Partiamo dalla notizia: con 22 voti favorevoli e 14 contrari il Consiglio comunale di Milano ha approvato ieri l’istituzione dell’addizionale Irpef voluta dalla Giunta Pisapia e fissa un’aliquota dello 0,20%. Dopo i malumori di un Pd, già messo ai margini nella composizione dell’esecutivo cittadino, la soglia di reddito oltre la quale applicare l’aliquota cresce dai 26mila euro annui ai 33mila e 500. Infine, una maggioranza consiliare sfinita dall’ostruzionismo dell’opposizione – che alla vigilia della partenza per le vacanze ha costretto la sinistra persino a maratone notturne – ha ceduto sulla restituzione di 1 milione e 500 mila euro di entrate Irpef a famiglie con anziani e disabili a carico. Dunque, nella fretta di svaligiare la casa prima che gli inquilini tornino dalle ferie, i “topi d’appartamento” non sono riusciti a portare via proprio tutto. E grazie all’intransigenza dell’opposizione di centrodestra hanno lasciato qualcosa nelle tasche di alcune fasce di famiglie.   



Tuttavia ci sono altri dati politici che è necessario registrare a seguito di questo che, dopo l’approvazione dell’Accordo di Programma sulle aree Expo, è stato il secondo banco di prova della Giunta arancione di Milano. L’introduzione dell’addizionale comunale Irpef, fortemente voluta dal neo Assessore al Bilancio Bruno Tabacci, dice di una concezione della società e dell’amministrazione che l’attuale compagine governativa meneghina intende portare avanti. E la concezione non è nemmeno fin troppo velata. Lo stesso Tabacci ha gettato la maschera nella relazione di introduzione alla Delibera n° 13 con cui si istituisce l’addizionale. L’Assessore, dopo aver detto che la Moratti ha lasciato un bilancio tale per cui gli aumenti di tasse e tariffe si impongono da soli, ha spiegato che per far quadrare le entrate e le uscite dell’ente pubblico occorre prelevare dal cumulo di ricchezza privata del nostro Paese («otto volte il Pil» ha precisato). Questa argomentazione, lasciata a sé stessa, potrebbe indurre chiunque ad obiettare: «E perché dovrei pagare proprio io l’eventuale errore di altri?». Tabacci, che da buon democristiano è tutto fuorché sprovveduto, ha risposto in aula che la ricchezza privata italiana si spiega con l’alto tasso di evasione fiscale. Ecco giustificati in un colpo solo tutti gli aumenti prossimi e venturi: per far funzionare l’apparato amministrativo sarà bene rastrellare quanto i privati frodano al fisco.



Ma davvero la realtà economica e sociale del nostro Paese (e della città di Milano che, da questo punto di vista, è paradigmatica) è rappresentata in tutti i suoi fattori dalla semplicistica spiegazione di Tabacci? Il sottoscritto si è permesso di fare in aula la seguente osservazione: in queste settimane tanti possono permettersi di partire per le ferie perché ospiti nelle seconde o terze case di nonni e genitori. Quelle case sono il frutto di anni di sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto. La fotografia che autorevoli soggetti come il Credit Suisse Research Institue o l’Eurostat fanno del nostro Paese – e ripeto: Milano è da questo punto di vista esemplare – è quella di una nazione davanti a Germania, Francia, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti per quanto riguarda il risparmio e l’investimento a basso rischio in abitazioni, depositi bancari o titoli di Stato. Tutto ciò perché il nostro tessuto è fatto di famiglie che ridistribuiscono la ricchezza al proprio interno, di piccole e medie imprese che, vedendo quotidianamente padrone e lavoratore stare gomito a gomito, pensano al benessere dei propri dipendenti ed evitano l’indebitamento.



Tale è la risorsa originale di cui dispone la nostra società. Risorsa che, proprio in tempi di crisi economica, dovrebbe essere salvaguardata, incentivata e premiata, a fronte di una netta riduzione della spesa pubblica. E proprio in questa direzione andavano gli emendamenti di PdL e Lega Nord, con l’introduzione del quoziente familiare nell’aliquota e l’individuazione di altri tagli (80 milioni di spese discrezionali degli assessorati) ed operazioni (vedi la vendita della Serravalle) che scongiurassero ulteriori salassi per i milanesi. in sostanza l’esatto opposto di quanto sta facendo già nei suoi primi due mesi Pisapia. Tanto è vero che, dopo aver cacciato i dirigenti esterni dell’amministrazione precedente, con la scusa di valorizzare le risorse interne alla macchina comunale, la Giunta ha deliberato l’assunzione di 20 nuovi collaboratori per un totale di 976 mila euro.

Non solo: entro il 5 di agosto è prevista la pubblicazione di un bando di gara per individuare una società esterna che riorganizzi la struttura andando a reperire figure professionali da altri Enti amministrativi e da società private.

Insomma, più che al vento del cambiamento siamo di fronte alla solita minestra riscaldata: aumento di tasse e tariffe per sostenere il dilatarsi della spesa pubblica. Perché al centro c’è sempre la pesante macchina amministrativa. Non la persona.