Oggi si conclude Eire – Expo Italia Real Estate, la grande Fiera del Real Estate italiano. Tre giorni dedicati all’universo del mercato immobiliare del nostro Paese di cui, contestualmente all’evento, si sono tenuti gli Stati Generali. Vi ha preso parte la galassia dei protagonisti del settore – costruttori, gestori di alberghi, banche finanziatrici, agenti di vendita ecc… – con convegni, esposizioni, dibattiti e momenti di apprendimento. Tra i grandi protagonisti di quest’anno, il social housing. Abbiamo approfondito il tema con Angela Airoldi, relatrice del convegno “Nel mezzo del cammin …”: il social housing, a che punto siamo?”, in cui sono stati presentati, tra le altre cose, gli obiettivi del monitoraggio permanente del settore.



Perché Eire ha ritenuto opportuno avviare una riflessione sul social housing?

GeFi (Gestione Fiere, ente promotore dell’evento ndr.)  attraverso Eire, ha visto nel social housing una possibile soluzione all’accentuarsi dell’emergenza abitativa causata dalla crisi in corso. Un’emergenza che interessa una fascia di domanda diversa da quella a cui si stanno rivolgendo i grossi progetti di riqualificazione urbana.



Di chi si tratta?

Si tratta di quella fascia di popolazione, (la cosiddetta “fascia grigia”, quel ceto medio che non è più tanto medio) che non rientra nel fabbisogno abitativo e non ha diritto alla case popolari, ma non ha un reddito tale da poter accedere – né per l’affitto, né per l’acquisto – al mercato diretto.  

Qualche esempio?

Rientrano in tali fasce gli appartenenti alla “rent generation”(sette milioni di giovani, tra i 18 e i 34 anni, che vivono nella famiglia di origine); quel 68 per cento di giovani che ha più di 25 anni e vive in famiglia; gli studenti; i lavoratori temporanei. Ad esempio quei docenti scolastici che, per un anno, insegnano in una sede a 70 chilometri di distanza dalla propria residenza; le giovani coppie con un reddito incerto, o con contratti a tempo determinato che non hanno i genitori che possano aiutarle. Categorie accumunate dal non riuscire ad acquistare una casa perché costa troppo, ad accedere ad un mutuo, o ad affrontare le spese per un’abitazione in affitto. E da un reddito che si aggira attorno ai mille euro al mese.




Di quanto è calmierato l’affitto di un’abitazione in social housing?

Il canone di locazione è l’ultima cosa decisa. Tra tutti i progetti che abbiamo monitorato, l’informazione l’abbiamo avuta solo da 16. In media, in ogni caso, si arriva intorno ai 460 euro al mese per 70 metri quadrati. Dipende, tuttavia, dalla zona, dalla metratura, dai servizi offerti e dal fatto che l’abitazione sia arredata o meno. L’affitto viene stabilito con un principio di equità sociale che risponda ad un fabbisogno. Deve, comunque, coprire i costi.

Il costo, invece,  dell’acquisto di una casa?

Il social housing, di norma, riguarda solo l’affitto ed, eventualmente, l’affitto con un patto di futura vendita in cui l’erogazione dei primi anni di canone diventi una sorta di anticipo sull’acquisizione. Sulla questione è in corso un dibattito. Anche per questo abbiamo voluto  fornire una definizione di social housing. In modo da togliere, nei limiti del possibile, i dubbi circa i criteri in base ai quali una casa rientri o meno in tale tipologia abitativa.

Ovvero?

Sono considerate tali tutte le iniziative di sviluppo urbano che: sono realizzate con fondi prevalentemente privati in cui sono comprese quote di alloggi (in canone non di mercato o con patto di futura vendita) destinati a segmenti di domanda debole;  sono realizzate anche con fondi pubblici con quota superiore al 50% con parte degli alloggi destinati alla locazione a canone moderato, ovvero a famiglie che vivono in condizioni socio-economiche al di sopra della fascia del canone sociale, ma comunque non sufficienti per poter sostenere un canone a valori di mercato o che possiedono i requisiti per poter permanere in una casa pubblica; realizzano abitazioni in affitto a canone concordato, ovvero stabilito da accordi tra le organizzazioni della Proprietà e dell’Inquilinato con i quali sono definiti i «contratti-tipo» introdotti dalla nuova legge di riforma delle locazioni n. 431/98 (art. 2 comma 3).

Come si fa ad accedere al social housing?

Dipende da chi è il soggetto gestore. Spesso le cooperative realizzano dei bandi, definendo le caratteristiche per potervi accedere. In genere, attualmente, si viene  a conoscenza di tali possibilità attraverso il passaparola. Uno dei problemi di queste realtà è che sono poco conosciute.

Quali altre criticità avete riscontrato?

Le criticità principali sono legate al reperimento di aree a titolo gratuito o a prezzi contenuti. Il surplus di spesa nella costruzione, infatti, dipende ormai quasi esclusivamente dall’area sulla quale si edifica. Altro grosso problema, i tempi procedurali e burocratici. In media, si arriva alla conclusione dell’iter in 29 mesi. I soggetti privati sono meno propensi ad impegnarsi nell’housing sociale. Ci si sta iniziando a rendere conto, tuttavia, che continuare a costruire residenze da 9-10 mila euro al metro quadro non potrà più garantire ragionevoli profitti.  Non c’è più, infatti, una domanda relativa ad abitazioni di questo tipo. Sarà necessario andare incontro ad altri segmenti di domanda. 

Perché monitorare costantemente il social housing?

Perché, anzitutto, è necessario fare chiarezza. Capire cosa stia accadendo in Italia in questo sempre più importante settore del mercato, a partire dall’aggiornamento di quei progetti presentati, l’anno scorso, nella prima sessione di Eire dedicata all’housing sociale. Volevamo ampliare il quadro, per comprendere i meccanismi con i quali queste operazioni vengono realizzate. In molti, ad esempio, fanno social housing senza saperlo, e viceversa molti credono di farlo ma, magari, fanno edilizia convenzionata destinata alla vendita.

Che quadro ne è emerso?

Un quadro non ancora esaustivo, in costante aggiornamento. Nel nostro database siamo riusciti a raccogliere, complessivamente,  181 schede:  51 progetti esposti ad Eire 2010, che abbiamo aggiornato; 107 nuovi progetti, di cui non era nota l’esistenza; 23 bandi dedicati a nuovi progetti. Questi ultimi sono funzionali all’assegnazione di aree,  alla ricerca di operatori,  alla ricerca di finanziatori o all’assegnazione degli alloggi. E’ interesse del monitoraggio seguire l’iter di tali procedimenti, anche nella fase iniziale, per verificarne l’eventuale successivo sviluppo.

 

(Paolo Nessi)

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