Salta l’accordo preso solo pochi giorni fa dal segretario della Lega e da quello del Pdl, alla presenza di Roberto Formigoni, sul futuro della Regione Lombardia? E’ quanto sembra emergere dal Consiglio federale della Lega che si è tenuto ieri pomeriggio alla presenza dello stesso Maroni. Quella che sembra sia emersa è piuttosto la linea del segretario regionale Salvini, e cioè andare al voto ad aprile e dire addio all’alleanza Lega-Pdl in Lombardia. Un cambiamento totale di rotta che Maroni non ha ancora spiegato nelle sue reali motivazioni, se non che la Lega, si legge nel comunicato del Consiglio federale, non accetta infiltrazioni mafiose nel governo lombardo. Per il consigliere regionale del Pdl Mario Sala contattato da Ilsussidiario.net, Maroni deve dire lui se è davvero così e spiegare anche perché questo cambiamento totale e repentino. “Noi stiamo a quanto detto dopo l’incontro tra Alfano e Maroni” spiega “tanto è vero che già lunedì siamo al lavoro su punti importanti del programma di legislatura. Ci siamo sentiti con Roberto Formigoni che ha confermato che quello che conta è l’accordo dello scorso giovedì. Nella Lega si stanno scontrando due linee diverse”.
Sala, che sta succedendo dentro alla Lega?
Noi stiamo a quello che Roberto Formigoni ci ha riferito all’incontro del gruppo consiliare sull’accordo preso con Maroni e Alfano. Un accordo che genera un cambiamento non solo di rotta ma anche un certo contenuto del programma di questa seconda parte della legislatura.
Si va avanti dunque?
Certo, siamo già al lavoro su questo programma. Io stesso lunedì in qualità di presidente della commissione delle attività produttive avrò le audizioni di tutto il sistema fieristico lombardo in visione del cambiamento della legge testo unico sul commercio. Si va avanti e lo facciamo perché la Lega ha confermato la sua presenza.
Ma adesso sembra abbiano cambiato idea.
Se adesso hanno deciso così e rimettono in discussione quanto deciso all’incontro con Alfano e Formigoni, se fosse così la notizia dovrebbe venire dallo stesso Maroni con una posizione ufficiale a correzione di quanto si sono detti.
E’ possibile ci sia uno scontro interno tra Maroni che aveva promesso collaborazione e Salvini che già prima dell’incontro con Alfano parlava di rottura?
Ci sono due fattori che quelli della Lega vogliono tenere entrambi presenti. Sono fattori contrastanti ma evidentemente dal loro punto di vista ci devono stare entrambi.
Ci spieghi.
Stiamo assistendo in questo momento storico a una grandissima accelerata di un processo che vuol portare il dimagrimento delle regioni e il ritorno a un centralismo statalista. Cedendo la Lombardia i processi verso sussidiarietà e federalismo che oggi più che mai vanno difesi, prenderebbero invece un altro corso. E’ importante anche per i leghisti difendere questi processi. Nonostante tutte le difficoltà che sappiamo porterebbero a realizzare in questa seconda parte della legislatura un programma come la riforma della sanità e del welfare in chiave sussidiaria e federalista.
L’altro aspetto?
L’altro aspetto è l’esigenza che molti militanti hanno verso una inversione di rotta che possa essere ben definibile per tutte le cose che sono successe e che sappiamo. Salvini parla di referendum per chiedere alla gente se andare al voto ad aprile. La stabilità che porta discontinuità in un programma particolarmente indirizzato alla valorizzazione della sussidiarietà e del federalismo è proprio venuto da Maroni e Alfano. Noi stiamo a questo.
Formigoni ha detto che non vuole l’appoggio esterno della Lega.
Certo, perché l’accordo preso sia sul programma sia sulla nuova giunta più snella e più efficace dal punto di vista del programma significa apporto pieno della Lega proprio perché deve rispettare quell’accordo fatto. Siccome è un accordo preso dal segretario nazionale del Pdl e della Lega è da lì che l’accordo deve essere corretto e non in altre sedi. Vedremo dunque nelle prossime ore e nei prossimi giorni se ci sarà la correzione dell’accordo.
Vi aspettate lo dica Maroni.
Maroni dovrà dire che l’accordo fatto non è più valido. Se c’è un accordo che si ritiene inadeguato dica lui, non altri.