«Confermo tutto: ad oggi il federalismo fiscale regionale è morto e sepolto. Non si tratta di una polemica corporativa né di uno scontro di opinioni. Basta guardare i numeri per capire chi ha ragione». Il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, intervistato da IlSussidiario.net, torna a valutare senza sconti le conseguenze della manovra anti-crisi del governo Berlusconi. «Lo dico con rammarico perché sono uno dei più accaniti sostenitori del federalismo. A differenza però dei ministri Tremonti e Calderoli ritengo che sia più utile dire la verità ai cittadini, anche quando è dolorosa. Cercare di nasconderla attraverso bugie pietose serve soltanto ad accrescere l’irritazione della gente».
Il governo sostiene però l’opposto: il federalismo verrà anticipato. Proviamo a partire dalle cifre?
È molto semplice. Tutti i trasferimenti dallo Stato alle regioni, che erano destinati a essere fiscalizzati a partire dal 2013, sono stati annullati.
Con la manovra del 2010, infatti, i 6 miliardi di trasferimenti inizialmente previsti si sono praticamente azzerati. A questo abbiamo poi dovuto sommare gli ulteriori effetti delle manovre del luglio 2011 e dell’agosto 2011. Stiamo parlando di tre manovre pesanti nel giro di dodici mesi.
Il risultato? Dei soldi per attuare il federalismo fiscale delle Regioni non è rimasto più nulla. Ciò che sopravvive è soltanto Il federalismo comunale e provinciale. Se siamo onesti, però, è ben poca cosa. Questa riforma era stata pensata su base regionale.
C’è ancora lo spazio per negoziare modifiche?
Io non mi stanco di denunciare a voce alta le pesanti conseguenze di una manovra di questo tipo e ne invoco la correzione, anche se le risposte che ho avuto fino ad ora non stanno né in cielo né in terra.
Se alla fine, ad ogni modo, i contenuti rimarranno questi, bisognerà prendere atto del fatto che quando in questo Paese si tornerà a parlare seriamente di federalismo bisognerà ricominciare da zero. E la crisi economica mi fa pensare che non potrà succedere a breve.
Tutto questo, comunque, è il risultato di un metodo che non mi ha convinto fin dall’inizio.
A cosa si riferisce?
All’accanimento e alla sproporzione con cui sono state colpite le regioni in tutte e tre le manovre. Il 50% di quella di luglio 2011, infatti, comprendeva soltanto tagli nei loro confronti. Teniamo presente che le regioni contano nella spesa pubblica soltanto per il 16%. Oggi, visto che non c’è più niente da tagliare, viene addirittura bloccato il patto di stabilità. Così facendo però si va a incidere sulle politiche che toccano da vicino la gente: dai trasporti, alle scuole, alle famiglie, fino alle piccole e medie imprese e agli interventi ambientali.
La Lega Nord non condivide assolutamente le sue perplessità e, anche a livello regionale, contesta fortemente questi ragionamenti.
Devo dire che questo mi stupisce molto. Il Presidente Zaia non è stato meno netto di me nel giudicare insostenibile la manovra. Altri sembrano non capire che questi tagli non sono sopportabili o forse non tengono soltanto fede al loro compito.
La manovra, ad ogni modo, non aveva tutta l’aria di essere un provvedimento “obbligato”?
Certo. Infatti non contesto che andasse fatta e non ho nulla da dire sulle tempistiche e sui saldi. Chiedo una modifica dei contenuti.
D’altra parte è noto che c’erano proposte alternative, che lo stesso premier Berlusconi avrebbe preferito, come ad esempio la correzione dell’Iva, per non dover mettere le mani nelle tasche delle regioni, delle province, dei comuni e dei cittadini stessi.
Sul fronte dei tagli ai costi della politica secondo lei si è fatto abbastanza? Anche i ministeri hanno fatto la loro parte?
Per quanto riguarda i tagli alla politica si è fatto un passo importante. Da quanto si legge si andrà a incidere pesantemente sul numero dei parlamentari e sui loro emolumenti.
Male il capitolo ministeri. Anche questa volta hanno avuto lo sconto e questo è molto grave. È davvero poco elegante che all’interno del Consiglio dei Ministri non sentano il dovere etico e morale di toccare se stessi. Siamo all’ennesima “spolveratina”, come nel 2010. Un grave errore, anche in termini di stile.
E riguardo al taglio delle province e dei comuni più piccoli?
Nel programma elettorale del Pdl l’abolizione delle province c’era. Per questo devo dire che ancora non basta.
Per quanto riguarda i comuni più piccoli penso invece che sia giusto accorpare le funzioni, ma non annullare le identità. Su questo bisognerebbe prestare maggiore attenzione.
Questa manovra che, seppur a malincuore, mette “le mani nelle tasche degli italiani” segna secondo lei la fine del progetto e del messaggio politico che Berlusconi ha proposto agli italiani in tutti questi anni?
Guardi, questi provvedimenti vanno sicuramente nella direzione opposta a quello che è sempre stato il messaggio di Silvio Berlusconi. Per questo motivo però non avrebbe dovuto fare la manovra? Al contrario, ha fatto benissimo a farla, anche se non risparmio critiche nel merito.
Il Presidente del Consiglio in pratica ha dimostrato di saper tenere conto della realtà di una crisi economica come quella che stiamo vivendo.
A livello politico che scenari si aprono? Le elezioni sono più vicine o più lontate?
Paradossalmente la crisi conferma la necessità che il governo vada avanti fino al 2013. In un momento come questo chi invoca la crisi di governo è un irresponsabile. È vero, c’è bisogno di un maggiore dialogo con l’opposizione, ma il governo deve governare.
La situazione rende comunque più urgente la formazione di una nuova leadership del centrodestra e la “ristrutturazione” del Pdl del nuovo segretario Alfano?
Angelino dovrà soltanto realizzare tutto ciò che ha annunciato il primo luglio. Le linee programmatiche sulle quali si sta muovendo le condivido totalmente. E dovrà avere il coraggio di farlo, nonostante le resistenze oggi presenti nel partito. C’è infatti, chi teme di essere messo in discussione, ma questo è il momento in cui ognuno deve mettersi in discussione.
Da parte mia continuerò a dare una mano alla sua azione rinnovatrice. D’altronde, dopo la sconfitta delle amministrative, ho fatto delle proposte chiare: primarie per tutti sia per scegliere i candidati migliori a ogni tipo di elezione, sia per eleggere i segretari politici cittadini, provinciali e regionali.
Il suo lavoro di ricucitura dei recenti strappi nel centrodestra può portare buoni frutti, a cominciare dall’Udc?
Di certo l’Udc in questi anni si è distinta nel suo modo di fare opposizione. Da anni poi sostengo che la prospettiva politica capace di dare stabilità al Paese è la riunificazione di tutte le forze che si riconoscono nel Partito popolare europeo.
Detto questo, tutto ciò che è successo non si dimentica in un pomeriggio. C’è stata una scissione traumatica e questo obbliga a ricostruire con pazienza e in profondità.
Il Pdl, guidato dal nuovo segretario, deve essere disposto a mettere in campo molto: dal nome all’organizzazione e non solo.
Mentre il governo proseguirà la legislatura, il partito dovrà lavorare sodo per rendere questa unificazione possibile.
Non dipenderà soltanto da noi, ma abbiamo il dovere di mettercela tutta.
(Carlo Melato)