Il Comune di Milano come mediatore tra Centro Sociale Leoncavallo e proprietà, al fine di trovare un accordo per la gestione dell’immobile. E’ quanto annunciato dal portavoce del centro sociale stesso, nonché coordinatore cittadino di Sinistra ecologia e libertà, Daniele Farina. L’immobile, una ex cartiera in via Watteau dove il centro sociale Leoncavallo si trasferì occupandone lo stabile dopo essere stati cacciati dalla sede storica nel 1994, è di proprietà della famiglia Cabassi, noti imprenditori edili milanesi. Secondo il portavoce del Leoncavallo si vuole giungere a una conclusione dell’annosa vertenza già per il prossimo Natale, in modo da dare un fine al problema dell’illegalità della struttura occupata. Secondo Farina, il ruolo del Comune sarà solo quello di mediatore “affinché le parti trovino un accordo. “Non vogliamo soldi” ha detto, “ma chiediamo al Comune di operare su un piano amministrativo per facilitare il raggiungimento del risultato”. IlSussidiario.net ha chiesto una opinione su questo tavolo tecnico di discussione al professor Stefano Zecchi, docente all’università degli studi di Milano ed ex assessore al Comune dal 2005 al 2006.
Professore, come giudica questo tavolo tecnico e la presenza del Comune come mediatore tra Leoncavallo e proprietà?
E’ una intesa, questa tra Leoncavallo, proprietà e Comune di Milano che mi sembra rientri nell’ordine delle cose. Conoscendo le tensioni che ci furono in passato tra centro sociale e abitanti del quartiere, direi che è una svolta positiva. Il Leoncavallo oggi rispetto ai tempi passati direi che si è molto imborghesito, non credo proprio che desti quelle preoccupazioni di ordine pubblico che destava una volta. Se si riesce a trovare un accordo per cui il Leoncavallo si regolarizza nel rispetto dei contratti, tanto meglio per tutti.
Dunque un inserimento del Leoncavallo in un contesto di legalità?
Il Leoncavallo oggi ha una sua storicità, anche la gente che abita in quella zona alla fine lo ha accettato: direi che stiamo assistendo a un finale strappalacrime, senza alcun vero significato di tipo politico, ma di utilità.
I rappresentanti del Leoncavallo hanno però già detto che si rifiutano di pagare il prezzo di mercato fissato dalla proprietà, 700mila euro annui per l’affitto dello stabile.
Il prezzo chiesto dalla proprietà, se è vero che è di 700mila euro di affitto all’anno, mi sembra un prezzo molto alto, per quanto io non sia un esperto di valore dei terreni e degli edifici. In sé, è senz’altro una cifra molto alta. Posso supporre che come sempre in questi casi si arriverà a una trattativi di tipo arabo dove ognuno spara una cifra e si arriva a una mediazione. Il discorso dei prezzi di mercato per un caso come questo funziona fino a un certo punto. Il Leoncavallo è un realtà costruita nel tempo con una sua storicità. Per fare un paragone con tutto il rispetto e che può sconfinare con la bestemmia visto di cosa stiamo parlando, è come pensare che il Duomo abbia un valore di mercato.
Secondo lei l’accordo fra le parti sarà raggiunto.
Cabassi chiede una cifra considerevole e loro troveranno il modo per non pagare o per arrivare a trattare e il Comune interverrà come mediatore per cercare di trovare la soluzione. E’ una storia già scritta che avrà un esito di patteggiamento, è impensabile che per una cosa di questo genere si arrivi a situazione di tensione.
Secondo lei, i centri sociali come il Leoncavallo nel panorama cittadino milanese svolgono una funzione positiva?
Il mio giudizio è no, non potrei mai dire che una realtà come il Leoncavallo, come l’abbiamo conosciuta in tutti questi anni possa avere una funzione positiva. Semmai ha una funzione di reclutamento difensivo, che significa che in questi centri arrivano persone che probabilmente potrebbero fare più danni fuori che dentro un centro sociale.
Ci spieghi meglio. Recentemente proprio all’interno del Leoncavallo, durante un concerto, un ragazzo è morto per abuso di stupefacenti e di alcolici e i rappresentanti del centro stesso hanno detto oggi che l’apertura del tavolo tecnico non comporta la sospensione di eventi come la festa per la semina e la raccolta di canapa.
Il caso del povero ragazzo che è morto mentre partecipava a una festa al Leoncavallo non avrebbe avuto probabilmente una sorte migliore, magari peggiore, fuori di lì. Qualunque realtà sociale che si costruisce nella storia finisce per avere una funzione positiva o negativa a seconda dei punti di vista, che inevitabilmente sono sociali e politici. Da un certo punto di vista la funzione di un centro sociale può essere vista in modo positivo, proprio come valvola di sfogo di una realtà comunque negativa. Io spererei tanto che mio figlio non debba andare a risolvere i suoi problemi insieme ai giovani del Leoncavallo, il che non significa che lì dentro debba essere vista una realtà di delinquenza, o che essa vada demonizzata. Il Leoncavallo rappresenta lo spaccato di una realtà che comunque esiste, una realtà giovanile che non sparirebbe se non ci fosse il Leoncavallo.