Il Tribunale di Milano, sezione civile, ha raggiunto il massimo delle sue capacità giurisprudenziali. Bisogna leggere bene questa storia e comprendere che cosa avviene in questo Paese. Nel 2007, un grande imprenditore come Bernardo Caprotti, il creatore di “Esselunga”, uno dei pochi italiani che nel campo della distribuzione tiene botta ai francesi di Carrefour (vero, signori Benetton ?, do you remember il colpo dei marchi sulle Autostrade dopo la cosiddetta privatizzazione? Un affare da 4mila miliardi di lire?), scrive un libro dal titolo “Falce e carrello”, edito da Marsilio, dove esprime dure critiche sui favori che riescono a  ottenere le grandi Coop di Consumo. Non è un attacco al movimento cooperativo in generale, ma alle grandi catene di distribuzione che fanno capo a Coop Italia e che poi si declinano per tutta la penisola in Coop Adriatica, Coop Toscana, Coop Liguria, Coop Estense e via dicendo. Il libro ha un successo incredibile. La valutazione delle vendite è incerta, anche perché Caprotti lo invia a una serie di categorie, come i giornalisti, gratuitamente. Il calcolo approssimativo è che il libro sia andato nelle mani di 500mila italiani. Il testo è ovviamente una critica serrata, accompagnata da una prefazione di Geminello Alvi, economista di indubbio valore, e da un’appendice di Stefano Filippi, ottimo inviato, che ricorda il sistema delle triangolazioni delle Coop con le amministrazioni “rosse” e alcune “schivate” sulle imposte come il  “prestito sociale”. E’ un libro polemico, duramente polemico, ma non si tratta dello storico David Irving che nega la Shoà. A questo punto le Coop danno fuori di matto e cominciano a fare una serie di cause civili contro il libro di Caprotti. C’è una sequenza di cause messe in atto da tutte le Coop che andrà avanti per anni. Il motivo della causa civile promossa dalle Coop è la denigrazione e la concorrenza sleale, praticamente una distorsione del mercato. Quello capitalista, naturalmente. Coop Italia porta in giudizio Caprotti, i suoi collaboratori e l’editore al Tribunale di Milano e chiede la “modica” cifra di un risarcimento di 40 milioni di euro. Insomma una cifra uguale alla maxitangente Enimont che era di 80 miliardi di lire. Dopo qualche tempo arriva la sentenza della prima Sezione del Tribunale civile, depositata il 15 settembre 2011, del giudice monocratico Patrizio Gattoni. Secondo il giudice non c’è la denigrazione, ma solo la critica che è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, ma, sempre secondo il giudice monocratico, si è operata una distorsione del mercato, per cui Caprotti, Alvi e Filippi devono pagare per risarcimento, in solido, di 300mila euro. Ma affinché, sempre secondo il giudice monocratico, il mercato non venga evidentemente distorto anche in futuro, si è deciso il divieto di ristampa e l’ordine di sequestro dei restanti libri. Speriamo quelli ancora in vendita. Perché a questo non sappiamo se, tenendo nella libreria di casa “Falce e carrello”, commettiamo un reato o meno. Quisquilie della giurisprudenza italiana.



E’ vero che è stato fatto immediatamente ricorso, perché la sentenza civile diventa immediata. Su questi argomenti c’è un “maestro” indiscusso, l’ingegner Carlo De Benedetti. Ma il problema è che ci sarà una sequenza di cause delle Coop che si riferiranno anche alla sentenza di Milano. Nello spirito dei tempi, noi vorremmo suggerire al giudice monocratico di Milano di “mettere all’indice” anche un vecchio libro del comunista Eugenio  Reale, uno dei grandi dirigenti del Pci,  stretto collaboratore di Stalin oltre che di Togliatti, che abbandonò il comunismo dopo aver visto personalmente il “colpo di Praga”, quello del 1948 e i fatti di Ungheria del 1956. Nel 2000, è apparsa una ristampa, edita da Lacata, de “Le carte del Pci”, dove Eugenio Reale accusa addirittura i comunisti di aver frenato il movimento cooperativo in Italia, portando questi numeri: “Negli anni Cinquanta e Sessanta il divario di sviluppo della cooperazione nel nostro Paese rispetto agli altri  paesi industrializzati è cresciuto. Nelle socialdemocrazie del Nord Europa i numeri dei soci ha raggiunto il 50 per cento della popolazione attiva, in Francia è raddoppiato dal 12 al 24 percento. Persino in Canada e in Usa è al 20 per cento. Il numero dei soci espressi in percentuale sul numero degli abitanti è fermo in Italia al 7 percento”. In questo caso ci sarebbe anche la denigrazione e quindi, anche se Eugenio Reale è morto, il libro va bloccato secondo il nuovo “Index librorum prohibitorum”, che è rimasto in Sacra Romana Chiesa fino al 1966 ed era stato istituito da Papa Paolo VI, il cardinale Carafa, non proprio amato dai romani, nel 1558. In questi tempi, con simili sentenze, saremmo tutti più tranquilli. Aspettiamo nel frattempo, con grande apprensione, una dichiarazione del presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati e una dichiarazione sulla libertà di stampa del presidente dell’Ordine dei giornalisti.

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