Come sarà l’Expo 2015 dell’austerity? Questa è la domanda che si pone chi segue, in Italia e all’estero, i lavori per la prossima Expo universale, la prima organizzata a ridosso della più grande crisi economica e finanziaria mondiale dal 1929 esplosa nel 2008 nel cuore dell’occidente ed infilata in un tunnel di cui non si vede ancora la fine.
Le crisi e le rinascite dei progetti legati alla realizzazione degli Expo universali sono numerose nella storia centenaria della realizzazione dei progetti legati al grande evento. Budget che non tornano, incendi, danneggiamenti, caroselli di amministratori e intralci burocratici hanno messo in forse Esposizioni come quella di Chicago e Milano nel 1983 e 1906, l’appuntamento di Osaka ed Hannover nel 1970e nel 2000, poi chiusi con ottimi risultati.
La “tempesta perfetta” dei contrasti sulla gestione della Società Expo, la crisi di sostenibilità finanziaria dell’Italia unita al cambio nella guida amministrativa al Comune di Milano aveva fatto temere il “flop” preventivo di Expo 2015 dedicata a “Nutrire il pianeta – Energia per la vita”. Questa prospettiva è stata fortunatamente evitata in primo luogo grazie allo scatto d’orgoglio degli uomini e delle donne che lavorano per Expo 2015 e da un sussulto di responsabilità delle istituzioni e delle forze politiche milanesi e italiane.
Il pericolo per Expo 2015 non veniva solo dall’esterno, ma anche dall’interno dell’alleanza del neo Sindaco Pisapia, Commissario Straordinario della manifestazione, dove c’era chi voleva abbandonare Expo al suo destino, in nome di una cultura di rinserramento sul territorio e di un’ideologia contraria allo sviluppo. Ai fautori della resa si erano aggiunti, formando un mix esplosivo, i sostenitori della formula “Expo orto globale”, apparentemente innovativa ma in realtà in forte ritardo rispetto a una realtà di sviluppo mondiale “green” che ha già mostrato tutti i suoi limiti economici e sociali.
Il riposizionamento di Expo 2015, imposto dalla bufera delle ripetute crisi del debito pubblico e privato ha lasciato i segni con tagli, rinunce e aggiustamenti nel progetto originario del grande evento, ancora 300 milioni di spese cancellate, ormai arrivato a poche settimane dalla simbolica posa della prima pietra. Il Sindaco di Milano ha confermato i programmi di costruzione di un grande teatro da quattromila posti, ma non si capisce fino in fondo che fine farà il progetto per un Centro per lo sviluppo sostenibile. Ci saranno poi le vie d’acqua tra Milano e Rho – Pero, il sito dell’Esposizione, ma non si sono visti i cronoprogrammi per la sistemazione dei Navigli e della Darsena, un fatto che fa intuire un piano di assestamento dei lavori. Pare cancellato il Villaggio Expo per i commissari dei Paesi partecipanti e subirà cambiamenti anche il percorso originariamente previsto per levie di terra.
Negli ultimi decenni quasi tutti gli enti organizzatori delle esposizioni, nella varie fasi di ideazione e realizzazione hanno modificato i piani presentati originariamente al Bureaux International des Expositions di Parigi, per ragioni logistiche o finanziarie. Il tema prescelto e il suo sviluppo sono sempre rimasti il pilastro centrale del progetto di candidatura vincente e da questo punto di vista resta da verificare, nei fatti, se Milano si manterrà all’altezza della sua proposta, solida sul piano della conoscenza e attrattiva sul piano dell’emozione: diventare il luogo di elaborazione di un tema di interesse mondiale come la sicurezza alimentare, contribuendo in modo concreto al miglioramento della qualità della vita.
La Città di Milano, la Provincia, la Regione Lombardia e l’Italia si erano candidati ad Expo 2015, nel 2006, per diventare uno dei motori di sviluppo mondiali, puntando sull’agricoltura, sull’industria alimentare, sul cambiamento degli stili di vita. L’attesa suscitata da questa sfida mondiale, culturale prima che organizzativa, è stata la leva che ha fatto convergere sulla candidatura milanese l’attenzione delle organizzazioni multilaterali internazionali e l’entusiasmo dei cittadini. L’intuizione di allora si è rivelata vincente anche perché anticipava un cambio di passo della globalizzazione che, dal 2006, ha rovesciato i rapporti di forza tra paesi ricchi e paesi poveri, tra paesi emergenti e paesi sviluppati, i primi chiamati ad aiutare i secondi a liberarsi dai debiti e dalla recessione.
‘Expo 2015 dell’austerity si farà,a costi ridotti, ma si spera senza ridurre il suo orizzonte di opere e valori che riguarda proprio la proposta di trovare un nuovo punto comune di cooperazione per lo sviluppo sostenibile nel XXI secolo.
E’ molto vicina la prima verifica per capire a che punto sono arrivati i contenuti del tema milanese: dal 25 al 27 ottobre si terrà a Milano il primo International Participants Meeting cui sono stati invitati i 194 Paesi che fanno parte del Bie ed in quella occasione dovrebbero emergere, con maggiore chiarezza, i punti di sviluppo impressi al tema e quali risultati saranno messi sul tavolo dei cinquanta Paesi che hanno già aderito alla manifestazione.