«Milano è una città che non ha bisogno né di rivoluzioni né di rivoluzionari. I primi 40 giorni di Pisapia sono stati quelli di una persona equilibrata e con il senso delle istituzioni. Se continuerà così entrerà nel novero dei buoni sindaci, altrimenti ne pagherà presto le conseguenze». È il bilancio del primo mese e mezzo di Giuliano Pisapia tracciato da Gianpietro Borghini, ex sindaco di Milano (1992-1993), ex assessore regionale alle Opere pubbliche e attualmente consulente di Sea-Aeroporti di Milano. Se è presto per promuovere o bocciare il nuovo inquilino di Palazzo Marino, su Expo e Pgt è già stato costretto a prendere delle decisioni importanti, e presto dovrà fare altrettanto anche per quanto riguarda la questione della moschea.
Come valuta l’accordo di programma urbanistico per le aree di Expo 2015, sottoscritto dal nuovo sindaco insieme a Provincia e Regione?
In modo molto positivo perché Pisapia ha portato avanti, praticamente senza correzioni, la linea che era stata messa a punto da Letizia Moratti. Da questo punto di vista c’è una continuità sostanziale, e quindi c’è una garanzia che l’Expo si terrà.
Nello stesso tempo però Pisapia ha scelto di bloccare l’entrata in vigore del Pgt…
Dovremo stare a vedere come sarà gestita la prossima fase. È anche comprensibile che l’opposizione, che aveva sollevato diverse critiche sul modo con cui le osservazioni erano state valutate dal consiglio comunale, oggi chieda una correzione di rotta. Ma un conto è rivedere le osservazioni già fatte, un altro aprire a nuove osservazioni: nella prima ipotesi infatti saranno necessari solo alcuni mesi. Se invece si vuole scardinare completamente il progetto dell’assessore Masseroli e buttare via il bambino con l’acqua sporca, allora potrebbe essere una scelta molto costosa per la città. Stando però alle dichiarazioni fatte finora da Pisapia, non mi sembra che si voglia andare in questa direzione. Anche se è probabile che le aziende coinvolte dalle modifiche ricorrano al Tar, e quindi da questo punto di vista l’operazione del sindaco non è priva di rischi.
Nel suo programma Pisapia aveva parlato della costruzione di una grande moschea. È favorevole a questo progetto?
Ritengo che i luoghi di culto debbano essere messi a disposizione di chiunque nella città di Milano intenda pregare e rivolgersi a Dio, in modo che lo possa fare liberamente. Solo chi non capisce il valore della preghiera nella religione e nella vita degli uomini, può pensare che si possa rispondere di no a questa richiesta. Roma ha già costruito una delle più grandi moschee al di fuori del mondo islamico, e il modello della Capitale è un’ipotesi anche per Milano. Anche se bisogna tenere conto del fatto che si tratta di due territori molto differenti tra loro. Forse per la realtà di Milano la soluzione migliore sarebbero due moschee più piccole, di cui una in città e una nell’hinterland. In ogni caso si tratta di un argomento che va affrontato con molto buonsenso, guardando ai dati di fatto ed evitando di opporsi alla necessità di costruire dei luoghi di culto dignitosi. E questo non soltanto per chi li frequenta, ma anche per noi che stiamo fuori. Così come stringe il cuore vedere lo stato in cui sono ridotte le chiese cristiane in molti Paesi islamici, penso che non faccia piacere a nessuno vedere dei musulmani costretti a pregare in un garage.
Il problema però è l’affidabilità dei soggetti che rappresentano l’Islam a Milano …
Questo è un problema giustissimo, ma esistono degli strumenti di controllo. Nel momento in cui le moschee diventano dei luoghi di culto pubblici, è possibile anche osservare che cosa si fa e si dice al loro interno. Al contrario dei luoghi semiclandestini in cui i musulmani pregano oggi.
E in che modo è possibile controllare che cosa succede nelle moschee?
Milano può dotarsi di persone con gli strumenti per farlo. Magari anche gli stessi musulmani che il Comune reputa più affidabili e che sono disposti a collaborare con le istituzioni. In Inghilterra per esempio quello si dice nelle moschee giunge subito alle orecchie delle autorità civili, perché la comunità islamica è una realtà variegata, e la maggioranza è composta di persone moderate che ascoltano e sono in grado di capire se quello che dice l’imam è accettabile o meno. Non vedo perché non dovrebbe avvenire lo stesso anche in Italia.
Secondo il Corriere della Sera, Pisapia e il Pd sarebbero già ai ferri corti …
Con il sistema dell’elezione diretta del sindaco, quest’ultimo ha un potere talmente forte che è chiaro che è lui a dettare la linea. È presto però per dire se Pisapia e il Pd siano in rotta di collisione. L’interpretazione del Corriere mi è sembrata un po’ forzata, e la ritengo più un auspicio e un incoraggiamento al nuovo sindaco che non una constatazione. Pisapia non può governare contro il Pd, che è il partito che ha preso più voti a Milano. Cercherà quindi di mantenere un rapporto il più tranquillo possibile.
Più in generale, finora Pisapia le ha fatto un’impressione favorevole?
A parte le etichette politiche, Pisapia si è comportato come una persona molto equilibrata. Basta vedere i rapporti che ha instaurato con la Provincia e con la Regione, dimostrando così la sua correttezza istituzionale. Ma del resto, quando uno si siede sulla sedia di sindaco di Milano, capisce subito le enormi responsabilità che si trova ad avere e si comporta di conseguenza.
Quindi, sintetizzando il suo pensiero, la «rivoluzione Pisapia» non sarebbe affatto una rivoluzione …
No, anche perché Milano non ha bisogno di rivoluzioni. Certi slogan andavano bene per la campagna elettorale, che ha coinciso con la crisi del berlusconismo facendo apparire l’elezione di Pisapia come una rivoluzione. Ma Milano non è una città rivoluzionaria, non ha mai mandato al potere dei rivoluzionari e la sua natura è riformista, pragmatica, con la tendenza a risolvere i problemi da sé senza attendere che qualcuno lo faccia al suo posto. Tutto ciò quindi di cui ha bisogno Milano è un’amministrazione che assecondi queste sue energie positive. Se Pisapia farà questo, entrerà nel novero dei buoni sindaci di Milano. Se invece penserà di fare la rivoluzione, si scontrerà contro una realtà che va nella direzione opposta e ne pagherà le conseguenze.
(Pietro Vernizzi)