È un fiume in piena Souad Sbai, deputata del Pdl e Presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia, quando IlSussidiario.net la contatta per commentare la recente notizia della nascita del Caim, il coordinamento delle principali realtà islamiche presenti nel Comune di Milano, annunciato da Davide Piccardo, esponente islamico milanese figlio di Hamza Piccardo, portavoce Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in Italia) e la decisione di confermare il progetto di una Grande Moschea a Milano, passando prima dalla creazione entro l’anno di tante piccoli luoghi di culto nelle diverse zone della città. «Pensiamo prima a tante piccole parrocchie nei quartieri, poi al Duomo», ha sintetizzato con una metafora il direttore del centro islamico di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari. «Questo è l’inganno puro dell’estremismo, – tuona la Sbai – approfittarsi dell’estate, sapendo che tutti sono in ferie e che le manifestazioni sono limitate. Abbiamo contattato la maggior parte delle associazioni che hanno dato l’autorizzazione all’Associazione dei moderati in Italia di esprimere attraverso un comunicato la loro totale contrarietà».



Onorevole, pensa quindi che i moderati siano stati esclusi dal dialogo?

I moderati sono stati totalmente esclusi. Le moschee sono frequentate principalmente da moderati che vogliono solo pregare in modo silenzioso, senza sapere nient’altro. Noi dobbiamo tutelare questa maggioranza e non permettere che venga schiacciata: è silenziosa, ma non è stupida.



Cosa pensa delle dichiarazioni di Piccardo riguardo la nascita del Caim?

Sono contraria anche a questi “regni” tramandati di padre in figlio, come nel caso dei Piccardo, e loro non ci rappresentano. Il problema di base non è la moschea, perché a noi non fanno paura le mura, ma chi sceglie da un giorno all’altro di decidere per gli altri.

Cosa pensa della proposta di fare più moschee “di quartiere”?

C’è un comitato per l’Islam italiano presso il ministero dell’Interno dove tutti i moderati non hanno come riferimento una moschea, ma la Consulta, che deve ascoltare la gente e decidere. Ci sono tantissime associazioni, quelle dei marocchini, dei pakistani e degli egiziani. Cosa facciamo, una moschea per ogni etnia? I pakistani non sono arabi, i cingalesi non sono arabi, e gli arabi non sono convertiti all’Islam. Invece chi sta facendo queste proposte è un convertito all’Islam, e tiene in pugno le associazioni di minoranza. Gli Imam convertiti devono capire che non decidono per i moderati. Il Comune, ascoltando la Consulta e facendo uno studio importante, che tra l’altro è già in atto, deve avere il tempo di decidere su questioni così delicate.



Quali sono i rischi?

Il sindaco Pisapia dice che questi gruppi sono solo consultivi, ma bisogna stare attenti perché così ci si brucia. Oggi si sono inseriti nel quadrante dell’Islam del territorio italiano tanti gruppi più aggressivi di quelli già noti, e ho paura che presto avremo a che fare con questa gente.

Con chi bisogna avviare un dialogo per arrivare a una soluzione?

Il dialogo deve essere fatto soprattutto con chi rispetta le leggi italiane. Questi soggetti vogliono la poligamia, vogliono mettere il burqa alle donne, non vogliono l’uguaglianza tra i sessi e proprio per questo Giuliano Amato li ha a suo tempo esclusi dalla Consulta. Quella che questi soggetti vogliono è una loro Costituzione, e noi con questa gente non vogliamo avere niente a che fare. Rispettino le leggi italiane, altrimenti diventa davvero una questione interna che può sfociare in un guerra.

Che caratteristiche deve avere un gruppo islamico affinché sia un buon interlocutore?

Deve rispettare le leggi italiane, senza se e senza ma. Ci sono invece veri e propri mediatori che agli italiani dicono una cosa, mentre intanto promettono di lasciare spazio in un secondo momento agli estremisti arabi, che per questo li finanziano profumatamente, e questo non si può sottovalutare. E’ un altro grande inganno. I Giovani Musulmani, per esempio, hanno dichiarato di non aver niente a che fare con l’Ucoii, vincendo anche cause contro giornalisti che li accusavano di far parte degli estremisti. Pisapia deve ascoltarli, dare voce a questi esclusi, per vedere chi rappresenta davvero la maggioranza dei musulmani in Italia. E, se non si vuole fare neanche questo, allora bisogna andare alla votazione delle varie comunità.

Cosa pensa dei centri abusivi?

Dai centri abusivi escono solo estremisti, sempre di più. Vengo adesso dal Marocco dove ero per partecipare a un incontro e vi posso garantire che in Marocco non ne possono più degli estremisti che arrivano dall’Europa. La questione del burqa in Marocco si sta discutendo in modo civile, chiaro, mentre qui mi vengono a dire che è una libertà, ma libertà di cosa? Di far andare in giro una donna con una “galera” indosso? Se permettete noi vogliamo fare la nostra resistenza, perché è di questo che stiamo parlando.

In Francia hanno concesso ai fedeli delle ex caserme per pregare. Potrebbe essere una soluzione?

Se il Comune ha degli spazi va bene, ma bisogna controllare chi ci va a predicare. Qui si fa confusione tra la religione cristiana e la religione dell’Islam: in quest’ultima qualsiasi persona può alzarsi un giorno e decidere di fare l’Imam, senza studiare, senza sapere nulla dell’Islam e della teologia. La donna è il male, l’Occidente è il male, e vanno avanti con slogan di questo tipo che non fanno altro che incattivire la comunità. L’azione di questi gruppi è mirata solo alla creazione di un disordine all’interno della comunità moderata.

Cosa ci vuole affinché Milano diventi davvero un modello di integrazione?

Ci vuole rispetto per l’altro e per la cultura, ma loro non ne hanno. Si sentono “superiori” e noi questo modello non lo vogliamo. Loro non vogliono unire, ma dividere, e hanno sempre portato un’esasperazione all’interno delle comunità. E io chiedo a quella italiana di non esasperarsi, ma di parlare, continuare a dire no a questo integralismo, parlare con i moderati e portare avanti insieme un progetto di convivenza.

 

(Claudio Perlini)