Una “task force” di circa 15 ragazzi di seconda generazione: figli di immigrati che hanno trascorso la maggior parte della propria esistenza a Milano, «con un nome difficile da ricordare», ma «milanesi a tutti gli effetti». Il neo-assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino non perde tempo e, alcuni giorni or sono, ha lanciato la sua prima iniziativa. A partire dalla comprensione della natura del nuovo organismo, IlSussidiario.net gli ha chiesto di illustrarci le iniziative che il suo assessorato intende mettere in campo per affrontare il problema dell’immigrazione e di spiegarci su quale principi sarà improntato il rapporto dell’amministrazione comunale con le comunità straniere.



Assessore, in cosa consiste questa task force?

L’idea è quello di dar vita a politiche pubbliche, sul tema delle cittadinanza e dell’incontro con le culture dell’immigrazione, che siano mosse da un’ottica positiva e che sconfiggano le sindrome della paura del diverso che ha sin qui immobilizzato l’azione comunale. In quest’ottica ho istituito una task force permanente, composta da una quindicina – ma in futuro si amplierà – di ragazzi di seconda generazione. Si tratta di figli di stranieri, ma a tutti gli effetti cittadini milanesi, che lavorano, studiano, crescono e vivono in questa città e a cui Milano non ha dato le necessarie chance per far valere la propria capacità innovativa, sociale e culturale.



In concreto, di cosa si occuperà?

Insieme faremo una serie di proposte e ci confronteremo per ragionare su quali azioni possano stimolare un cittadinanza positiva, a partire da cose molto semplici. Ad esempio, abbiamo deciso di inviare ai 17enni figli di stranieri una lettera in cui ricordiamo loro che se non chiedono la cittadinanza  italiana tra i 18 e i 19 anni dovranno sottoporsi, in seguito, all’iter faticosissimo e lungo previsto dalla legge; stiamo pensando anche a iniziative più consistenti, come ad appuntamenti di carattere culturale che valorizzino tutta la loro capacità socio-creativa. Se Milano vuole aprirsi al mondo ospitando l’Expo, deve capire che il mondo ce l’ha in casa, valorizzarlo e rispettarlo.



Ogni quanto avete intenzione di riunirvi?

Ci riuniremo periodicamente. Il prossimo incontro sarà a fine luglio. Ci siamo dati il 20 settembre come termine ultimo per costruire un pacchetto di proposte ed azioni da presentare alle istituzioni, nell’ambito della giunta.

Chi fa parte della task force viene pagato?

No, sono volontari. Vedremo nel tempo come formalizzare il rapporto. Mi piacerebbe, in futuro, costruire un relazione stabile e formale con qualcuno di loro. Gli uffici del comune, se avessero qualche uomo o donna dalla biografia differente da quella della stragrande maggioranza di noi, ci guadagnerebbero.

Quali sono i nodi fondamentali che la giunta ritiene prioritari nei confronti delle comunità straniere?

Sono diversi e afferiscono a problematiche differenti. Un conto è discutere con un 25enne laureato alla Bocconi, milanese a tutti gli effetti, ma con genitori cingalesi, e un conto è l’emergenza profughi o rifugiati. Noi parliamo di un universo di politiche molto articolato, che rappresentiamo con l’immigrazione ma ci riferiamo a soggetti dalle condizioni molto differenti. Il tema di fondo consiste nel riconoscere che il problema dell’immigrazione esiste e non può esaurirsi nel risolvere i problemi di disagio o di ordine pubblico. Significa riuscire a promuovere un approccio positivo nella relazione tra gli immigrati e le istituzioni. Credo che nel tempo ci dovremmo porre l’obiettivo di poter fare maggiormente da sponda tra l’universo straordinario del privato sociale che si occupa di inclusione e di incontro. Il rapporto con il privato sociale, con l’impresa sociale, con il volontariato e con il terzo settore è cruciale per sviluppare una buona pratica di inclusione e della cosiddetta integrazione.

Perché “cosiddetta”?

Perché il valore che ci guida non è certo quello dell’assimilazione culturale. Puntiamo a al valore delle singole tradizioni. Vogliamo sviluppare un rapporto di inter-dipendenza, dialogo e curiosità. Non di assimilazione omologante.

Qual è il rapporto della giunta con la consulta dei rom (un recente organismo di coordinamento delle comunità nomadi della città)?

Vedremo. Li ascolteremo. Ci hanno chiesto di poterci presentare delle proposte. Come ho detto a loro, ritengo la consulta uno stimolo utile  perché ci metterà nelle condizioni di potere discutere.

E di cosa discuterete?

Io voglio ribadire la centralità di un binomio: inclusione e legalità. Credo che la comunità rom dovrà fare i conti, al suo interno, con il rispetto delle regole. Non si può far finta di non vedere la realtà: alcuni campi sono in condizioni oggettive di illegalità, occupano suoli non autorizzati, i soggetti più deboli, a partire dai bambini, vivono in condizioni non dignitose. Senza farsi ossessionare dalla mania degli sgomberi, è necessario far capire alla comunità rom che il rispetto della legge è per noi un valore essenziale, non un richiamo formale o burocratico.

Come pensate di fare?

Crediamo all’idea di una convivenza civile in grado di porsi alcuni obiettivo, primo tra tutti il superamento totale o sostanziale dei campi.

Quindi gli affiderete delle case popolari?

L’idea della casa mi convince poco. Ci possono essere altri tipi di soluzioni, come l’utilizzo di alcuni beni confiscati dalle mafie, o il recupero di alcune cascine. Si potrà parlare di case quando l’offerta abitativa sarà ripartita per tutti.

Salva qualcosa della giunta precedente?

Sinceramente credo che abbiano tentato di fare uno sforzo per “mandare avanti la baracca”, in una condizione difficile, con scarsità di risorse pubbliche. Penso, tuttavia, che ci sia stata una proliferazione di interventi senza una grande regia, non tanto per responsabilità dell’assessore Moioli, quanto per quella della Lega e di De Corato. La questione sociale è stata vista come un problema da reprimere e non come una domanda in base a cui innovare. Penso, lo ribadisco,  che Milano abbia una grande ricchezza che consiste nel privato sociale. E’ un concetto che anche la precedente amministrazione ha ribadito più volte,  ma non mi pare che sia stata coerente con le proprie dichiarazioni di principio.

(Paolo Nessi)