Parte il 16 gennaio l’Area C, la congestion charge voluta da Giuliano Pisapia che sostituirà l’Ecopass di Letizia Moratti. Da lunedì prossimo, tutti i veicoli a diesel o a benzina dovranno pagare per l’ingresso in centro, mentre i veicoli elettrici, le moto e i motorini saranno esentati e le auto a metano e a Gpl beneficeranno di una deroga fino al 31 dicembre 2012. I residenti all’interno dell’Area C dovranno a loro volta pagare, ma avranno delle agevolazioni. Il Pdl ha lanciato una petizione per indire un referendum contro la congestion charge di Pisapia. Ilsussidiario.net ha intervistato Federico Illuzzi, consigliere di zona 9 eletto nel Pdl, nonché colui che ha scritto il quesito e la relazione per la petizione.
Perché il Pdl, che ha approvato l’Ecopass della Moratti, si oppone alla congestion charge di Pisapia?
L’intento dell’Ecopass era quello di istituire una pollution charge, e non una congestion charge: prevedeva cioè una differenza di trattamento tra chi inquinava di più e di meno. Il principio era chiaro: chi più inquina, più paga. Con l’Area C invece pagano tutti e alla difesa dell’ambiente si sostituisce un intento vessatorio. Io sono comunque dell’avviso, ma questa è la mia considerazione personale, che anche l’Ecopass abbia fallito, come era già avvenuto con la congestion charge a Londra. I risultati nella lotta all’inquinamento sotto la giunta Moratti non sono stati buoni come ci si aspettava. Un politico deve quindi avere la responsabilità di riconoscerlo e di cercare di individuare delle nuove misure.
Quali sono in particolare i problemi legati all’Area C?
Il principale problema dell’Area C è che presenta delle modalità di discriminazione ingiustificata tra i cittadini, tali per cui si può comprendere che è un provvedimento sbagliato senza neppure attendere gli esiti della sperimentazione come è avvenuto con Ecopass. Per esempio un medico che opera o ha dei pazienti nel centro di Milano, dal 16 gennaio dovrà pagare la tariffa d’ingresso. Questo è sbagliato, perché trattandosi di un servizio pubblico dovrebbe avere diritto alle esenzioni. E lo stesso vale per altre categorie professionali come il magistrato che lavora nel Palazzo di Giustizia. Pisapia invece ha deciso di “usare la mannaia”, facendo sì che chiunque entra in centro debba pagare. E’ a questo che si oppone il Popolo della Libertà.
Perché è così certo del fatto che la congestion charge non ridurrà l’inquinamento?
Le auto circolanti incidono in minima parte sulle concentrazioni di gas in una città. Le caldaie per esempio inquinano molto di più, mentre Palazzo Marino preferisce vessare chi usa la macchina. Dietro a questo provvedimento quindi si nasconde non tanto la tutela dell’ambiente, ma la volontà di fare cassa, altrimenti si utilizzerebbero altri strumenti.
Che cosa propone quindi il centrodestra?
La priorità dovrebbe essere quella di intensificare i trasporti pubblici: si fa sempre il paragone con la congestion charge di Londra, che però ha 15 linee di metropolitana, mentre a Milano ce ne sono solo tre. Se il Comune ordina al cittadino di non muoversi con l’auto in centro deve offrirgli un’alternativa. Per esempio per chi abita in zona Barona, o per i residenti del mio quartiere raggiungere il centro con i mezzi pubblici è veramente problematico. L’Area C limita quindi le persone in quello che è un diritto previsto dalla Costituzione come la libertà di movimento. Quello introdotto da Pisapia è cioè un provvedimento totalmente incostituzionale.
Difficile però riuscire a migliorare i trasporti pubblici in una città complessa come Milano …
Occorre puntare sull’incremento delle linee metropolitane, del numero delle corse dei mezzi pubblici e dei parcheggi di interscambio. E questa non è una bella idea, ma un’attuazione concreta prevista dal Pgt dell’ex giunta Moratti, che introduceva una possibilità reale di muoversi in maniera alternativa rispetto all’automobile. Pisapia ha deciso di bloccare il Piano di governo del territorio, e ora il centrosinistra sta pensando a un nuovo modello di muoversi in città che finora ha trovato attuazione pratica soltanto nell’Area C. Vedremo ora quali proposte verranno dall’attuale giunta, quindi il Pdl farà le sue valutazioni.
Dopo il referendum di giugno, non ritiene però che i milanesi si siano già espressi a favore dell’Area C?
Quello del referendum è il nuovo mantra dell’attuale maggioranza, ma anche una grande falsità. Innanzitutto perché il referendum poneva dei quesiti di carattere generale, del tipo “Volete più verde a Milano?” o “Volete migliorare il sistema dei trasporti?”. Era scontato che chiunque rispondesse di sì. Nel referendum non compariva però la seguente domanda: “Volete la congestion charge?”. Il centrosinistra sostiene che questa sia la volontà della gente, mentre non è assolutamente vero. La maggioranza ha presentato di proposito dei referendum così vaghi, per potersi muovere in maniera libera una volta vinte le elezioni.
E perché il referendum che chiedete voi è diverso?
Perché il nostro non è un referendum di proposta popolare, bensì di “revoca successiva”. Sarà la prima volta, nella storia di Milano, che si darà vita a un quesito di questo tipo, ed è rivolto a fare sì che la questione ambientale sia affrontata in modo oggettivo e non ideologico, come vorrebbe invece fare l’attuale maggioranza. Noi al contrario intendiamo sfatare quello che è stato dichiarato finora e dare risposte concrete sulla questione ambientale.
Di chi è l’iniziativa del referendum?
L’idea è partita su proposta del consigliere Carlo Masseroli, mentre io ho scritto il quesito e la relazione per la petizione che sarà firmata dai cittadini per revocare la delibera che istituisce la congestion charge. Si tratta di un’iniziativa organizzata ufficialmente dal Pdl.
Quante firme avete già raccolto?
Diverse migliaia. Solo il primo giorno di banchetto sono state 1.500 e dobbiamo raccoglierne 30mila entro maggio, ma credo che riusciremo a raggiungere l’obiettivo minimo nell’arco di un mese dall’inizio della campagna. Nel frattempo però stiamo attendendo il parere dei garanti, che devono verificare la correttezza formale dei referendum.
(Pietro Vernizzi)