Caro direttore, non andrò a vedere Sul concetto di Volto nel figlio di Dio del regista e sceneggiatore Romeo Castellucci, che si terrà al Teatro Parenti di Milano dal 24 al 28 gennaio prossimi. E non credo, per questo, di non potere esprimere un giudizio (tra l’altro neppure tutti gli entusiasti estimatori l’hanno visto). Le ragioni sono molte e cercherò qui di raccoglierle.
1. Innanzitutto mi pare viltà prendersela con l’immagine di Cristo, sapendo che non ne pagherai nessuna conseguenza, ma otterrai solo un crescendo di pubblicità (e anche gratuita). È scontato il riferimento alle «vignette su Maometto» o ai «Versetti satanici». Ma anche se imbratto o brucio la bandiera italiana so che vado incontro a sanzioni pesantissime, oltre che al ludibrio dei benpensanti.
2. Avere usato giovanissimi per scagliare pietre sull’immagine del Signore mi pare grave come lo stupro fisico (su cui, grazie al cielo, sono tutti d’accordo). Chi ricostruirà la coscienza di quei ragazzi? Basterà pagarli profumatamente? Basterà dare loro un po’ di notorietà?
3. Negli anni ’60 un tale, autoproclamatosi artista, aveva confezionato scatolette con le sue feci, e tanti gonzi l’hanno esaltato. A me non va di passare alla storia come un povero deficiente che, in nome della libertà di pensiero, non sa neanche più riconoscere quando viene preso in giro. La novella di Andersen, I vestiti nuovi dell’Imperatore, dovrebbe ancora insegnare qualcosa.
4. Ora sono in pensione – almeno per lo Stato – e mi sono sempre guadagnato il pane col mio lavoro. Non ho mai avuto favori, prebende, facilitazioni. Ho – insieme ad amici – messo su un sito Web e me lo pago. Perché il signor Castellucci dovrebbe ricevere soldi dallo Stato italiano (e quindi anche da me) facendo opere che di dignità culturale non ne hanno affatto? E soprattutto che mancano di rispetto per chi ha convinzioni religiose?
5. Che il regista – novello Cristo – voglia dare il suo perdono a quelli che lo hanno contestato, a me francamente fa pena, oltre a far ridere (“Una risata vi seppellirà”). Neanche lui, il regista, è il mio pastore!
6. Se il regista crede che ricoprire un anziano (e poi il volto di Cristo) di liquame contribuisca alla emancipazione del popolo e alla libertà del pensiero, sappia prima di tutto che il popolo sa riconoscere i suoi maestri. E che non si lascia facilmente abbindolare. Anche se, purtroppo, nella società in cui viviamo l’esercizio della ragione e un sano senso di criticità sono ostacolati da una intellighenzia superficiale e presuntuosa, che non sa riconoscere e stimare chi pensa diversamente e manifesta il suo pensiero civilmente. A questo proposito mi ha colpito il notare che in Francia molti dei cosiddetti contestatori erano giovani dalle facce pulite.
Bene, mi direte, non si tratta di libertà di pensiero, non è un’opera d’arte, sono usati impropriamente i soldi di tutti noi… ma che fare?
Ci ha da poco ricordato Benedetto XVI che l’odio ai cristiani (che prima o poi diventa odio alla vita e alla libertà dei popoli) inizia con il disprezzo pubblico, col ludibrio e l’irrisione di ciò che hanno di più caro.



Abbiamo un bisogno grandissimo di educazione, e di testimoni, e in questo ci aspettiamo molto anche dai giovani, come ci ha recentemente ricordato Benedetto XVI: «Cari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. […] Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo». Se le scuole, le università, i mezzi di comunicazione sociale diverranno ospitali nei confronti del bello, allora si potrà ricominciare a sperare. Difendiamo i nostri diritti di non essere infestati da quei liquami che, dopo avere invaso la sala del teatro, vogliono anche invadere le nostre coscienze.

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