“E’ bella la strada per chi cammina, è bella la strada per chi va, è bella la strada che porta a casa e dove ti aspettano già”. Con le parole del canto di Claudio Chieffo circa quattrocento tra studenti e volontari di Portofranco hanno accolto venerdì 16 settembre il Ministro degli Esteri Franco Frattini nella loro sede a Porta Genova.



Poche ore dopo, dall’altra parte della città, lo stesso canto – strana coincidenza – ha preceduto la recita del Rosario per Emanuele Banterle nella cappella dell’ospedale in cui ha vissuto la lunga malattia che lo ha portato alla morte.

Due cose nella vita ordinaria di una qualsiasi giornata milanese si sono intrecciate al lavoro, allo studio, al traffico, in apparenza senza nesso tra loro. E invece il nesso è suggerito da quel canto. Una strada, una casa, quella definitiva per Emanuele, un luogo di aiuto e di amicizia per coloro che partecipano a Portofranco e che, a sentirli, non si sentono più stranieri, ma parte di una famiglia, che in molti casi ha fatto loro rivalutare l’Italia in cui sono arrivati da più parti del mondo.



Un altro canto è servito a Giovanni Borgonovo, coordinatore degli insegnanti e degli universitari che danno lezione ai ragazzi, per definire il piccolo miracolo di questo luogo, come lo ha chiamato il Ministro. E’ un canto di montagna e dice: “Cossa importa se gò le scarpe rote, mi te vardo e me sento ‘l cor contento”.

Di scarpe rotte ce ne sono tante, e non solo per la difficoltà a studiare in una lingua non posseduta bene, ma anche per le situazioni familiari, per la solitudine e la fatica a inserirsi in una nazione diversa dalla propria; qui i ragazzi, anche gli italiani, trovano un posto dove alla richiesta di responsabilità non si aggiunge la pretesa di un esito e, per dirla con le parole di una studentessa del Bertarelli, Randa, che sogna di diventare guida turistica, ti viene detto: “Ce la fai”. Un luogo di amicizia, un posto adatto per tutti, non bello fuori, ma bello dentro, per usare le parole di Push, matricola di economia, a cui è giunto attraverso l’aiuto ricevuto qui nei cinque anni delle superiori e che ora continuerà a venirci per aiutare a sua volta i suoi compagni più piccoli.



Portofranco ha compiuto da poco i dieci anni di attività e continua l’intuizione originale dell’ideatore don Giorgio Pontiggia, quella di costruire un posto in cui incontrare i ragazzi in difficoltà soprattutto nello studio e aiutarli nel loro bisogno più immediato. Il tutto gratuitamente. Una cifra sola, richiamata dal presidente, Alberto Bonfanti: in dieci anni sono stati 2.400 i volontari che hanno prestato il loro aiuto ai ragazzi.

Il ministro Frattini ha riconosciuto la validità del modello sociale dell’iniziativa, denominandola un’oasi di collaborazione e di sussidiarietà e augurandosi che venga conosciuta e imitata anche altrove. Dieci anni di Portofranco, dieci anni dall’attentato alle Twin Towers: il collegamento esplicitato dal Ministro degli Esteri fa assumere all’incontro un orizzonte ben più ampio, fa pensare a una goccia nel grande mare dell’ingiustizia del mondo.

“Mi date la possibilità di non vedere tutto nero”, ha soggiunto Frattini verso la fine del suo intervento, dai toni quasi familiari. Ma alla domanda di Mohamed Zaid, direttore di Fronte del porto, il giornalino di Portofranco: “Perché la comunità internazionale è intervenuta in Libia e non in Siria?”, il Ministro ha risposto con una breve e chiarissima lezione di politica internazionale, che ha fatto comprendere la complessità dei problemi del Medio Oriente, la debolezza strutturale delle Nazioni Unite e le gravi mancanze del mondo nei confronti di ciò che avviene nel Darfur e nel Corno d’Africa.

Un incontro sobrio, sincero, interessante per tutti coloro che amano il mondo e che cercano di contribuire al suo bene.