«Non si tratta solo di finanziare l’edificio, bisogna pensare a quanto costerà farlo vivere: allestimento, manutenzione, gestione ordinaria». Così Stefano Boeri ha fatto capire tutte le sue perplessità sul futuro Museo di arte contemporanea progettato da Daniel Libeskind che dovrebbe sorgere nell’area di Citylife a sconto degli oneri di urbanizzazione. Ha davvero tutte le ragioni di essere perplesso Boeri. Basta guardare la situazione in cui versa quell’affascinante, ma vacuo mausoleo del contempoarneo che è il MaXXi di Roma. Dopo una partenza a razzo oggi si trova impaludato per mancanza di mezzi e di idee.



Troppo grande e troppo impegnativo per sapere che cosa farci. La scorsa settimana il consiglio di amministrazione ha addirittura bloccato la proposta di programma dei curatori perché inadeguata rispetto alle aspettative del museo. «Il piano 2011-12 elaborato dai curatori prevede infatti molteplici e differenti iniziative, ma per le quali di non serviva costruire un nuovo museo», hanno detto.  Peccato che quel museo sia costato decine di milioni di euro. Oggi ci si accorge che forse non ci sono né idee né mezzi adeguati per giustificarne l’esistenza.



A Milano il Mac, se venisse realizzato, avrebbe un simile destino: una grande scatola di cui tutti dicono ogni bene, ma che dentro è destinata a restare sostanzialmente vuota. Innanzitutto perché non ci sono i mezzi per mettere insieme una raccolta dignitosa, a meno di non soccombere ai più indiscriminate desiderata e interessi del mercato. In secondo luogo perché sui musei di arte contemporanea domina un grande equivoco. Infatti “museo” e “arte contemporanea” sono come un ossimoro. Due termini che non possono stare insieme. Perché “museo” per definizione è luogo destinato ad accogliere valori consolidati, mentre “arte contemporanea” per sua natura è arte che accetta la sfida di farsi misurare, di stare sulla frontiera dell’oggi. È arte che deve andare per il mondo, per le gallerie, per le fiere. Che deve accettare il rischio di giocare allo scoperto.



Un paio di settimane fa il settimanale americano Newsweek ha stilato una classifica degli artisti più importanti di oggi. Con molta onestà ha usato la categoria di “importanza” e non di “grandezza”, nella consapevolezza che sui valori dell’arte contemporanea giocano anche fattori come la moda, le spinte del mercato, a volte anche la capacità di scandalizzare. E quindi quello che è “importante” oggi non è affatto detto che lo sia domani. Per questo è meglio andare con i piedi di piombo nel museificare il contemporaneo.
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