Ormai esistono neologismi a getto continuo. L’ultimo coniato è quello di “regionopoli”, per inquadrare lo scandalo della Regione Lazio e le dimissioni di Renata Polverini. Seguito poi da controlli e indagini in altre realtà regionali. L’impressione è che esistano sprechi, sperperi e veri propri scandali che non sono più tollerabili. Ma c’è anche la sensazione che spesso si arrivi a generalizzazioni, riduzioni schematiche della realtà che alla fine diventano solo distruttive, che non tengono conto di quello che esiste di positivo e di realizzato in tanti anni. Gli scandali portano discredito nei confronti della classe politica nel suo complesso, le ondate scandalistiche mettono sovente anche in discussione l’autonomia regionale. Roberto Formigoni, Governatore della Lombardia, risponde con calma e invita tutti a ragionare con un minimo di realismo: «E’ vero che ci sono episodi di malcostume, che ci sono sprechi. Su questo non c’è alcun dubbio. Ma sarebbe bene non prendere spunto da alcuni episodi, che probabilmente sono pochi rispetto alla realtà complessiva, per mettere in discussione tutto l’impianto dell’autonomia regionale. E poi il federalismo, che mi sembra sia stato abbandonato dall’attuale governo, neppure dimenticato. Ora, c’è innanzitutto una proposta di autoriforma proposta dai Presidenti delle Regioni che è basata su tre punti fondamentali».



Quali sono queste tre punti?

Il primo riguarda una riduzione dei consiglieri e degli assessori. Si tratta di una riduzione del 30 percento che riguarderebbe ben 330 consiglieri. Il secondo punto riguarda la riduzione delle spese politiche e una loro omogeneizzazione in tutte le Regioni. Il terzo è quello di sottoporre i bilanci direttamente al controllo della Corte dei Conti. Questa è un’autoriforma che abbiamo concordato e su cui basterebbe che il Governo intervenisse con un decreto. Ma intorno a questi tre punti fondamentali ci sono altre possibilità di intervento, come il rapporto tra consiglieri eletti e popolazione rappresentata, un ulteriore taglio della nostra indennità (lo abbiamo già fatto due volte). Su tutto questo si può ragionare e si sta ragionando da tempo.



Il problema decisivo è quindi riuscire ad abbattere i costi salvaguardando l’autonomia regionale?

Questo è un punto fondamentale. Anzi è il punto centrale. Noi l’autonomia regionale la difendiamo e la difenderemo sempre. Un conto è eliminare gli sprechi, un conto è mettere in discussione questa autonomia, che è stata una grande conquista. Noi abbiamo raggiunto risultati importanti con l’autonomia regionale, basta guardare al sistema sanitario lombardo. Quindi va benissimo combattere gli sprechi, cercare di contenere in tutti i modi le spese, ma sarebbe ben altra cosa rimettere in discussione completamente l’autonomia delle Regioni. A questo rispondiamo con un secco no.



Forse l’apparato complessivo della Regioni, prese nel suo insieme, che può essere rivisto.

Se noi guardiamo nel complesso, vediamo che ci sono venti Regioni più due Province autonome, quelle di Trento e Bolzano, che sono come Regioni. Qui c’è un lungo dibattito che può essere approfondito. Si può stabilire un nuovo rapporto tra popolazione e ente regionale. In altri termini, una Regione può essere giustificata da un numero di abitanti più alto. Ci sono stati studi al proposito e si può aprire una discussione costruttiva. Si è parlato più volte di “macroregioni”. La “Fondazione Agnelli” ha previsto una riduzione delle Regioni dal numero attuale a quello di dodici. C’era persino una vecchia proposta di Gianfranco Miglio, di ridurre le Regioni a tre “macroregioni”. Tutto questo può essere utile per un ragionamento costruttivo, di riforma, di grande riforma. Ma quello che non è possibile accettare è mettere in discussione l’autonomia regionale di fronte a episodi di malcostume e di sprechi individuabili.

 

(Gianluigi Da Rold)