Regione Lombardia ha deciso di potenziare e allargare l’assistenza per le persone in stato vegetativo, attivando una nuova sperimentazione e investendo 10 milioni di euro in più che si aggiungono ai 26 già spesi ogni anno per la cura e il sostegno di questi malati. La novità è contenuta in una delibera approvata dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore alla Famiglia, Giulio Boscagli. Sono circa 500 le persone in stato vegetativo assistite quotidianamente in Lombardia; l’82% in strutture pubbliche e il 18% a domicilio. Anche in base alle nuove disposizioni derivanti dalle “Linee di indirizzo” nazionali su questo tema e dai risultati del gruppo di lavoro regionale appositamente costituito, vengono inoltre perfezionati i criteri di valutazione e diagnosi della condizione di stato vegetativo. Ilsussidiario.net ha intervistato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, per comprenderne il significato nel più ampio contesto nazionale.



Sottosegretario Roccella, che cosa prevedono le Linee di indirizzo nazionali per le persone in stato vegetativo?

Nei primi mesi in cui il governo si è insediato, abbiamo riunito una commissione di esperti per fare il punto sugli stati vegetativi, da ogni angolazione: dal punto di vista epidemiologico, dell’aggiornamento scientifico e del percorso terapeutico e riabilitativo. La commissione ha ultimato i lavori nel giro di un anno, preparando tra le altre cose anche una specie di vocabolario per correggere le definizioni che all’epoca erano date dei malati in stato vegetativo e che erano profondamente sbagliate, in quanto confinavano con quelle di morto o quasi morto. Ha quindi completato un documento finale per fare il punto sulla situazione allo stato attuale. E a partire da quel documento, insieme al lavoro che nel frattempo avevamo fatto con le associazioni dei familiari e dei pazienti, che avevamo raccolto in un libro bianco sulle migliori pratiche, abbiamo costruito le linee guida.



Quali sono i principali contenuti?

Nelle linee guida sono sintetizzati entrambi i documenti. I punti più importanti sono il rapporto con le associazioni dei malati e la necessità di un percorso che non sia statico. Cioè un’assistenza che parta dal momento dell’urgenza, per poi seguire un percorso di terapia, riabilitazione e assistenza che possibilmente riporti il malato a domicilio. Troppo spesso c’è un grande livello di inappropriatezza negli interventi delle persone in stato vegetativo, tenute a lungo nelle rianimazioni, con costi molto alti per la sanità e nessun beneficio per i malati. Per i quali al contrario è fondamentale un percorso di stimoli, di riabilitazione e il fatto di trovarsi in un ambiente familiare, caldo e riconoscibile. L’assistenza familiare per questi malati è la soluzione ideale, purché sia sostenuta adeguatamente. Un altro aspetto fondamentale è che per la prima volta le associazioni sono citate ufficialmente come interlocutori nelle linee guida. Le regioni sono chiamate quindi a confrontarsi costantemente con le associazioni, per verificare se quello che fanno è effettivamente utile e funzionale.



 

Ci sono state delle disomogeneità nell’applicazione delle linee guida da parte delle regioni?

 

Le linee guida le stanno applicando tutti, ognuno con le sue modalità. Stiamo andando verso il federalismo in sanità e ogni regione ha le sue specificità e risponde ai bisogni dei malati in modo diverso. L’importante è che si risponda seguendo un percorso comune. Il ministero ha erogato inoltre dei fondi, a partire dal 2009, mentre attraverso gli accordi Stato-regioni con gli obiettivi di piano sono stati destinati dei fondi vincolati agli stati vegetativi. L’importante è che ci sia un monitoraggio e un riscontro proprio attraverso le associazioni. A volte i fondi sono utilizzati in modo non appropriato, e quindi le linee guida servono a questo: a costruire un percorso omogeneo, che poi ognuno può anche applicare diversamente, ma confrontandosi con i malati. In alcuni casi i fondi sono destinati alle rianimazioni, ma questa non è una destinazione ottimale per i malati. La Lombardia invece li ha erogati direttamente alle famiglie.

 

Qual è il valore della delibera della Regione Lombardia?

La decisione della Regione Lombardia va assolutamente incontro alle richieste delle associazioni, perché è fondamentale che il ritorno a casa del malato in stato vegetativo non sia un abbandono e quindi che le famiglie siano sostenute. In pochi casi, come in quello degli stati vegetativi, le famiglie sono coinvolte e hanno assoluto bisogno di sostegno, a tutti i livelli. Quindi oltre alla capacità di fornire strumenti riabilitativi, c’è bisogno anche di sostegno economico e del fatto di non sentirsi soli.

 

Quindi il Pirellone in questo modo dà un segnale positivo?

 

La Lombardia è la prima ad avere attuato uno specifico punto delle linee guida, in cui era prevista un’«integrazione socio-sanitaria supportata da eventuali attribuzioni mensili alle famiglie». Si tratta quindi di un ottimo segnale. Ma soprattutto, sarebbe interessante verificare un altro aspetto. E’ vero che la Lombardia ha molte più risorse delle altre regioni, e quindi stupisce di meno che sia generosa nell’erogare fondi. Ma è anche vero che probabilmente la soluzione adottata dal Pirellone per aiutare le famiglie dei malati in stati vegetativi costa di meno alla pubblica amministrazione rispetto a quelle scelte in altre situazioni. Non è detto che fare un trasferimento diretto e supportare le famiglie in questi termini sia più costoso. Rispetto a delle cure inappropriate, rispetto alla permanenza eccessivamente lunga nei reparti di rianimazione, a dei servizi male organizzati e a un’offerta inappropriata, il modello fatto proprio da Regione Lombardia potrebbe probabilmente costare di meno: è quello che intendiamo verificare. E alla fine si potrebbe scoprire che quella lombarda è una soluzione che produce anche risparmi. Anche se ovviamente l’assistenza a domicilio del malato deve avvenire in una condizione protetta, con servizi assistenziali funzionanti, l’attivazione dell’unità di valutazione multidimensionale per verificare che la famiglia sia in grado di seguire il malato.

 

Il modello di assistenza lombardo quindi è anche più efficace?

L’efficacia è sicura, ma andrebbe considerata anche l’efficienza, vedere cioè se il costo di una soluzione di questo genere sia maggiore o minore di soluzioni che sono invece inappropriate, come quelle adottate in altre regioni. Istintivamente verrebbe da pensare: certo la Lombardia ha più risorse. Ma chi lo ha detto che questa alla fine non sia anche una soluzione economicamente vantaggiosa per la regione, oltre che per il malato? Questo è un aspetto che va sicuramente valutato nel momento in cui faremo il confronto tra le migliori pratiche. Quello che è sicuro è che la Lombardia dovrebbe essere presa a modello da altre regioni, perché può darsi che tutto sommato produca anche un’efficienza dal punto di vista delle risorse.

 

Infine, ci vuole parlare della Giornata degli stati vegetativi?

 

L’anno scorso, il 9 febbraio, giorno della morte di Eluana Englaro, abbiamo organizzato una Giornata degli stati vegetativi. Prima di essere il simbolo di una vicenda giudiziaria controversa e di molte polemiche, Eluana è stata infatti il simbolo delle persone in stato vegetativo. La giornata è strutturata in due parti: un aggiornamento, anche a livello europeo, con i maggiori esponenti a livello internazionale di stati vegetativi; un confronto fra regioni e associazioni, che rappresenta la vera novità delle linee guida.

 

(Pietro Vernizzi)

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