L’ex assessore della Regione Lombardia, Antonio Simone, ha lasciato oggi il carcere di San Vittore per scadenza dei termini di custodia. Nella giornata di ieri il Gip Vincenzo Tutinelli ha rigettato la richiesta della Procura di prorogare la custodia cautelare di tre mesi per Simone e per Pierangelo Daccò, entrambi indagati per i fondi neri della Fondazione Maugeri. Resta però in carcere Daccò, detenuto anche per la vicenda del San Raffaele, per la quale è stato recentemente condannato a dieci anni di reclusione. L’imprenditore continuerà a scontare la pena presso il carcere di Opera. “Oggi parlo solo del carcere, un luogo di grande umanità”, ha dichiarato una volta uscito dal carcere Antonio Simone. “E’ stata un’esperienza positiva ma che non auguro a nessuno”, ha detto, aggiungendo che “queste mura dovrebbero essere abbattute per vedere quello che c’è dentro”. Da quanto si legge nei vari passaggi dell’ordinanza, i diversi indizi di colpevolezza che ancora permangono non sono idonei a fondare un provvedimento di proroga della custodia cautelare. “Si tratta di soggetti – viene spiegato dal Gip del Tribunale di Milano – che hanno evidenziato una spiccata professionalità nella commissione dei reati contestati e una sorprendente disponibilità di strumenti e intermediari sia nei rapporti con la pubblica amministrazione sia nella commissione dei reati di stampo patrimoniale e finanziario”. Secondo il giudice per le indagini preliminari, Umberto Maugeri e il consulente Gianfranco Mozzali, anche loro indagati, “evidenziano, soprattutto per quanto riguarda Simone e Daccò, una capacità di influenzare comportamenti dell’Amministrazione regionale e di far valere i legami di vicinanza che esponevano a proprio vantaggio”. Questi elementi, tuttavia, “non appaiono idonei da soli a fondare un provvedimento di proroga della custodia cautelare”. Simone, ex assessore lombardo alla Sanità, ha dunque lasciato il carcere di San Vittore a Milano, dove è recluso dal 13 aprile scorso: ad attenderlo all’uscita una cinquantina di persone. Pierangelo Daccò, invece, detenuto anche per l’inchiesta sul San Raffaele, è stato condannato recentemente a dieci anni di carcere che continuerà a scontare presso il carcere di Opera. Le indagini della procura di Milano ipotizzano, a vario titolo, i reati di riciclaggio, appropriazione indebita, associazione per delinquere, frode fiscale e false fatture.



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