«Un’occasione per permettere al sistema immobiliare di riprendere coscienza del suo ruolo d’eccellenza nel sistema produttivo del Paese, levandosi di dosso gli stereotipi con cui alcuni grandi quotidiani continuano a classificarci». Riccardo Delli Santi, responsabile Rapporti istituzionali dello studio legale Nctm, leader in Italia nel settore del diritto immobiliare, definisce così gli Stati generali del Real Estate che si terranno a Milano a partire dal 7 giugno. Per tre giorni, si svolgerà un grande convegno dal titolo «Che cos’è il Real Estate in Italia?», un summit nazionale dedicato alle molteplici sfaccettature dell’immobiliare italiano, per una presa di coscienza che coinvolge tutti i protagonisti del settore, allo scopo di definire i compiti del Real Estate.



Delli Santi, perché è così importante questa nuova «presa di coscienza»?

È determinante che il settore immobiliare cominci a prendere coscienza di che cosa è, levandosi di torno questa patina da comitato d’affari che continuiamo a vedere su tutti i media. I grandi quotidiani continuano a mettere gli immobiliaristi nella «lista dei cattivi». È importante quindi che gli Stati generali facciano qualcosa per rispondere a questi stereotipi. Quello immobiliare è un sistema nel quale operano moltissime eccellenze e che produce il 12% del Pil, e che non è composto da speculatori, abusivisti o maghi dei derivati.



Da dove nascono gli stereotipi negativi di cui parla?

Negli anni che hanno preceduto l’avvento dell’euro il mercato immobiliare era effettivamente poco trasparente. C’erano quindi alcune figure che facevano quello che non avrebbero dovuto, e lo abbiamo letto sui giornali nei primi anni ’90. Successivamente abbiamo avuto due fenomeni particolarmente rilevanti che hanno messo in pessima luce il mondo immobiliare. In primo luogo, la crisi economica mondiale causata dall’abuso dei titoli immobiliari, i famosi subprime. Il problema non nasceva però dai costruttori di case, ma da chi ha sviluppato gli immobili e ha creato dei prodotti finanziari senza solide basi. La responsabilità non è quindi del sistema immobiliare, ma dell’abuso del sistema finanziario internazionale che ha ben poco a che spartire con il mondo dei costruttori.



Ma il problema affonda le radici anche nel nostro Paese?

Sì, infatti noi siamo il Paese degli abusi e dei condoni, e questo non ha certo giovato all’immagine degli immobiliaristi. Il terzo elemento è che in molti si sono approfittati di una norma come quella sui fondi, utilizzandoli come degli strumenti di mera ottimizzazione fiscale. La nomea di furbetti però non corrisponde alla realtà degli immobiliaristi italiani. Il sistema immobiliare infatti è composto da persone che operano con grande fatica all’interno di un quadro normativo in continua evoluzione, e spesso dominato da una logica punitiva, che non si pone il problema di come guidare lo sviluppo.

In che modo è possibile fare di Expo 2015 un’opportunità per il sistema immobiliare, e non invece per la costruzione indiscriminata?

L’Expo è una manifestazione finalizzata a un determinato evento. Non esiste quindi il rischio che porti a costruire in modo indiscriminato nell’intera città. Quello che si può fare per l’Expo, se il sistema dell’industria immobiliare prendesse coscienza di che cosa significa essere sistema, è creare delle proposte operative. Di recente è stata creata la società pubblica che assumerà l’incarico della trasformazione. Ma questo è già previsto dalle norme vigenti, che affida questo compito alle società di trasformazione urbana. Il nostro sistema immobiliare non è stato capace di proporre delle soluzioni, probabilmente anche perché ai politici non interessavano delle proposte da parte nostra. Quindi trovo che l’Expo sia una grandissima occasione per verificare se, come credo, questo sistema esiste ed è capace di fornire delle soluzioni innovative. Cioè risposte, progetti e studi di fattibilità che il sistema immobiliare è in condizioni di dare.

Lei interverrà sul tema «le professioni e il real estate». Quali sono queste professioni?

Il real estate è un insieme di filiere composte da società di gestione del risparmio, property company, società di facility e developer. A esse si affianca un grande numero di validi professionisti che operano in questo settore, dai progettisti ai consulenti, dalle multinazionali della consulenza al singolo professore che collabora con le imprese. Inoltre ci sono gli avvocati: io per esempio sono presidente di una neo-associazione, Agidi, Associazione dei giuristi del diritto immobiliare. Il nostro obiettivo è mettere insieme tutti quelli che si riconoscono nel mondo del diritto immobiliare. Per esempio le società di ingegneria, gli intermediari, i broker e gli agenti immobiliari, oltre agli amministratori di condominio. Insomma c’è un mondo delle professioni immobiliari che è enorme. Molte di queste figure sono rappresentate da associazioni, che hanno un ruolo importante per incarnare gli interessi della loro categoria.

Queste associazioni possono favorire lo sviluppo dell’intero sistema economico?

Le associazioni devono far parte di questo sistema e aiutarlo a crescere, facendo anche un’opera di formazione e informazione. Queste realtà inoltre, che gli Stati generali del Real Estate vogliono rappresentare, devono unire le forze per fare pressione sul nostro legislatore affinché le norme siano sempre corrette, giuste e competitive. Perché se non diamo competitività al nostro Paese non riusciremo ad attrarre capitali immobiliari, che servono per fare le grandi e le piccole opere. L’intero settore immobiliare deve essere considerato come un’infrastruttura per il Paese, che porta a vivere una qualità della vita migliore. Deve essere questo il nostro parametro, e non gli standard urbanistici, soprattutto in un Paese come l’Italia dove la prima risorsa è la bellezza. Dobbiamo quindi garantire questa qualità della vita per attrarre il maggior numero possibile di investitori.

(Pietro Vernizzi)

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