La Giunta comunale milanese ha preparato il nuovo piano di governo del territorio, il famoso Pgt già messo a punto dalla precedente giunta Moratti. Lunedì andrà in giunta, quindi in commissione e poi l’approdo finale per il voto. Un piano che viene annunciato molto diverso dal precedente: come ha detto l’assessore De Cesaris, si è rimessa al centro la città. Ridotto l’indice edificatorio e via alle volumetrie generate dal Parco Sud. Meno cemento, più verde e servizi, dice ancora De Cesaris. Non ci sta a queste dichiarazioni Carlo Masseroli, autore del vecchio piano approvato dalla giunta Moratti:  “Siamo davanti a una prospettiva nera” dice Masseroli. “Una prospettiva che nel migliore dei casi porterà a un fermo del piano regolatore di due anni, nel peggiore a una serie enorme di ricorsi che bloccheranno la città”. Tutto questo, dice ancora Masseroli “per accontentare una élite che non vuole sviluppo, esattamente come successo con l’introduzione dell’Area C, ma che preferisce una città radical chic per pochi invece che una città in sviluppo con opportunità per tutti”.



Masseroli, nelle parole usate per descrivere il nuovo piano, sembra che il vostro fosse tutto a base di cemento.

Il racconto che ne fanno esprime obbiettivi che possono apparire condivisibili, ma nessuno dice, per quello che si è potuto vedere fino ad oggi, quanto tutto appaia fumoso e astratto. Diciamo che il loro è un piano che dice quello che non si può fare, ma non si capisce come si potrà fare quello che proclamano di voler fare.



Entriamo maggiormente nel dettaglio di cosa si annuncia.

Sostanzialmente, quello che accade è un ritorno al passato. Si torna ai vecchi piani regolatori usati per decenni  a Milano, piani in realtà mai attuati, piani dirigisti. Piani in cui chi governava diceva come dovevano andare le cose e ciò che doveva accadere salvo mettere regole che rendevano impossibile l’attuarsi di quello che era stato previsto.  Anche  perché il dirigismo si cristallizza mentre la città e le persone evolvono.

E cosa succedeva nel concreto a questi piani regolatori?

Questi piani regolatori hanno generato oltre 350 singoli progetti nati tutti in variante al piano regolatore originale. Il piano regolatore ipotizzava e tutto ciò che poi accadeva nella realtà, nella vita cittadina, costringeva a fare varianti perché ciò che si era ipotizzato non era più applicabile.



Cosa si intende con varianti?

Sono degli accordi ad hoc tra pubblico e privato con regole scritte di volta in volta. In quel modo  muore ciò che accade nel concreto e si mette insieme un sistema burocratizzato e dirigista che genera il miglior terreno di cultura per la malavita, per le mazzette per le infiltrazioni mafiose di cui parla tanto Saviano.

Addirittura?

Lo vediamo nell’esito: questi piani regolatori hanno prodotto una città che viene criticata, dove la gente dice non è bella,  ogni punto è diverso dall’altro. E come dice Saviano si è attratta nella dialettica tra pubblico e privato, ogni volta diversa, un sistema della malavita che prima non c’era.

La Giunta Pisapia sottolinea l’importanza del Parco Sud.

Un grande Parco Sud è quello che diceva anche il nostro piano, un obbiettivo più che condivisibile. Il nostro piano diceva: non si costruisce al Parco Sud, e lo strumento per poter non costruire e far diventare questo parco un parco attraente ed attrezzato si chiama perequazione.

In che modo?

Essendo il Parco Sud di proprietà di vari privati si intendeva lasciarlo tutto al pubblico permettendo ai proprietari di costruire altrove. Così il parco diventava un grande parco, attraente e pubblico.

Invece?

Il nuovo piano fa scomparire tutte le volumetrie che generava il nostro intervento per il Parco Sud. In questo modo non cambierà niente:  l’esito sarà un ambiente  degradato dove non ci va nessuno e dove la gente ha paura di andarci. La proprietà  resta privata con la tentazione prima o poi di corrompere qualcuno per poter costruirci qualche villetta. Il dirigismo che caratterizza questa giunta rappresenta solo apparentemente l’interesse pubblico. Di fatto lo ammazza perché l’interesse pubblico vero è che la gente possa usare questo piano. Provi a chiedere quanta gente oggi si reca al Parco Sud: le risponderanno che non sanno neppure dove si trova.

Altri esempi di cambiamento del vostro piano?

Il caso delle infrastrutture. Come pensano di pagare la la circle line che hanno detto di voler mantenere dal nostro progetto? Nel vecchio piano si pagava attraverso le plusvalenze dei grandi interventi negli scali ferroviari, nel nuovo piano nessuno dice qualche cosa in merito. Riducendo o abbattendo anche qui le volumetrie  si riduce la capacità economica che si generava da questi interventi. Ci dicano come intendono trovare i soldi: tassando ancora i cittadini? La verità è che con questo piano la circle line non si farà mai.

Lei ha detto che se la modifica del piano è radicale, il documento andrà ripubblicato, altrimenti c’è il rischio di ricorsi. Cosa intende esattamente?

Il fatto che non si parte da un piano che comincia oggi, ma hanno revocato l’approvazione al vecchio piano. Resta dunque un piano adottato con delle osservazioni raccolte dai cittadini. Se queste osservazioni porranno modifiche sostanziali la legge prevede che il piano venga revocato.

E che cosa succede in tale caso?

Spieghiamo che cosa è una modifica sostanziale: un operatore ha una proprietà con dei diritti. Se i diritti vengono modificati l’operatore può ritirarsi dall’accordo in atto.  Se questi diritti cambiano per tutti  cambia sostanzialmente tutto il piano e va quindi ripubblicato. Significa che bisogna riprendere in mano tutto e quindi tornare ancora una volta in consiglio comunale: i tempi prevedibili sono due anni.

Altrimenti?

Se invece ritengono di non voler rispettare le regole e di non voler ripubblicare il piano si viene a generare un sistema che è peggiore, un sistema dove gli esperti di giurisprudenza avranno la meglio sulla politica. Nasceranno una quantità di riscorsi enormi che bloccheranno la città. Tutto ciò per garantire i diritti di una élite di cittadini che non vuole alcuno sviluppo di Milano, proprio come successo con l’Area C: si preferisce una città radical chic per pochi invece che una città in sviluppo.