Omar, egiziano di 61 anni, torna nella sua casa a Milano dopo un periodo lontano dalla famiglia e incontra il fidanzato della figlia di 17 anni. Dopo aver fatto uscire il giovane, comincia il terzo grado sulle frequentazioni della ragazza, sulle sue esperienze e sulla sua verginità. Lei confessa e chiede scusa, ma non basta: la mattina dopo l’uomo attende che la moglie esca di casa, prende un sacchetto di plastica bianco e marrone e apre la porta della stanza della figlia. Le sale sopra a cavalcioni, bloccandole il petto con i gomiti e le infila la busta di plastica in testa, stringendole le mani al collo: “Non dovevi farmi questo… sei un disonore… perché mi hai fatto questo?” sussurra l’uomo, mentre la ragazza cerca in ogni modo di divincolarsi e di forare il sacchetto con i denti per poter tornare a respirare. Finalmente ce la fa e riesce a mordere con forza il braccio del padre, che allenta la presa. Lei scappa, chiede scusa e chiede di essere picchiata, ma non uccisa. Il padre, piangendo e convinto di aver ormai perduto l’onore, la insegue e le grida che ormai “le botte non servono a niente, non bastano, devi pagare. Non importa del perdono di Dio,non importa della galera e di tutte le conseguenze. Guardami, ho gli occhi gonfi perché ho pensato tutta la notte a cosa sarei andato incontro”. La giovane riesce a scappare di casa e a raggiungere quella degli zii che, insieme alla madre, chiameranno la polizia e faranno arrestare Omar per tentato omicidio aggravato. Una tragedia sfiorata che fa tornare alla mente gli altri episodi che invece ebbero epiloghi molto più drammatici: come quello di Hina, uccisa dal padre nel 2006 e sepolta in giardino perché colpevole di vivere in modo troppo occidentale; oppure quello di Saana, che nel 2009 viene sgozzata dal padre a causa di un legame con un ragazzo italiano; oppure quello di Nosheen e di sua madre, la prima picchiata brutalmente dal padre per aver rifiutato il matrimonio combinato con un cugino, la seconda uccisa mentre tentava di difenderla. IlSussidiario.net ha contattato Souad Sbai, deputata del Pdl e Presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia: «Questo è una delle tante storie drammatiche di questa estate: al telefono di “Mai più sola” abbiamo ricevuto tantissime segnalazioni da parte di ragazze terrorizzate, che hanno paura e che vogliono scappare dalle proprie famiglie. Soprattutto adesso che è cominciata la scuola, è necessario parlare con questi ragazzi, capire dove ci possono essere problemi e intervenire dove è necessario con l’assistenza sociale o con i centri di accoglienza».
L’onorevole Sbai afferma poi che “a 17 anni è normale che una ragazza abbia un fidanzatino, ma il problema è che molte persone hanno problemi psicologici gravissimi, e in questi casi le leggi non sono neanche efficaci. Bisogna dare un segnale chiaro e far capire che a chi commette questo tipo di violenze non verrà data la cittadinanza oppure non verrà rinnovato il permesso di soggiorno. L’educazione è necessaria anche nei confronti delle famiglie, dei padri e delle madri, perché sento parlare di episodi di questo tipo molto più qui che in qualunque altro paese europeo. Abbiamo visto ragazze sgozzate, decapitate o picchiate selvaggiamente, e soprattutto quest’estate abbiamo ricevuto tantissime telefonate e sistemato molte ragazze in cerca d’aiuto in centri di accoglienza”. Souad Sbai è convinta che “l’avanzata estremista è stata devastante per la comunità, che stava portando avanti un processo di integrazione naturale, tranquillo e per così dire “normale”, ma all’improvviso si è fermato tutto ed è subentrata un’altra integrazione, quella radicale estremista, senza che noi potessimo fare abbastanza per fermarla. Oltre altra nostra associazione, che nonostante il grande impegno dei volontari è di piccole dimensioni, non c’è nessun altra struttura che si occupi di questo, quindi è necessario che ci sia almeno un osservatorio per studiare questi fenomeni e per cercare di deviarli in qualche modo”. La Sbai conclude parlando del grande problema di questi ragazzi che vivono nel nostro Paese da sempre e che subiscono questo tipo di violenze, ragazzi che “nessuno vuole perché non sono né italiani, né marocchini, né egiziani, né tunisini, e vivono una solitudine piena senza che nessuno li protegga. Se accadesse una cosa del genere a un italiano si creerebbe uno scandalo di cui si parlerebbe per giorni, ma quando succede alla ragazza straniera se ne parla al massimo per qualche ora, e questo è da considerare in tutto e per tutto razzismo”.
(Claudio Perlini)