il cui valore è solo consultivo, ma la cui applicazione ora rappresenta una sfida tutt’altro che facile per il nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Anche perché il quesito referendario non fornisce alcuna indicazione pratica a chi è chiamato ad amministrare la città.



Professor Senn, credevo che lei fosse un sostenitore dell’allargamento di Ecopass…

E infatti lo sono. Ma il problema di questo referendum è che era inutile la modalità in cui era posto. Lo strumento del referendum dovrebbe essere pensato meglio, non si possono fare domande la cui risposta è ovvia.

In che senso?



Così posta la domanda non poteva che avere una risposta plebiscitaria. Nessuno di noi, se gli si chiede: «Vuoi che migliori la qualità della vita nella tua città?», risponderebbe «No grazie». In questo senso era scontato che, se si fosse raggiunto il quorum, la maggior parte dei milanesi avrebbe risposto positivamente. Anche perché il quesito sull’Ecopass non poneva delle alternative su cui esprimersi. In questo senso io credo che può cambiare tutto o può non cambiare nulla, ma non dipende dal referendum. La nuova giunta prende questo risultato, prende atto dell’interesse della gente a migliorare la città dal punto di vista della circolazione e dell’inquinamento, e poi farà quello che vorrà e potrà. Credo infatti che le difficoltà di attuazione di un allargamento dell’Ecopass siano significative. Quello che comunque conta in questo momento è la volontà politica dell’applicazione: la sfida che la giunta riceve è questa.



Quali sono le difficoltà politiche per un effettivo allargamento dell’Ecopass?

Un conto è affermare: «Sono favorevole a estendere Ecopass come strumento di controllo ambientale». Ma quando questo ti tocca nel tuo portafogli, le cose cambiano in modo drastico. Molti cittadini separano la teoria dalla realtà. Tutti dicono: «Vogliamo un ambiente più sano». Ma poi intendono continuare a usare la loro automobile, a parcheggiarla sottocasa e a tagliare gli alberi che danno fastidio, anche se pubblicamente diciamo tutti che gli alberi non si toccano. Cioè c’è una specie di contrapposizione tra interesse pubblico e privato. Questa conflittualità si manifesta solo nel momento in cui si tratta di prendere decisioni operative, e non finché ci si limita a dichiarazioni generali. L’esito dei referendum dipende in larga parte da come sono formulate le domande, e i problemi concreti si misurano immediatamente dopo.

 

A che cosa si riferisce nello specifico?

 

Alla mia esperienza di presidente di Metropolitana Milanese Spa. Basta aprire un cantiere per scatenare le proteste dei residenti, per il rumore, le difficoltà a muoversi e gli altri disagi. Non possiamo però immaginare di realizzare i lavori con la bacchetta magica. I risultati si ottengono affrontando le difficoltà, con delle scelte concrete e anche con dei sacrifici magari limitati nel tempo, ma che generano poi benefici nel lungo periodo. Se non si è disposti ad assumere questa doppia prospettiva, è inevitabile che ci siano i consensi plebiscitari su proposte generiche. Ma quando si passa alle scelte concrete e che riguardano il cortile di casa mia, è tutta un’altra cosa.

 

In concreto come sarebbe possibile allargare Ecopass?

La qualità dei veicoli che circolano a Milano è drasticamente migliorato grazie all’introduzione di Ecopass. La gente ha acquistato sempre più veicoli Euro 3, Euro 4 ed Euro 5, migliorando le performance ambientali dei motori. Ma non ha risolto il problema del sollevamento delle polveri sottili, legata al numero di veicoli che viaggiano in città. La commissione dei saggi della giunta Moratti aveva quindi sottoscritto un parere in cui si affermava che occorre ridurre i veicoli in circolazione. La prospettiva era quindi quella di abolire le distinzioni tra Euro 2 ed Euro 5. Facendo pagare Ecopass a tutti i veicoli, con l’unica eccezione di quelli pubblici e di quelli elettrici.

 

Ma ora i confini dell’area Ecopass saranno allargati?

 

Non credo che in questa fase sia opportuno farlo, perché sarebbero necessarie più telecamere e soprattutto un software diverso per gestire le informazioni e i controlli. E i costi in questo caso lieviterebbero diventando proibitivi. La mia proposta è invece di semplificare il modo di applicare le tariffe, diversificando le modalità di riscossione. La gente deve poter pagare facilmente, altrimenti l’estensione genera più reazioni che consenso.

 

Il referendum prevede anche espressamente la «pedonalizzazione del centro». Lei che cosa ne pensa?

 

Sulla pedonalizzazione del centro ci sono degli interessi in parte fittizi e in parte reali da parte di alcune categorie. La pedonalizzazione totale comunque è inapplicabile: non si può immaginare che chi vive o ha un negozio in centro non ci possa arrivare con la macchina. Quindi questo vuol dire che le eccezioni si devono fare sempre, la pedonalizzazione totale non esiste. Il problema quindi è quale sia il livello delle deroghe che si possono accettare. Se le eccezioni sono frutto di molteplici casi individuali diventano la regola. Al contrario, bisogna calcolare i costi sulla qualità della vita per chi non può usare l’auto, come il negoziante, l’artigiano, la persona anziana, la mamma col bambino, e valutare se sono superiori o inferiori ai benefici.

 

(Pietro Vernizzi)