Di fatto il cardinale Angelo Scola è arcivescovo di Milano dal 9 settembre, ma farà il suo ingresso solenne in diocesi domenica 25. È forse questo il giorno destinato a rimanere nella mente dei milanesi come quello dell’«arrivo» vero e proprio del nuovo pastore. Ilsussidiario.net ha parlato di Scola con Massimo Cacciari. Filosofo impegnato in politica, sindaco di Venezia per due mandati, dal ’93 al 2000 e poi dal 2005 al 2010, anno in cui ha abbandonato la politica attiva, Cacciari era sindaco di Venezia quando Scola ne divenne patriarca, nel 2002. «Scola ha una formidabile esperienza» dice di lui Cacciari. «Con lui la collaborazione è sempre possibile. Ma è molto esigente, Milano se lo ricordi bene…»



Professor Cacciari, com’è il nuovo arcivescovo, il card. Angelo Scola?

Scola è una personalità di grandissimo rilievo. Ha una dimensione internazionale, proprio quella che Milano non ha più e che dovrebbe recuperare a 360 gradi. È lombardo e quindi è probabilmente affine a certi caratteri di questa terra, di questa regione, di questa città. È una persona certa delle sue opinioni, ma al tempo stesso capace di confrontarsi.



Quali sono i punti chiave della riflessione laica di Scola e che cosa può dare a Milano il suo pensiero?

Scola è molto attento all’aspetto pratico politico. Non perché si schieri da una parte o dall’altra, ma perché sa agire nei contesti specifici in cui si trova. È una persona con la quale la collaborazione è sempre possibile. Non c’è assolutamente nulla di settario in lui, nessuna velleità di imporre le proprie idee proprie agli altri; al tempo stesso, però, ha idee molto chiare, che manifesta con altrettanta chiarezza. Anche sul piano amministrativo, politico, pratico, vedrete che parlerà sempre apertamente. È però un interlocutore esigente e rappresenterà per questo un incentivo a fare, e a fare bene. È stato così per me a Venezia, spero che sia così anche a Milano.



Secondo lei, la Chiesa esercita ancora una leadership in una città come Milano?

Certamente sì. Tra i fattori fondamentali di sviluppo e di guida della città c’è senz’altro il ruolo della Chiesa. Anche Venezia è così: sono città emblematiche a livello nazionale e internazionale che possono fare bene solo se tutti i soggetti presenti in esse operano in sinergia.

Secondo lei, potrà esserci un attrito tra l’ispirazione politica di chi governa la città e Angelo Scola?

Non penso proprio. Se lo fosse, non sarebbe per colpa di Scola, che ha operato con me a Venezia in uno spirito di totale correttezza, devo dire anche aiutandomi, in certi casi. Non vedo perché dovrebbe comportarsi diversamente a Milano. Ripeto, è però un interlocutore esigente. Occorre stare attenti con lui a non cadere in stupidi estremismi per quanto riguarda certi comportamenti o certe scelte, ma nella sostanza, per quanto riguarda le cose essenziali alla città, dal punto di vista economico e sociale, per esempio, l’amministrazione di Milano può trovare in Scola un prezioso collaboratore.

Cosa intende dire con «stupidi estremismi»?

Per esempio ostinarsi a fare battaglie di principio, come quella dei matrimoni gay…

Il dibattito culturale italiano ha ormai recepito alcune parole lanciate da Scola, come quelli di «meticciato», di «nuova laicità», di «vita buona». Questi termini che cosa possono dare a Milano?

Moltissimo. Meticciato vuol dire che il nostro futuro è un futuro di incrocio – forse conflittuale, forse difficile – ma necessario e inevitabile tra culture, etnie, religioni diverse. Dobbiamo farci «altri» rispetto a quello che siamo stati, altrimenti saremo fatti fuori dai cambiamenti e dalla competizione internazionale. Se la realtà cambia, dobbiamo raccoglierne la sfida. Quelle di Scola sono «linee politiche» fondamentali che dovrebbero essere assolutamente condivise anche dall’attuale amministrazione di Milano.

In un recente intervento ripreso dal Sole 24 Ore, Scola invitava a superare il paradigma moderno hobbesiano di ragione, improntato all’individualismo, alla realpolitik e alla sopravvivenza. Lei si ritrova?

Mmm… a parte il fatto che Hobbes è cosa assai più complessa di questo schema che Scola ha tirato fuori, perché Hobbes oggi vuol dire anche Stato, Stato di diritto, sicurezza in generale… detto questo, la lezione è che la cura della cosa pubblica non può più essere una fredda amministrazione volta a garantire la sicurezza ai cittadini restando nella sua sovranità, nel suo «corpo». Ormai il mondo è globale, quello che ci governa è l’intreccio, la rete economica politica e sociale e non più gli Stati tradizionalmente intesi. Direi che questi avvertimenti di Scola dimostrano come da un punto di vista cattolico aperto e attento ai problemi globali, possono venire contributi importanti anche per la politica nostrana.

Il suo augurio personale ad Angelo Scola, all’inizio del suo mandato?

Non saprei, anche perché non ne ha alcun bisogno. Posso solo augurargli di continuare a fare bene come ha fatto a Venezia.