Dall’arrotino all’ombrellaio, dallo spazzacamino al canestraio, fino addirittura al mugnaio. Mestieri che sembrano ormai scomparsi, offuscati dalla modernità e dallo sviluppo delle nuove tecnologie, ma che in realtà esistono ancora: da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano emerge infatti che sono oltre 9.000 le imprese attive che svolgono ancora un mestiere antico. In Italia sopravvivono ancora 4.390 calzolai e 3.323 corniciai, mentre i mugnai sono appena 63, seguiti dai dieci canestrai e gli otto ombrellai. Sembra invece che i 381 arrotini e i 274 spazzacamini presenti nel nostro Paese abbiamo ormai riconvertito l’antica arte incorporandola in più moderne attività di installazione di impianti termici e varia ferramenta. Le città in cui è più alta la concentrazione delle professioni in via di estinzione sono Roma, con l’8,8% del totale nazionale, Milano, con il 4,8% e Torino, con il 4,2%, mentre il maggior numero di arrotini si trova a Bologna e nella capitale. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Diego Montrone, presidente di Galdus, società cooperativa che da oltre vent’anni organizza a Milano corsi di formazione professionale per disoccupati, diplomati e laureati: «Una volta i ragazzi andavano in bottega e iniziavano a fare un lavoro accanto all’artigiano e questo, regolamentato o meno, accadeva spesso. Pur confermando anch’io una certa necessità di un certo tipo di lavori, in questo momento non esistono possibilità di inserire gradualmente o senza ingenti costi o vincoli da parte del datore di lavoro, i ragazzi che devono imparare un lavoro stando in bottega. Anche l’apprendistato non facilita poi così tanto l’ingresso in queste botteghe, che sono portate avanti dall’artigiano che non se la sente più di rischiare o di pagare così tanto per passare la propria bottega al ragazzo. Da un punto di visto emotivo c’è sicuramente la voglia di tramandare la propria arte, ma questa passione si deve inevitabilmente scontrare con costi, fatiche e impegno che spesso portano a cambiare idea e a lasciar stare. Non è semplice insegnare uno di questi mestieri manuali e impegnativi a un giovane che probabilmente solo dopo molti anni riuscirà a essere veramente produttivo». Questo è un grande problema, continua Diego Montrone, “a cui non si stando minimamente risposta”, ma ce n’è anche un altro: «Queste rilevazioni sono molto statistiche e spesso non sono inserite in un contesto territoriale, quindi senza riuscire a rappresentare il reale tessuto della società. Per i ragazzi di oggi, bisognerebbe pensare a dei contratti di ingresso, cercando di capire quando possono essere applicati, che però diano la possibilità di inserirsi e che potenzialmente portino a un prosieguo dell’attività, altrimenti è verosimile immaginare che molti mestieri di questo tipo andranno a scomparire.
Però tengo a dire che non è vero che non ci sono ragazzi disposti a fare questo tipo di lavori, anche quelli che possono apparire più umili e meno importanti rispetto ad altri. Per quanto riguarda le botteghe dei pasticceri o dei fornai, che comportano un lavoro molto duro e impegnativo con orari veramente pesanti, qui alla Galdus abbiamo un centinaio di ragazzi che studiano, che desiderano e che in futuro andranno a fare i fornai o i pasticceri». Alla Galdus, ci spiega il presidente Montrone, “ci rivolgiamo ai ragazzi dopo la terza media, ma è ovvio che ciò che scelgono a tredici anni non è per forza definitivo, e i nostri percorsi, pur avendo dei precisi obiettivi in settori chiari e definiti, in realtà prevedono un costante accompagnamento a quella che può essere poi realmente la scelta più definitiva, ragionata e condivisa. Una volta individuato lo sbocco e il punto di arrivo di ognuno, si devono acquisire tutte le competenze e durante il percorso formativo è necessario creare occasioni costanti affinché il ragazzo faccia il maggior numero di esperienze lavorative in azienda. Quindi da una parte il ragazzo capisce cosa deve imparare e perché, mentre dall’altra parte l’azienda capisce che deve necessariamente partecipare alla crescita e coltivare le risorse del ragazzo. La qualità del lavoro è anche inevitabilmente correlata alla soddisfazione della persona nel farlo, e se l’azienda lo capisce può nascere un ottimo rapporto di lavoro e fiducia”.
(Claudio Perlini)