Maschio o femmina, non importa, purché sia sano. Dove sano, per mettere i puntini sulle i, sta per normale. E se invece non lo è? Se Fabio a cinque anni ancora non sorride? Se Fatima a sei si esprime solo a versi? Se Riccardo a sette riesce a malapena a tenere la penna in mano? Certo, a scuola ci sono gli insegnanti di sostegno, ma a scuola non si impara certo a lavarsi i denti da soli, ad andare sul monopattino, né a giocare coi videogame. Tutte cose che dovrebbero far parte della vita quotidiana di ogni bambino. Ma Fabio, Fatima e Riccardo non sono come gli altri. Neppure come gli altri disabili, che a partire dai 16 anni possono accedere ai vari servizi di formazione all’autonomia, di orientamento e formazione professionale, di inserimento lavorativo. Sono troppo piccoli persino per i Centri diurni per persone con disabilità (Cdd), che sono rivolti alla fascia di età compresa fra i 18 e i 65 anni. Loro sono solo dei bambini.
Ma chi l’ha detto che debba essere per forza così? “Non sta scritto da nessuna parte che i Centri diurni debbano essere solo per maggiorenni, anche se nella realtà lo sono perché gli standard che regolano l’accreditamento con la Regione sono fatti su misura per gli adulti” conferma Carlo Riva, direttore de L’Abilità, una onlus milanese che dal 1998 lavora per costruire opportunità di benessere per i bambini con disabilità e promuovere una cultura più attenta ai diritti dei più piccoli. Tanto attenta che tre anni fa l’associazione ha dato il via a un progetto rivoluzionario: un Centro diurno per persone con disabilità dedicato ai bambini fra i 5 e gli 11 anni con difficoltà medio gravi sia motorie che mentali. Si chiama “L’Officina delle abilità” e si trova a Milano in via Mac Mahon 92, al piano terra dell’Opera Don Guanella, che ha dato in affitto alla onlus milanese 300 metri quadrati al coperto più altrettanti di giardino. Otto aule, tanti colori, giochi e attrezzature adatte per attività che stimolino la relazione, la comunicazione e l’autonomia dei bambini. Lavaggio dei denti, monopattino e videogame inclusi.
“Questa non è una scuola speciale, né un istituto di riabilitazione – spiega Carlo Riva, che coordina la struttura – ma un vero e proprio Centro diurno per persone con disabilità dedicato ai bambini”. Il servizio ufficialmente è nato nel 2010 dopo una sperimentazione di due anni effettuata in collaborazione con le aziende ospedaliere Niguarda Ca’ Granda e Luigi Sacco, in coordinamento con famiglie e scuola: “L’esito è stato più che positivo – commenta il coordinatore -. Dalle valutazioni effettuate sono emersi miglioramenti significativi dell’apprendimento, diminuzione delle assenze a scuole, aumento dell’autonomia e maggiore partecipazione della famiglia”.
Che viene presa in carico insieme al bambino: una volta alla settimana, infatti, i genitori sono obbligati a venire di persona al Centro per un colloquio con gli educatori, i quali a loro volta si recano periodicamente a casa dei bambini per monitorare la vita in famiglia. Anche con le neuropsichiatrie infantili che hanno in carico i piccoli c’è un filo diretto che tre volte l’anno si concretizza in un vero e proprio briefing sul caso, mentre con la scuola il collegamento è quotidiano. “La forza vincente del progetto è proprio il lavoro di rete che facciamo con la scuola, le neuropsichiatrie e le famiglie, che vanno educate a lasciare che i figli vadano per la loro strada – commenta Riva -. Con i più piccoli è più facile rompere subito la dipendenza”. Persino nei casi di ritardo mentale e autismo, le patologie più rappresentate all’interno della struttura.
L’Officina delle abilità accoglie 21 bambini, il 40% dei quali extracomunitari, suddivisi in tre sottogruppi omogenei non per età o patologia, ma per grado di autonomia e potenzialità espresse, seguiti da sette educatori a tempo pieno che ogni giorno preparano le schede di lavoro su ciascun bambino e si raccordano con scuole, famiglie e neuropschiatrie infantili. “Per ognuno dei piccoli frequentatori del Centro viene stilato un Progetto educativo individualizzato (Pei) mirato al rinforzo cognitivo e alla formazione delle autonomie – spiega Riva – Questi sono i due binari lungo i quali si muove il Pei. Ma non ci sostituiamo alla scuola, che è, e rimane, un obbligo. Facciamo il caso di un bambino Down, con ipotonicità della muscolatura della mano: noi non gli facciamo fare esercizi di scrittura, ma cerchiamo di rinforzare la muscolatura della mano con attività di manipolazione e ausili al computer”.
L’esperienza dell’Officina delle Abilità è una mosca bianca in Lombardia, benché la normativa di riordino del welfare lombardo, la legge regionale 3 del 12 marzo 2008, regolando l’accreditamento delle strutture sociosanitarie non rivolga l’attenzione solo agli adulti: “C’è solo un altro Cdd per bambini, a Varese”, dice Riva. Si tratta del centro gestito dalla cooperativa sociale L’Anaconda, che ai suoi 15 piccoli utenti offre, come L’officina delle abilità, sia prestazioni socioassistenziali per alimentazione, deambulazione, igiene personale, sia prestazioni socioeducative con attività motorie, espressive, occupazionali, ricreative, ma anche terapie riabilitative in acqua e ippoterapia.
Le due esperienze dimostrano che rivolgere ai bambini quello che è stato pensato come un servizio per adulti è possibile. Basta adottare alcuni accorgimenti, come quello che riguarda l’orario di apertura: “Le normative che regolano l’accreditamento stabiliscono che i Cdd debbano rimanere aperti 7 ore al giorno, e infatti di solito seguono un orario che va dalle 9 alle 16 – spiega Riva -. Tenendo conto dell’obbligo scolastico, aprire alle 9 per noi non avrebbe avuto senso, così abbiamo spostato l’apertura alle 11.30 e la chiusura alle 18.30, tenendo anche conto che gli insegnanti di sostegno non coprono l’intero orario di frequenza a scuola e che quindi questi bambini hanno solitamente un’uscita anticipata”. L’unico paletto posto dalla Regione per l’accesso dei minorenni ai Cdd è quello dell’invio al servizio su richiesta delle neuropsichiatrie infantili che li hanno in carico. “Il collegamento con le aziende ospedaliere è comunque fondamentale – conclude Riva – e io mi auguro che, sulla scorta delle nostre esperienze, nel prossimo piano socioassistenziale lombardo si preveda espressamente il servizio del Centro diurno per bambini con disabilità, in modo da incentivare la nascita di altre strutture come la nostra”. Fabio, Fatima e Riccardo aspettano. E anche le loro famiglie.