«Le scelte di Pisapia sul Pgt rappresentano la vittoria della casta degli architetti radical-chic contro gli interessi di Milano, che grazie a quel piano avrebbe attratto alcuni miliardi di euro da tutto il mondo. Basti pensare che, con gli interventi urbanistici degli anni passati, molto più limitati, la città è riuscita a ottenere 40 miliardi di euro. Ma gli investimenti garantiti dal Pgt sarebbero stati molto più consistenti». A sostenerlo è Gabriele Albertini, già sindaco di Milano dal 1997 al 2006, che si dichiara «moderatamente preoccupato» per quanto sta avvenendo in città dopo la nomina della giunta di centrosinistra.



Onorevole Albertini, la scelta di Pisapia sul Pgt è stata definita un «compromesso» tra le diverse anime del centrosinistra. Lo ritiene un buon compromesso?

In realtà sono moderatamente preoccupato per quello che sta avvenendo, perché il nuovo sindaco sembra orientarsi verso le scelte che si temeva avrebbe preso. La componente anti-imprenditoriale, massimalista, ideologica, supportata anche dagli interessi della casta degli architetti radical-chic che hanno imperato per decenni sull’urbanistica milanese, hanno preso il sopravvento su quello che è stato l’atto più innovativo e significativo della giunta Moratti, cioè il Pgt. Un piano che avrebbe portato beneficio all’intera città, perché il compito primario di un amministratore pubblico di una grande metropoli è quello di renderla attrattiva e di fare crescere il valore del territorio in cui si trova. Occorre cioè creare le condizioni affinché i capitali mondiali possano trovare conveniente investire su Milano, ed è cioè che è stato fatto negli anni passati. Il disegno portato avanti nei miei due mandati, insieme agli assessori all’Urbanistica, Maurizio Lupi e Giovanni Verga, ha trasformato 11 milioni di metri quadri di macerie post industriali in spazi urbani. I più grandi architetti del mondo, come Cesar Pelli, Libeskind, Hadid, Isozaki, Peter Wilson, Fuksas, Renzo Piano, Chipperfield, Foster, Pei Cobb e Caputo, sono stati coinvolti in progetti che riguardavano Milano.



Qual era il significato di quei progetti per l’economia milanese?

Gli investimenti dei capitali internazionali attratti su Milano grazie agli interventi realizzati nel mio mandato sono stati superiori a 40 miliardi di euro in dieci anni, che è l’equivalente della manovra del governo in un territorio che è un settimo di Roma. Il Pgt avrebbe dato un’accelerazione a questo disegno imprenditoriale della città, salvaguardando nello stesso tempo spazi verdi e di uso collettivo. Quando l’assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, dichiara di avere trovato dei buchi, deve quindi domandarsi se non li stia facendo lui. Se quello che vogliamo è il prato del ragazzo della via Gluck, è inevitabile che in questo modo si blocchi una cifra ben superiore ai 40 miliardi di investimenti del mondo attratti grazie ai piani integrati d’intervento del periodo 1997-2006. Per cui il bilancio ha dei buchi perché qualcuno ce li ha scavati. Ma senza costruire, si fermano anche i cantieri che daranno lavoro alle imprese che li realizzeranno, oltre all’housing sociale e agli oneri di urbanizzazione con cui il Comune potrebbe pagare i servizi per le fasce più deboli. Quella di Pisapia quindi è una concezione proprio contraddittoria, che va nella direzione opposta rispetto alla necessità di creare ricchezza per poi distribuirla.



 

Nel programma del centrosinistra si parla della costruzione di un grande centro islamico. E’ favorevole a questa proposta?

 

Sono sempre stato contrario all’edificazione, dal valore altamente simbolico, di una sorta di «Duomo islamico» a Milano. Il senso di questa operazione, grazie alla sua imponenza, sarebbe infatti catturare l’attenzione per il segno che dà, e cioè che siamo in una città dalla forte presenza islamica. Questo non toglie che se c’è la volontà di costruire un luogo di culto con una regolamentazione formalmente ineccepibile, la licenza edilizia, la destinazione d’uso, la pratica urbanistica perfettamente gestita, in ordine dal punto di vista della viabilità e della compatibilità con il quartiere, questa è un’attività lecita. Così come si costruisce un negozio, si può costruire una piccola moschea.

 

A Milano però finora non ne è stata completata neanche una …

Nessuno ha vietato di costruire delle moschee, semplicemente non sono mai stati proposti dei progetti di un certo tipo e quindi si usavano capannoni o spazi vari per la preghiera del venerdì. Né io né Letizia Moratti abbiamo però mai posto un divieto assoluto e preventivo: si esaminava caso per caso.

 

Tra le scelte che Pisapia dovrà prendere, c’è quella sull’estensione di Ecopass. Ha qualche consiglio da dargli?

 

In primo luogo desidero ricordare le critiche che ho mosso a suo tempo all’Ecopass della Moratti. La mia proposta non è infatti la tassazione del trasporto privato, ma l’attribuzione di un valore di mercato alle strade (congestion market), sul modello della quotazione di un titolo in Borsa. Se per esempio da Cornaredo alle 9 del mattino voglio venire in macchina al lavoro nel centro di Milano, pagherò 10 euro (e se ho un Suv anche 15 euro), ma se vengo alle 11 di sera per trovare la fidanzata invece non pagherò nulla. Quindi nelle ore di punta pagano tutti i veicoli che entrano nella cerchia dei Bastioni, ma in relazione alle loro dimensioni e non alla loro capacità di inquinamento, che dipende da una serie di fattori così complessa che è impossibile calcolarla con esattezza. Non a caso l’Ecopass dal punto di vista ecologico ha avuto un esito fallimentare: sono cambiate le emissioni, ma le concentrazioni, cioè l’aria che respiriamo, è rimasta identica. Inoltre, come la sosta è pagata solo dai non residenti nel quartiere, anche l’Ecopass deve riguardare solo i non milanesi. La mia proposta consiste quindi in una congestion market, che non è una tassa ma semplicemente una quotazione basata su valori di mercato. Grazie a questo criterio sarebbe possibile ottenere cospicue risorse da investire nel trasporto pubblico, creare un disincentivo all’uso dell’auto nelle ore di punta della giornata, evitare che gli autobus siano rallentati dal traffico e diminuire almeno in parte l’inquinamento. Al contrario l’Ecopass della Moratti è iniquo perché fa pagare a chi ha le auto vecchie e quindi è povero, inutile perché non cambia le concentrazioni inquinanti e dannoso perché costa di più di quello che ricava.

 

(Pietro Vernizzi)